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Resoconto Stenografico

XIX LEGISLATURA
Resoconto Stenografico dell'Assemblea
Seduta n.587 di giovedì 18 dicembre 2025
INDICE
(nominativi degli intervenuti in ordine alfabetico)

  • Missioni.
    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 89, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta in corso (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

  • Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,38). (ore 9,38) (ore 9,38)
    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di 5 e 10 minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

    Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 9,50. La seduta è sospesa.

  • Sull'ordine dei lavori.
    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, la deputata Carla Giuliano. Ne ha facoltà.

    CARLA GIULIANO

    CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo per richiedere un intervento urgente e un'informativa urgente del Ministro Piantedosi perché pochi giorni fa c'è stato l'ennesimo fatto di sangue gravissimo, un omicidio di un agricoltore nelle campagne di San Severo, la mia città, che ha riportato alle cronache, purtroppo, l'emergenza sicurezza e criminalità nella provincia di Foggia. Non più tardi di novembre scorso, il Ministro Piantedosi è venuto a Foggia a presiedere il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica e ha promesso rinforzi nel biennio per le Forze dell'ordine.

    Purtroppo, però, nella legge di bilancio, come indicato dai sindacati di Polizia, nulla viene previsto per le Forze dell'ordine. Abbiamo solo dei concorsi ordinari, che non riescono neanche a coprire il turnover previsto per i pensionamenti. Abbiamo bisogno di risorse, di maggiori assunzioni, abbiamo bisogno di mezzi e abbiamo bisogno ora di queste risorse, perché non possiamo aspettare oltre. Abbiamo una situazione di criminalità organizzata e di microcriminalità allarmante e i dati ce lo confermano. Non possiamo più aspettare e dobbiamo dare delle risposte concrete ai cittadini.
    In questi giorni, tra l'altro, si è costituito, a livello regionale, un osservatorio sugli assalti ai bancomat che si stanno susseguendo nel nostro territorio. Le Forze dell'ordine, a cui va sempre il mio ringraziamento, stanno facendo tutto il possibile, con turni di lavoro massacranti, per assicurare la sicurezza nei nostri territori, ma lo Stato non può, ancora una volta, girarsi dall'altra parte. Serve un intervento immediato, serve un segnale che dia una risposta concreta e dica grazie alle Forze dell'ordine che lavorano, serve un segnale concreto alla cittadinanza, che non può essere lasciata da sola (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sull'ordine dei lavori, la deputata Ruffino. Ne ha facoltà.

    DANIELA RUFFINO

    DANIELA RUFFINO (AZ-PER-RE). Grazie, signor Presidente. Io intervengo sul gruppo Gedi, perché la cessione di un giornale è sempre un evento straordinario e, soprattutto, perché non riguarda due soggetti, un venditore e un compratore, ma riguarda i giornalisti che vi lavorano e, soprattutto, le migliaia di lettori che ogni giorno vanno in edicola o aprono il tablet per leggerlo. È per questo che, se invece della vendita di un giornale si parla della vendita di un intero gruppo editoriale, in questo caso è ovvio che siamo di fronte a un'operazione le cui conseguenze possono incidere sulla qualità stessa del sistema dell'informazione e della democrazia.

    Per questo, chiediamo un'informativa urgente da parte del Governo, da parte del Ministro competente. Le trattative avviate per la cessione di Gedi coinvolgono decine di testate e, in particolare, due di esse: La Stampa e la Repubblica… ha visto? Senza il suo intervento e, comunque, tacendo sono riuscita ad avere un po' di silenzio (Applausi). Era una battuta scherzosa, Presidente, ci mancherebbe, ma era impossibile. Peraltro, questo è un tema davvero molto importante. Ci colpisce un aspetto di questa vicenda, che è la mancanza assoluta di trasparenza nelle trattative condotte dalla parte venditrice e dalla parte acquirente.
    Io non conosco attraverso quali canali è stato selezionato l'acquirente. Con i sospetti, purtroppo, non si fa molta strada. Non ci aiuta molto a capire le ragioni di una decisione davvero critica per chi lavora nei giornali, ma è critica anche per chi, attraverso quei giornali, si informa e matura la sua visione sulle cose del mondo. La questione è di una drammaticità molto semplice, se vogliamo. Garantire i livelli occupazionali significa garantire la qualità della stessa democrazia del Paese. Un giornale non è un coro, ma è un amalgama di voci, una pluralità di punti di vista e di opinioni, che spetta poi a un direttore - meglio se bravo, come Andrea Malaguti - armonizzare in quella che definiamo la linea editoriale.
    Mi sono certamente posta un quesito: possibile che in Italia non esista un finanziere con qualche aspirazione editoriale? Fra gli altri nomi, le cronache riferiscono di un interesse di Leonardo Del Vecchio. È stato contattato dalla parte venditrice? Se il Governo ha scelto di rimanere neutrale sulla vicenda, non esito a dire che commette una grave sottovalutazione della posta in gioco. Allora, aggiungo una proposta nient'affatto provocatoria. Il Governo non ci ha pensato due volte a utilizzare il golden power per impedire la scalata di UniCredit a Banca Popolare di Milano. Mi chiedo se lo stesso potere non possa essere usato per impedire la cessione di un pezzo di democrazia, perché è di questo che stiamo parlando. La cessione del pezzo di democrazia, peraltro, va a un investitore greco spalleggiato dal fondo sovrano dell'Arabia Saudita. Se così fosse, siamo tutti qui a chiederci che fine ha fatto il sovranismo, l'orgoglio nazionale, il tricolore e quant'altro.
    John Elkann, come è evidente, è in fuga dall'Italia. Il suo ruolo nel processo di deindustrializzazione del Paese sarà ricordato sui libri di storia come una delle pagine più nere. Ha gettato alle ortiche una storia non infame, come quella della FIAT, e ora si prepara a scrivere il capitolo finale, cedendo un gruppo editoriale con la noncuranza e lo spregio di chi, avendo maturato altri interessi, reputa la libertà di informazione un asset poco redditizio (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, il deputato Iaria. Ne ha facoltà.

    ANTONINO IARIA

    ANTONINO IARIA (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo sullo stesso argomento, perché insieme ad altri colleghi piemontesi siamo andati all'assemblea che i giornalisti de La Stampa hanno fatto proprio nella sede de La Stampa di Torino e nell'assemblea sono emerse ancora altre sconcertanti notizie rispetto a questa vendita. Innanzitutto, il fatto che il gruppo ha sempre quasi negato il fatto che ci fossero trattative fino a una settimana dall'uscita della notizia.

    Poi, non ci sono solo La Stampa e la Repubblica, ma c'è anche, per esempio, per quanto riguarda il Piemonte, un giornale locale come La Sentinella del Canavese, un giornale storico che rischia moltissimo da questa vendita, perché è chiaro che il gruppo greco, che ha fatto l'offerta, è più interessato chiaramente alle radio della proprietà Gedi, che hanno, forse, un impatto economico maggiore rispetto ai giornali, però i giornali sono anche un presidio di informazione. Inoltre, non è un problema soltanto dei giornalisti, ma anche i giornalisti precari e i giornalisti a contratto hanno tantissime preoccupazioni.
    Insomma, è la solita vicenda che, purtroppo, coinvolge Elkann, che sta svendendo, anzi sta vendendo bene tutte le sue proprietà e tutte le sue attività nel Piemonte, desertificando sia la produzione industriale, ma anche, in questo caso, i presidi di informazione. Non dimentichiamo che La Stampa non è soltanto giornalisti ma, come è stato anche ribadito l'altra sera, ci sono tantissimi lavoratori nel settore poligrafico, uno dei settori più importanti che abbiamo in Piemonte e che dà servizio anche ad altre testate, settore che non ha idea di quale sarà il suo futuro rispetto a questa vendita che si sta facendo così all'improvviso e con pochissime garanzie per i lavoratori.
    Da questo punto di vista, abbiamo già fatto una richiesta di informativa in quest'Aula e noi la ribadiamo.
    La ribadiamo perché non è soltanto una questione legata a due testate giornalistiche, ma è una questione legata al fatto che abbiamo un imprenditore straniero che viene in Italia, compra e noi non sappiamo assolutamente nulla di quello che sta succedendo, pur avendo in un certo senso il dovere anche di sapere che cosa capita, specialmente in un settore importante quale l'informazione e il giornalismo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

    MARCO GRIMALDI

    MARCO GRIMALDI (AVS). Presidente, non so se ha sentito queste parole: La nostra storia, i nostri valori non sono in vendita. Lo dico dal Parlamento italiano a John Elkann e il fatto che io sia juventino, forse, è l'ultimo degli elementi interessanti (Commenti). È una vergogna! John Elkann deve chiedere scusa a tutti i giornalisti de La Stampa, agli operai e a tutte le persone che in questi anni si sono sentite svendute, come nell'operazione Gedi e come nell'operazione La Stampa. È una vergogna! È una vergogna utilizzare un brand calcistico per dire che in realtà i veri valori non sono in vendita.

    Guardate, qui siamo oltre la decenza, oltre la decenza! John Elkann deve rispondere di una vendita a un gruppo straniero e lo deve fare anche il Governo, perché il gruppo Gedi è uno dei più grandi gruppi editoriali europei, di sicuro fra i più grandi in Italia, forse il più grande. Qualcuno qua ci ha spiegato, non più di qualche mese fa, che John Elkann è ancora uno dei più grandi imprenditori italiani e che bisognerebbe portare rispetto, invece che parlare di fuga. Da allora Iveco è stata spezzata in due: una parte va a Leonardo e l'altra andrà a Tata.
    Nel frattempo, questa storia noi la conosciamo bene, a differenza vostra si vede, perché conosciamo l'operazione Marelli, perché sappiamo come è andata a finire la vicenda Comau, perché conosciamo i deserti industriali di Torino e di tutto il Paese. Li conosciamo bene e non c'entra nulla il Green New Deal, ma c'entrano le operazioni industriali di quella famiglia.
    Allora, io lo chiedo: è normale che a 100 anni dalla proprietà Agnelli-Elkann de La Stampa si lascino per strada centinaia e centinaia di giornalisti? Vogliamo parlare della banda di Radio Deejay? È normale cedere a un Paese straniero, a un armatore greco che prende i soldi, i petrodollari, da altri continenti? Qualcuno ha invocato la golden share. A noi basterebbe che il Governo dicesse qualcosa. Potete parlare, potete dire la vostra sulla libertà di stampa? Potete dire qualcosa?
    Ecco, io lo chiedo sommessamente. Ci sono tantissimi imprenditori italiani, tantissimi editori. Ne cito alcuni: Feltrinelli, nel mio territorio la De Agostini, a cui facciamo appello. Assumetevi un pezzo di questa responsabilità, la stessa che non si prendono gli Elkann. Lo dico anche a tanti imprenditori, come Lavazza e Giovanni Ferrero: se avete a cuore il futuro dell'Italia, questo è uno di quei momenti di passaggio, perché la libertà di stampa e la libertà di quell'editoria sono un pezzo del futuro anche del nostro Paese. Per questo chiedo a tutti i parlamentari di unirsi, di respingere quelle frasi e dire a John Elkann non solo di ripensarci, ma almeno di pensare che questa operazione non si chiuda come ha chiuso tante operazioni di svendita che hanno lasciato sulla strada tantissime persone (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Quindi do per scontato, deputato Grimaldi, che lei si associ alla richiesta di informativa su questo argomento. Intanto salutiamo gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo “Capena” di Capena, in provincia di Roma, che assistono ai nostri lavori dalle tribune. Li ringraziamo e gli auguriamo buona fortuna (Applausi). Ha chiesto di parlare, sullo stesso argomento, il deputato Berruto. Ne ha facoltà.

    MAURO BERRUTO

    MAURO BERRUTO (PD-IDP). Grazie, Presidente, sullo stesso argomento. Ovviamente mi collego a quanto hanno detto i colleghi Iaria e Grimaldi. A differenza del collega Grimaldi, io non sono juventino, sono torinese e torinista (Applausi) ma questo non cambia il mio giudizio su quello che sta succedendo e sulle responsabilità, evocate dal collega Grimaldi, di John Elkann. Sembra di essere di fronte a una specie di morte per lento assideramento, no? Quelle operazioni che si allungano nel tempo e alla fine si scopre che si è agito troppo tardi e si poteva fare prima. Questo, come è stato ricordato, vale per La Stampa ma non solo.

    Io ero, con altri miei colleghi parlamentari del gruppo del PD, in redazione dopo l'aggressione che la stessa redazione de La Stampa ha recentemente subito, ed ero lì per difendere non solo il giornale della mia città ma, in assoluto, un valore che è anche superiore a quello, che è quello della libertà di stampa. È evidente che anche io mi associo alla richiesta di informativa, perché ritengo responsabilità di tutti noi, e io accolgo immediatamente, non solo a nome mio ma dei parlamentari piemontesi - penso di poter parlare -, l'idea di essere uniti in questo percorso, che possa portarci a trovare delle soluzioni e delle proposte, ma è altrettanto evidente che ci sono delle responsabilità uguali, anzi forse perfino superiori, da parte del Governo. Anche io condivido la richiesta di informativa e sollecito me stesso, i miei colleghi parlamentari torinesi e piemontesi e il Governo ad affrontare questa vicenda prima che sia davvero troppo tardi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sull'ordine dei lavori ma su altro argomento, la deputata Montaruli. Ne ha facoltà.

    AUGUSTA MONTARULI

    AUGUSTA MONTARULI (FDI). Grazie, Presidente. Questa mattina abbiamo appreso che finalmente sono in corso perquisizioni e probabilmente lo sgombero del centro sociale Askatasuna (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Nonostante le resistenze del sindaco di Torino, che affermava che lo stabile era libero da occupazioni, questa notte evidentemente il Governo Meloni ha dimostrato che così non era. Di conseguenza, su queste gravissime responsabilità, di chi ha tenuto gli occhi chiusi rispetto a una vicenda che vedeva la sanatoria del più pericoloso centro sociale, coinvolto anche nell'aggressione a La Stampa, chiediamo a questo Governo, a cui diciamo grazie, di venire a riferire sulle responsabilità precedenti che si sono accumulate e per le quali si è arrivati a una definizione della vicenda solo grazie all'intervento del Governo e del Ministro Piantedosi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Sul precedente argomento, abbiamo saltato l'intervento del deputato Mollicone, a cui diamo la parola adesso.

    FEDERICO MOLLICONE

    FEDERICO MOLLICONE (FDI). Grazie, Presidente. In qualità di presidente della Commissione editoria vorrei dare una notizia - lo dico per il suo tramite - all'Aula e a tutti coloro che ci ascoltano: in merito agli interventi dei colleghi, che fanno pressione affinché il Governo venga a riferire perché non sta facendo niente sulla vertenza Gedi e così via, li invito - i colleghi - semplicemente a leggere i giornali.

    Ci sono, infatti, dichiarazioni pubbliche del Sottosegretario Barachini, con delega all'editoria, che non solo ha già incontrato i CdR di Gedi, di Radio Capital, di tutto il gruppo e ha dichiarato di essere disponibile a venire a riferire in Parlamento con un'informativa, ma ha anche fatto un appello perché, al di là del diritto di proprietà della testata e del gruppo editoriale, siano mantenuti i livelli occupazionali.
    Non solo. Il Parlamento, con il sottoscritto, come presidente della Commissione editoria, ha già convocato sia il gruppo Gedi che i CdR. Quindi, semplicemente per dire ai colleghi che se il problema è la questione occupazionale e di tutela della libertà di stampa e di espressione, come vedete, il Governo e il Parlamento sono intervenuti immediatamente. Se, invece, il problema è che non piace il possibile acquirente della linea editoriale, su questo interviene il mercato. Mercato che - ricordo - ha visto i passati Governi di centrosinistra tutti silenti quando, invece, lo stesso proprietario ha venduto Stellantis e, cioè, la ex FIAT (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Quindi io inviterei i colleghi a difendere gli operai e i livelli occupazionali sempre (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia – Commenti del deputato Grimaldi).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo al nostro ordine del giorno… Deputato Grimaldi, mi sono legittimamente informato, perché lei aveva già fatto un intervento. Anche se sta cambiando l'oggetto di questo richiamo all'ordine dei lavori, volevo capire se fosse possibile fare più interventi per richiesta di informativa al Governo su diversi argomenti. Prego, a lei la parola.

    MARCO GRIMALDI

    MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Vorrei far notare, solo per il resoconto, alla deputata Montaruli che, se c'è un'operazione di Polizia giudiziaria in atto, spero che, quando dice che il Governo stanotte ha scoperto e ha fatto l'operazione, sappia ancora distinguere che cosa fanno le procure e che cosa fanno i Governi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Così, lo dico solo per informazione. Perché, a chi stiamo chiedendo l'informativa?

    Anch'io sono stato svegliato stanotte - non stanotte, diciamo alle prime ore di questa mattina -, prima dai docenti, poi dai presidi della scuola e, poi, da tantissime famiglie. Sapete quante sono le famiglie che stamattina hanno visto chiusa tutta Vanchiglia? Cinquecento bambini, tenuti fuori dalle scuole dell'infanzia e dalle scuole elementari perché era in corso una grande operazione di spettacolarizzazione di questo laboratorio della repressione.
    Allora, io lo chiedo sommessamente a Matteo Piantedosi: lunedì chiudono le scuole, giusto? Chiedo alle procure e ai prefetti: aiuta tutto questo? È utile avere migliaia di persone lì attorno, per la solidarietà al centro sociale Askatasuna? Forse volevate questo. Ma, guardate, che non c'è bisogno di spettacolarizzare questa vicenda, perché noi abbiamo sempre detto che tutte le vicende giudiziarie devono avere il loro corso. E mi pare che chi frequenta quel centro sociale ne abbia pagate e ne abbia anche già scontati di anni. Ma noi abbiamo sempre detto che è compito di uno Stato, è compito di una città, se possibile, distinguere i percorsi personali - perché il penale è personale - dai luoghi che, invece, possono animare il sociale, animare la cultura, in modo da poter essere luoghi anche diversi rispetto alla mercificazione di questo pensiero unico. Servono quei luoghi. E guardate che nessuno - lo dice chi crede in quei patti di collaborazione - pensa di mettere la museruola ad alcuno, ma pensiamo che i patti di collaborazione servano esattamente, al contrario di quello che dice la deputata Montaruli, ad aprire quei luoghi ancora di più, a renderli accessibili, a far sì che ci sia promiscuità. Tutto quello che non sanno fare altri pensieri, secondo i quali con lo sgombero si risolve tutto il resto, cessa il conflitto, cessa magari l'idea che, in qualche modo, ci siano anche luoghi diversi.
    Io lo dico sommessamente: quello che è avvenuto stamattina a Torino è indegno, perché per dare delle misure cautelari, per fare delle normali perquisizioni, portare lì decine e decine di blindati, di idranti e chiudere un intero quartiere fa solo male: fa male ai decreti Sicurezza, fa male a questo Governo, ma fa male a un'idea di Stato, che non si comporta mai così (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

  • Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1706 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2025, n. 159, recante misure urgenti per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di protezione civile (Approvato dal Senato) (A.C. 2736) (ore 10,19). (ore 10,19)
    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2736: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2025, n. 159, recante misure urgenti per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di protezione civile.

    Ricordo che nella seduta di ieri è stato da ultimo respinto l'ordine del giorno n. 9/2736/37 Aiello e che l'ordine del giorno n. 9/2736/7 Guerra risulta accantonato.

    (Ripresa esame degli ordini del giorno - A.C. 2736)

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/38 Cappelletti, sul quale il Governo ha espresso parere contrario.

    Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/38 Cappelletti, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/39 Scerra, su cui vi è il parere contrario del Governo.
    Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/39 Scerra, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/40 Amato, su cui vi è il parere contrario del Governo.
    Se nessuno chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/40 Amato, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/41 Francesco Silvestri. C'è una proposta di riformulazione da parte del Governo: deputato Francesco Silvestri, la accoglie? La proposta di riformulazione non è accolta.
    Passiamo, dunque, ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/41 Francesco Silvestri, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/42 Giuliano, su cui vi è il parere contrario del Governo.
    Ha chiesto di parlare la deputata Giuliano. Ne ha facoltà.

    CARLA GIULIANO

    CARLA GIULIANO (M5S). Grazie, Presidente. Qui stiamo parlando della vita di tanti lavoratori e delle loro famiglie, e questo tema che dovrebbe essere una priorità non solo del Governo, ma di tutto il Parlamento, purtroppo, è stato svilito da quello che è stato il metodo di approvazione di questo provvedimento. Alla Camera nessun emendamento è stato approvato. Neanche una virgola si è potuta modificare rispetto a quanto approvato dal Senato. Un'ulteriore mortificazione del Parlamento, ma direi di tutti i cittadini italiani, che si aspettano su questa materia un impegno preciso, serio e concreto del Governo.

    E, allora, io vi voglio riportare ancora una volta con i piedi per terra, alla realtà dei fatti. Perché, secondo i dati ufficiali INAIL, per esempio, nella mia provincia, che è la provincia di Foggia, una provincia a trazione prevalentemente agricola, nei primi sei mesi del 2025, sono stati registrati 7 decessi in agricoltura, circa un quinto di tutta la Puglia, dove, nel primo semestre del 2025, ci sono state 38 vittime, con un aumento di quasi il 12 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024.
    Questi numeri, in crescente aumento, ci dicono che, evidentemente, dovete invertire le vostre priorità e lo dovete fare per tutti quei lavoratori, per tutte quelle famiglie che sono devastate dalla morte ma anche da incidenti gravi dei propri familiari, perché purtroppo, ancora oggi nel 2025, si muore di lavoro ed è una questione, è una ferita che dobbiamo sentire tutti noi sulla nostra pelle.
    Ritornando all'agricoltura, ancora ricordo il primo morto in agricoltura del 2025, il signor Alessandro Losacco che, a ben 59 anni, lavorava in un'azienda agricola a Conversano, nel barese, ed è stato travolto dall'automezzo che guidava per aprire il cancello, probabilmente per il terreno scosceso. Non più di qualche tempo fa abbiamo assistito tutti, con il fiato sospeso, alla morte di quel lavoratore di 66 anni che ancora lavorava in un cantiere.
    A fronte di tutto questo, purtroppo, l'unica risposta che dà concretamente il Governo Meloni è un allungamento dell'età pensionabile. Allora, come pensiamo, come pensa il Governo di dare una risposta concreta a tutti questi lavoratori se ogni volta le priorità che porta avanti sono altre? Avete speso un miliardo nei centri in Albania, che non funzionano, e Dio solo sa se funzioneranno. Avete dato dei segnali inversi rispetto alla sicurezza e alla salute sul luogo di lavoro e noi, invece, vi abbiamo proposto delle soluzioni concrete. Una è quella inserita nell'ordine del giorno di cui sto discutendo, cioè l'istituzione di una procura nazionale del lavoro, proprio perché la complessità e la delicatezza di questa materia impone una formazione specifica dei magistrati e delle Forze dell'ordine, impone un coordinamento a livello nazionale che sia efficace. Ancora una volta avete detto di no addirittura a un ordine del giorno che vi impone un impegno futuro.
    Allora, davvero non ci siamo. Davvero, con questo parere contrario smascherate quella che è la vostra politica solo di propaganda e fate ancora capire che purtroppo…

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Deputata Giuliano, scusi se la interrompo: ho scampanellato ma, in realtà, lei ha a disposizione otto minuti e non cinque, quindi ha più tempo. Prego.

    CARLA GIULIANO

    CARLA GIULIANO (M5S). …la vostra è solo propaganda, è solo becera propaganda che va a impattare sulle vite di tante persone.

    Noi siamo pronti a lavorare sul tema della salute e della sicurezza del lavoro. Abbiamo presentato la proposta del salario minimo, abbiamo presentato la proposta per la riduzione dell'orario di lavoro perché molti incidenti sul lavoro - e i dati ce lo confermano - derivano anche da turni di lavoro massacranti, dallo svolgimento di alcuni lavori particolarmente usuranti e particolarmente pesanti in determinati orari di lavoro. Invece voi come ci avete risposto? Avete allargato le maglie che consentono i subappalti a cascata, lì dove spesso ci sono quei ribassi e quelle condizioni di sfruttamento del lavoro che, con i subappalti a cascata, diventano molto più difficili da andare a colpire. Avete ampliato le maglie del lavoro intermittente, avete ampliato il precariato o, comunque, non avete portato avanti tutte le nostre richieste sulle stabilizzazioni di molti lavoratori e stabilizzazione vuol dire portare a questi lavoratori anche una maggiore sicurezza sul lavoro, perché i dati ci dicono che un lavoratore precario è esposto a incidenti sul lavoro il doppio di un lavoratore che è stabilizzato e che lavora a tempo indeterminato.
    Io spero - e mi appello al buon cuore della Vice Ministra Bellucci - che finalmente su questa materia, oltre alla propaganda, si possano fare azioni concrete ed efficaci per il bene di tutti i lavoratori e delle loro famiglie. Per noi la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro è davvero una priorità e se voi, al di là della becera propaganda, vorrete un giorno mettervi davvero a trattare di questo problema ci troverete da questa parte. Dobbiamo solo attendere, speriamo di non attendere all'infinito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Barzotti. Ne ha facoltà.

    VALENTINA BARZOTTI

    VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente, intervengo per sottoscrivere questo importantissimo ordine del giorno della collega Giuliano. Per noi del MoVimento 5 Stelle la questione dell'istituzione di una procura nazionale contro gli infortuni e le malattie professionali è un qualcosa di imprescindibile, un tassello fondamentale per il contrasto agli infortuni e a questa piaga che, come sapete, non si arresta. Quello che è necessario fare è istituire senza ritardo una procura specializzata. Perché? Perché i processi e le indagini di infortunio - e ne approfitto per parlare anche col Governo - sono sempre molto complessi. Se non c'è un pool di magistrati specializzati, è concreto il rischio che i processi vadano su un binario morto e i reati si estinguano, lasciando le famiglie delle vittime senza giustizia.

    Allora, questa è una vera e propria vergogna di Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), colleghi, e non è più possibile vedere stragi senza responsabili. Questo noi lo vediamo praticamente quotidianamente: ci sono degli esempi concreti e reali e continuo a dire e a ribadire che un esempio su tutti è quello del processo Eternit. Quindi, io veramente continuo, insisto e ribadisco l'urgenza di fare un passo reale e concreto verso una lotta agli infortuni che sia veramente efficace e non con interventi spot come quelli che avete fatto fino adesso, che sono, purtroppo, risultati inutili (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Prendo atto che i deputati Gribaudo e Scotto e tutto il gruppo del MoVimento 5 Stelle sottoscrivono l'ordine del giorno.

    Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/42 Giuliano, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/43 Barzotti. Ha chiesto di parlare la deputata Barzotti. Ne ha facoltà.

    VALENTINA BARZOTTI

    VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Quest'ordine del giorno per noi del MoVimento 5 Stelle è molto importante, potrebbe essere dirimente e mi dispiace che il Governo dia il parere contrario. Si tratta dell'istituzione di un piano nazionale straordinario contro gli infortuni e le malattie professionali. Perché diciamo che è fondamentale e imprescindibile introdurre qualcosa di diverso rispetto a quello che è stato fatto finora e rispetto a una strategia che, purtroppo, vediamo che non c'è da parte di questa maggioranza e da parte del Ministero del Lavoro? Perché le misure che devono essere messe in campo sono una serie e, purtroppo, quello che abbiamo visto fino ad ora è un piano integrato, autoproclamato dal Ministero del Lavoro, che però non ha visto l'indicazione di criteri legislativi da parte di questo Parlamento e questo mortifica la discussione parlamentare, oltre a essere una questione abbastanza anomala per quanto riguarda il potere di legiferare.

    Nel nostro piano che cosa diciamo? Noi diciamo che il lavoro deve tornare a una dimensione umana, cioè la persona non può essere vista come una merce, come un capitale da sfruttare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ma deve essere messa al centro e avere una dimensione sostenibile. Questo voi non lo state facendo, non vi state muovendo in questa direzione.
    Voi, con le vostre misure, state adottando sempre un approccio meramente burocratico. Si va ad incidere praticamente su nulla e questo lo vedete, colleghi, dai risultati. Ma sono tre anni che, ogni volta che c'è un infortunio o una strage, propinate un qualche tipo di testo al Parlamento e, purtroppo, i dati dicono sempre la stessa cosa, ossia che gli infortuni sul luogo di lavoro diminuiscono dello zero virgola, gli infortuni in itinere sono aumentati e sono aumentate drammaticamente anche le malattie professionali. Quindi, è evidente che c'è qualcosa da cambiare.
    Noi, all'interno di questo Piano, prevediamo non solo una serie di misure per incentivare la formazione continua con una serie di sportelli, anche a livello territoriale, potenziando il ruolo degli RLS, ma anche modifiche dei modelli organizzativi per ridurre, ad esempio, l'orario di lavoro a parità di salario, per introdurre modelli organizzativi che valorizzino, dove è possibile e dove è compatibile, il lavoro da remoto, così da abbattere gli infortuni in itinere, oppure per introdurre - come diceva anche prima la collega Giuliano - un salario minimo per legge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), colleghi, per evitare forme di sfruttamento e di caporalato che vediamo tutti i santi giorni e con cui purtroppo ci dobbiamo scontrare.
    Detto questo, un'altra misura fondamentale è quella di rendere concreto e reale il diritto all'autotutela del lavoratore, un diritto che, di fatto, è già sulla carta, ossia quello per cui, alla presenza di condizioni di pericolo gravi e imminenti, il lavoratore può astenersi dalla prestazione lavorativa. Ma guardiamoci in faccia, colleghi: ma quando mai succede questo? Non succede mai! Perché se non ci sono protocolli, se non ci sono i fondi, se non c'è una strategia per rendere concreto ed effettivo un diritto del genere, nessuno lo eserciterà mai. E così ci troveremo continuamente di fronte a casi di infortuni, di morti e di malattie professionali.
    Per cui penso che vada fatto un ragionamento su questo. Noi, del MoVimento 5 Stelle, ve lo diciamo da anni che è necessario cambiare il modello di lavoro, la visione del lavoro, ma purtroppo ci continuiamo a scontrare con pareri contrari. Francamente, vorremmo capire, allora, quale sia la vostra visione, perché, per quello che ci riguarda, vediamo che avete visione zero su questo e andate a tentativi. E questo è provato anche dal fatto che il testo che stiamo affrontando oggi non è corredato dalla documentazione che invece servirebbe, come l'analisi di impatto sulla regolamentazione e l'analisi tecnico-normativa, che appunto andrebbe a verificare qual è l'impatto reale sui lavoratori e sulle lavoratrici. Questi documenti non ci sono, questo perché state andando a tentativi e su un argomento del genere non è possibile! E lo vediamo dai risultati. Quindi, chiedo un supplemento di riflessione, francamente, Vice Ministra, su quest'ordine del giorno, però purtroppo so che non sarà possibile; francamente vorrei anche che ce lo spiegaste perché non pensate che questo Paese abbia bisogno di un cambio di passo sul lavoro e di una seria strategia contro gli infortuni, non soltanto per i numeri agghiaccianti che tutti i giorni si scontrano con la vostra iniziativa politica, ma anche per tutti quei lavoratori poveri che tutti i giorni stentano ad arrivare a fine mese e sono continuamente messi in pericolo per fare straordinari e per cercare di arrivare alla fine del mese sani e salvi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. La ringrazio.

    Intanto, come avete potuto constatare, c'è un difetto: mentre si parla - diciamo così - non c'è la segnalazione visiva con la luce che lampeggia, per cui ascoltare la campanella dell'ultimo minuto diventa rilevante.
    Il Governo, comunque, è qui presente, ha ascoltato il suo intervento, non mi pare che ritenga di aggiungere qualcosa.
    Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/43 Barzotti, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/44 Carmina, con il parere contrario del Governo. Ha chiesto di parlare la deputata Carmina. Ne ha facoltà.

    IDA CARMINA

    IDA CARMINA (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, colleghe, quest'ordine del giorno è volto a consentire varie misure, ma, soprattutto, un intervento su una questione strutturale che incide sulla possibilità di formare alla prevenzione e alla sicurezza del lavoro anche le imprese con meno di 15 dipendenti.

    Infatti, se non si incide su questo, ossia sul 90 per cento delle imprese italiane, parliamo del nulla e non facciamo interventi seri.
    Guardate che questa tragedia va assolutamente evitata e finora le misure adottate da questo Governo sono state assolutamente insufficienti, tant'è che si registra un aumento complessivo degli incidenti sul lavoro in Italia rispetto al 2024 e degli incidenti mortali, soprattutto in 4 regioni: Lombardia, Campania, Puglia e Sicilia, ossia - guarda caso - le regioni meridionali, dove in realtà c'è minore capacità occupazionale.
    Faccio un esempio proprio relativo alla Sicilia: fino ad oggi, ci sono stati 77 morti e, nel primo quadrimestre del 2025, 23 rispetto ai 12 del 2024. Questo ci dice, assolutamente, quanto vada cambiata la rotta.
    Noi abbiamo fatto tante proposte: l'istituzione di una procura nazionale sul lavoro, maggiori risorse sugli ispettorati del lavoro, sulle azioni attive di contrasto con riferimento alla questione della sicurezza sul lavoro. Ma altre azioni ci vorrebbero, come la responsabilizzazione, in casi di subappalto a cascata, il blocco del ribasso negli appalti, perché, evidentemente, se c'è un ribasso massimo… Noi di recente abbiamo avuto in Sicilia una cosa stranissima, con un ribasso del 99,5 per cento. Ora, comprenderete bene che uno che fa un ribasso di oltre il 90 per cento, cioè quasi il 100 per cento, il lavoro lo regala ed evidentemente su qualcosa deve risparmiare. E normalmente, anche in altri ribassi, ciò in cui si risparmia è proprio la tutela della sicurezza dei lavoratori. Altre questioni sono: limitare la precarietà e il salario minimo, che consente di avere un riscontro più adeguato e una dignità per i lavoratori, quindi alleggerire la condizione psicologica di chi non arriva neanche a fine mese. Tutte queste cose non ci sono in questo provvedimento, però, almeno che si consenta una formazione adeguata nelle imprese che occupano fino a 15 dipendenti e, laddove si vogliano limitare i costi per queste imprese, l'istituzione di un fondo perché possano effettuare questa formazione adeguata, attingendo a questo fondo: penso che si potrebbe accettare come misura da parte di questo Governo. Quindi, insisto perché venga accolto ed eventualmente accantonato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. C'è una richiesta di accantonamento. Il Governo risponde negativamente. Quindi, se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.

    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/44 Carmina, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/45 Di Lauro, con il parere contrario del Governo. Ha chiesto di parlare la deputata Di Lauro. Ne ha facoltà.

    CARMEN DI LAURO

    CARMEN DI LAURO (M5S). Grazie, Presidente. Credo che, forse, ci sia stato qualche errore nel dare un parere contrario su quest'ordine del giorno. Forse gli impegni non sono stati compresi molto bene, allora li voglio rileggere, per chiarezza.

    In quest'ordine del giorno si chiede semplicemente di: destinare risorse congrue per il finanziamento di interventi, progetti aziendali o territoriali finalizzati all'adattamento e messa in sicurezza delle postazioni di lavoro per lavoratori con disabilità o limitazioni funzionali; acquisto di ausili; interventi strutturali e architettonici volti a eliminare barriere e aumentare l'accessibilità degli ambienti di lavoro. Stiamo parlando della piena inclusione lavorativa delle persone che hanno una disabilità. Credo semplicemente che aiutare, non abbandonare e facilitare la vita di persone che hanno una disabilità sia l'abbiccì degli esseri umani, sia l'abbiccì della vita. Quindi, francamente sono esterrefatta di questo parere contrario. Credo che, anzi, doveva essere un dovere morale approvare quest'ordine del giorno. Quindi, chiedo davvero un supplemento di riflessione al Governo, perché davvero io sono scioccata, non ho parole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Barzotti. Le sono rimasti 45 secondi per fare il suo intervento.

    VALENTINA BARZOTTI

    VALENTINA BARZOTTI (M5S). Grazie, Presidente. Sarò velocissima. Intervengo per sottoscrivere e per dire che qui siamo alla follia, Presidente. Dare parere contrario a un ordine del giorno sugli accomodamenti ragionevoli per la disabilità è veramente un qualcosa di vergognoso. Vi invito a riconsiderare questo tipo di parere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Sottoscrivono l'ordine del giorno n. 9/2736/45 Di Lauro tutti i deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e anche la deputata Gribaudo.

    Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/45 Di Lauro con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    No, chiedo scusa. Revoco l'indizione della votazione e do la parola alla collega Grippo. Perdoni, non avevo avuto la segnalazione. Prego, deputata Grippo.

    VALENTINA GRIPPO

    VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Presidente, era solo per sottoscrivere a nome del gruppo e invitare il Governo, eventualmente, anche a riformulare questo testo, perché in effetti appare abbastanza strano non averlo recepito.

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Il Governo è presente. Chiedono di sottoscrivere l'ordine del giorno n. 9/2736/45 Di Lauro anche i deputati Scotto, Furfaro, Guerra e Boldrini.

    Se nessun altro chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/45 Di Lauro, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione ) (Dai banchi del gruppo MoVimento 5 Stelle: “Vergogna, Vergogna!”)
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/46 Caso. C'è una proposta di riformulazione, che non viene accolta. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/46 Caso, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/47 Orrico, con il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/47 Orrico, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/48 Donno, con il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/48 Donno, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/49 Sportiello, accolto come raccomandazione purché riformulato. Lo votiamo? Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/49 Sportiello, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/50 Iaria, anche qui accolto come raccomandazione purché riformulato. Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/50 Iaria, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/51 Santillo, con il parere contrario del Governo. Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/51 Santillo, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/52 Carotenuto, con il parere contrario del Governo. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carotenuto. Ne ha facoltà.

    DARIO CAROTENUTO

    DARIO CAROTENUTO (M5S). Signor Presidente, con quest'ordine del giorno chiediamo di introdurre il reato di omicidio sul lavoro. Non intendo chiedere a questo Governo di cambiare idea, ma voglio chiederlo ai miei colleghi di maggioranza, alla relatrice in particolare, perché da questo Esecutivo, nel quale siede chi ha truffato l'INPS, chi ha lucrato sui lavoratori perfino nel momento di massima crisi del nostro Paese, non posso pensare che, da lì, venga uno scrupolo di coscienza. Ma mi rivolgo ai miei colleghi, perché so che tanti, anche se non lo manifestano apertamente, sono d'accordo con me. Lo so perché - ed è proprio qui che emerge in tutta la sua evidenza la responsabilità politica di questo Governo - siamo di fronte a un'enorme ed evidente contraddizione, perché questo è il Governo e questo è il Parlamento che ha deciso di introdurre decine di nuove fattispecie di reato come forme di deterrenza. Avete pensato, come forma di deterrenza, di fare un reato per contrastare i rave. Cosa avete fatto per disincentivare la maternità surrogata? Avete introdotto un reato universale. Allora, in un Paese che conta 1.000 morti all'anno sul lavoro, volete forse sostenere che questi reati fossero prioritari rispetto all'omicidio sul lavoro? Come potete eludere la responsabilità che tre morti al giorno sul lavoro ci impone? Come potete dirci, proprio voi, che questo non serve? Forse non serve a chi considera la sicurezza un intralcio alla massimizzazione del profitto.

    Allora, quest'ordine del giorno nasce da un principio tanto semplice, quanto troppo spesso tradito: la sicurezza sul lavoro non è un costo, è un diritto; è un diritto costituzionale, un diritto che riguarda la vita stessa delle persone e che non può essere sacrificato sull'altare del profitto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma nel nostro Paese, che è fondato sul lavoro, la classe operaia e gli impiegati sono considerati l'ultimo anello della catena, quello sacrificabile, mentre chi trae profitto dal loro lavoro continua a non rispondere delle proprie responsabilità. È così che, ogni giorno, nel nostro Paese tre concittadini escono di casa per lavorare e non vi fanno ritorno, lasciando a casa una disperazione, uno sconforto, un senso di ingiustizia che non si può esprimere a parole, è impossibile. Lo dico perché lo vivo attraverso gli occhi di persone che non smettono di piangere ogni giorno per una vita che non c'è più.
    Allora così, per provare a condividere un senso di disagio di fronte a tanta desolazione, per condividere un senso di impotenza, ho deciso di leggere in quest'Aula la lista dei nomi dei morti sul lavoro di quest'anno durante la discussione generale. Sono stati lunghi minuti, forse i più difficili, di certo i più dolorosi da quando ho l'onore di mettere piede in quest'Aula. Di fronte a una lista del genere e a numeri del genere, non è possibile pensare alla fatalità, non sono tutte disgrazie. Se si arriva a questi numeri è perché siamo di fronte al risultato prodotto da un sistema che considera la sicurezza sul lavoro un ostacolo burocratico, una spesa comprimibile, una voce di bilancio da ridurre. La verità è antica ed è scritta nella storia del movimento operaio del nostro Paese e non solo: il profitto e il mercato, quando non sono regolati, divorano tutto, persino la vita umana. Chi risparmia sulla sicurezza non sbaglia per distrazione, compie una scelta consapevole, mette in conto il rischio, accetta la possibilità che qualcuno non torni a casa per il proprio tornaconto e questa non è economia, è sfruttamento, è schiavitù (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
    Allora, per noi è un dovere morale, giuridico e politico, e ci impegniamo fin da ora a promuovere ogni iniziativa che porti all'approvazione di questa legge. Vi vedremo assumere la responsabilità di votare contro quando finalmente tornerete minoranza e succederà presto, perché questo voto ci dice chiaramente che governate contro gli interessi della maggioranza del Paese e contro il sentimento di giustizia che chiedono i nostri concittadini. Davanti a tragedie come quella di Patrizio Spasiano, un ragazzo di 19 anni di Secondigliano, che aveva scelto il lavoro per costruirsi un futuro spezzato da chi lo ha messo a lavorare in un sito pericolosissimo, o a quella di Luana D'Orazio, uccisa da un macchinario manomesso per aumentare la produttività, o davanti alle morti di Brandizzo e a tante altre non possiamo accettare questo atteggiamento superficiale e la pagherete cara (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
    Quindi, chiedo a quest'Aula di assumersi la responsabilità fino in fondo, di scegliere da che parte stare: se stare dalla parte dei lavoratori, della sicurezza della vita dei lavoratori, o di chi se la prende per un pugno di euro in più. Questa non è ideologia, è civiltà, è giustizia sociale ed è fedeltà alla Costituzione. Allora, vi chiedo un voto anche di insubordinazione, magari, rispetto a quest'ordine del giorno, un voto che sia un sussulto di dignità e di speranza, perché se è vero - e me lo diceva un collega che siede tra i vostri banchi - che in politica è più facile passare per cattivi che fare la cosa giusta, è vero anche che su queste poltrone sono sicuro che ci sono uomini e donne che, conoscendola, non negherebbero mai a una madre - e penso a Simona, la mamma di Patrizio Spasiano - la consolazione che la sua sofferenza infinita abbia un senso e possa servire a qualcosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
    E ciò perché Patrizio, come Satnam, come Octay, come prima di loro Luana e tanti altri sono stati uccisi sul lavoro e le loro famiglie, che vivono nella disperazione e che hanno occhi solo per le lacrime, meriterebbero un senso di giustizia, e con questo voto glielo state negando. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.

    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/52 Carotenuto, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/53 Ilaria Fontana. C'è una proposta di riformulazione. Prego. No, si vota, va bene: mettetevi d'accordo.

    VALENTINA BARZOTTI

    VALENTINA BARZOTTI (M5S). Presidente, Presidente...

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Deputata Barzotti, lei ha esaurito il suo tempo, quindi non può parlare: ha fatto tre interventi e ha esaurito il tempo, è la dura legge del gol.

    Ha chiesto di parlare il deputato Cappelletti. Prego, ne ha facoltà.

    ENRICO CAPPELLETTI

    ENRICO CAPPELLETTI (M5S). Grazie, Presidente. Intervengo io su quest'ordine del giorno perché è particolarmente importante, ma anche perché attiene, in particolar modo, alla mia regione, il Veneto, che ha pagato un costo elevatissimo dovuto all'inquinamento da PFAS.

    Quest'ordine del giorno impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa utile a rafforzare la tutela della salute dei lavoratori esposti a queste sostanze, prevedendo degli specifici obblighi di valutazione del rischio, prevedendo un monitoraggio ambientale biologico, una sorveglianza sanitaria, nonché il riconoscimento della malattia professionale da esposizione ai PFAS (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
    Devo ricordare, Presidente, che la mia regione, la regione Veneto, si è contraddistinta per andare in direzione opposta e contraria rispetto a questo indirizzo, negando lo svolgimento di uno studio epidemiologico che era stato richiesto dal Ministero della Salute. La regione Veneto, per tutelare i propri cittadini, ha negato la possibilità di svolgere lo studio epidemiologico ai cittadini del Veneto inquinati, che hanno il sangue inquinato dai PFAS (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Rappresentanti della regione hanno minacciato noi del MoVimento 5 Stelle di querela per procurato allarme, quando abbiamo denunciato pubblicamente i pericoli e i danni di questo disastro ambientale! La regione Veneto ha negato alle associazioni, ai comitati e ai cittadini perfino l'accesso ai contenuti e ai livelli di contaminazione che sono stati rilevati negli alimenti, nelle verdure, nei prodotti agricoli e nei pesci nell'area considerata rossa, inquinata.
    Ebbene, noi, al contrario, andiamo orgogliosi, Presidente, del fatto che il primo esposto depositato alla procura di Vicenza, competente per territorio, è stato proprio a firma del MoVimento 5 Stelle; a seguito di quell'esposto c'è stato un processo e, a seguito di quel processo, c'è stata una sentenza con pene di reclusione per oltre 140 anni.
    Ebbene, noi crediamo che tutta questa storia debba insegnarci qualcosa, e quel qualcosa è che la prevenzione è una parte fondamentale dell'azione. E, se non ci pensa la politica, chi deve pensare alla prevenzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)?
    Per questo motivo, e per non rifare gli stessi errori che avete già fatto in passato, vi chiediamo di cambiare il parere e di accogliere quest'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Prima di passare la parola al collega Simiani, salutiamo il Forum dei giovani di Caserta, che è in tribuna ad assistere ai nostri lavori (Applausi). Grazie, vi auguriamo ogni fortuna.

    Ha chiesto di parlare il deputato Simiani. Ne ha facoltà.

    MARCO SIMIANI

    MARCO SIMIANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo non solo per sottoscrivere, ma per dire alcune parole in merito a quest'ordine del giorno. Io credo che sui PFAS dobbiamo fare molto, al di là di aspettare ancora da parte del Governo alcune indicazioni per i limiti che, in questo caso, anche l'Europa ci chiede. Detto questo, ci sono molti luoghi di lavoro che sono, in questo momento, a rischio, e rispetto ai quali il Governo, più volte, è stato sollecitato, anche dal nostro partito, a mettere mano. Faccio un esempio: i Vigili del fuoco che oggi aspettano una risposta concreta sui dispositivi di sicurezza e sui prodotti che vengono utilizzati per alcune emergenze incendio, tipo lo schiumogeno negli aeroporti. Questo cosa vuol dire? Noi crediamo nella possibilità di stare vicino ai lavoratori che oggi hanno abbigliamenti o, comunque, dispositivi di sicurezza che possono essere contaminati da questi PFAS; e, in questo caso, essi possono essere non solo attenzionati, ma hanno bisogno di essere affiancati con monitoraggi, da parte delle autorità sanitarie, per poter verificare effettivamente se quei prodotti hanno creato un danno ai lavoratori stessi, soprattutto nel caso dei Vigili del fuoco.

    Abbiamo fatto interrogazioni, abbiamo fatto ordini del giorno, ma non c'è stata una risposta in merito a questo tipo di problema; e credo che, visto che siamo alla fine del 2025 e la legislatura sta entrando nella fase finale, sulla questione dei PFAS il Governo debba dare una risposta, definendo una volta per tutte i limiti di questo problema che sta attaccando non solo le zone del Veneto ma anche altre zone del nostro Paese. Soprattutto, occorre dare la possibilità ai lavoratori di vivere la propria vita lavorativa in tranquillità e in serenità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fornaro. Ne ha facoltà.

    FEDERICO FORNARO

    FEDERICO FORNARO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Se la collega Fontana lo consente, vorrei sottoscrivere quest'ordine del giorno e rafforzare, se possibile, l'appello che ha fatto poc'anzi il collega Simiani.

    Mi rivolgo, per suo tramite, al Vice Ministro Bellucci in rappresentanza del Governo. Io credo che questa sia una questione che riguardi tutti e, in particolar modo, chi è vicino a realtà produttive che ancora oggi hanno queste questioni aperte. Mi riferisco, in particolare, all'impianto di Spinetta Marengo ad Alessandria, e credo che, da questo punto di vista, mettere una parola chiara e definitiva sui limiti, attraverso una normativa nazionale, uscendo, quindi, da una situazione di aspetti contraddittori, di responsabilità e di rimbalzo di responsabilità tra ASL, regione e comune, sia assolutamente necessario.
    È fondamentale avere una cornice nazionale, una definizione, col contributo della scienza, di quelli che sono i limiti massimi per questo tipo di prodotti.
    Quindi, questo è un appello - e davvero sarebbe auspicabile un cambiamento di parere da parte del Governo - ad aprire, magari, anche con le formule che conosciamo, al fatto che questo è un problema reale. Non c'è niente di strumentale in quest'ordine del giorno: è una questione che riguarda tantissime persone, non soltanto chi vive all'interno degli stabilimenti, chi lavora negli stabilimenti e chi vive vicino agli stabilimenti, ma ormai il ritrovamento di questo tipo di prodotti nel sangue è diventato un fenomeno che riguarda persone che vivono anche a chilometri di distanza, perché abbiamo molti prodotti di uso quotidiano che contengono questo tipo di sostanze.
    Quindi, da questo punto di vista, sarebbe importante un segnale anche nella forma dell'ordine del giorno perché nel 2026 si possano - ripeto, ascoltando tutti, a cominciare ovviamente dalla scienza - definire finalmente, una volta per tutte, i limiti e poi, a discendere, tutte le attività di controllo epidemiologico e della fase produttiva necessarie per salvaguardare la salute dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. La Vice Ministra è qui presente, quindi è in grado di interagire se vuole. Hanno chiesto di sottoscrivere quest'ordine del giorno i deputati Vaccari, Romeo, tutto il gruppo AVS, il gruppo PD e tutto il gruppo MoVimento 5 Stelle.

    Ha chiesto di parlare il deputato Iaria. Ne ha facoltà.

    ANTONINO IARIA

    ANTONINO IARIA (M5S). Grazie, Presidente. Confermo la sottoscrizione di tutto il gruppo MoVimento 5 Stelle. Confermiamo anche la necessità di approvare un ordine del giorno senza riformulazioni per inserire l'esposizione ai PFAS come una malattia professionale, in modo da non ripetere gli errori del passato, che sono stati fatti, per esempio, per l'esposizione all'amianto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Devo dire anche che, in regione Piemonte, ci sono stati molti atti proposti dal MoVimento 5 Stelle e anche da altre forze politiche, specialmente per i casi di Alessandria, che sono stati votati all'unanimità dal consiglio regionale piemontese, quindi anche dalle forze di maggioranza. Tutti questi atti dicono due cose: di fare velocemente una legge nazionale contro la produzione e l'utilizzo dei PFAS, quindi di andare verso la direzione di quest'ordine del giorno, e anche di partire con un biomonitoraggio dei lavoratori che sono stati già esposti a queste sostanze. In particolare, in Piemonte si è chiesto di partire con un monitoraggio sui Vigili del fuoco, cosa, anche questa, approvata all'unanimità, che ancora oggi stenta a partire, con ritardo.

    Quindi, approvare quest'ordine del giorno senza riformulazioni era un'occasione per dare un'idea che il Governo ascolta anche le regioni, tra l'altro governate dalle stesse forze politiche della maggioranza, e per dare anche la possibilità di fare un atto politico un po' più forte, che già è richiesto da molti colleghi, ma che, più che altro, è indispensabile per continuare a parlare di questo argomento in modo che l'attenzione sia sempre più alta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Intanto informo che il Governo ha praticamente proposto l'accantonamento di quest'ordine del giorno. Alla collega Zanella volevo dire che tutto il gruppo, comunque, ha sottoscritto l'ordine del giorno… però vuole parlare. È accantonato. Parliamo dopo, se siete d'accordo.

    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/54 L'Abbate. C'è anche qui una proposta di riformulazione da parte del Governo, che non viene accolta.
    Se nessuno chiede di intervenire, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/54 L'Abbate, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/55 Auriemma.
    Ha chiesto di parlare la deputata Auriemma. Ne ha facoltà.

    CARMELA AURIEMMA

    CARMELA AURIEMMA (M5S). Grazie, Presidente. “Dopo cinque trimestri consecutivi con una performance a livelli record, abbiamo nuovamente raggiunto risultati straordinari, con ricavi nei primi 9 mesi pari a 9,6 miliardi di euro (…)”: queste sono le dichiarazioni dell'AD di Poste Spa, Del Fante.

    Ora, qual è la questione che pone l'ordine del giorno, sul quale c'è un parere negativo del Governo? Lo scorso dicembre, il 2 dicembre, un lavoratore di Poste, un postino di 64 anni, si è sentito male in un centro che vede coinvolti ben 150 lavoratori. Questo postino, questo lavoratore ha avuto un infarto e non c'era il defibrillatore a disposizione del centro. Noi sappiamo che l'intervento tempestivo - entro i 4 minuti - con il defibrillatore avrebbe dato la possibilità quasi del 70 per cento di salvare quel lavoratore. Ora mi dico, il punto è: come si può, da un lato, elogiare i grandi ricavi - siamo tutti contenti - di Poste, che addirittura fa un utile di 1,8 miliardi soltanto nei primi 9 mesi del 2025 e, dall'altro lato, però, non va a dotare i centri di smistamento dei defibrillatori. E questo è il minimo, perché, se noi andiamo a vedere i dati che ci sono su Poste, sono scandalosi: dal 2017 si registrano oltre 40.000 infortuni sul lavoro.
    Ora il punto qual è? È che Poste è detenuta, tra il MEF e Cassa depositi e prestiti, per oltre il 65 per cento dallo Stato. Quindi, è lo Stato che è inadempiente in un'azienda, appunto, a carattere pubblico, che non garantisce ai propri lavoratori la sicurezza sui luoghi di lavoro, e questo è scandaloso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se noi chiediamo a tutte le aziende, chiediamo ai nostri artigiani, chiediamo ai piccoli imprenditori di rispettare le norme sulla sicurezza, da un'azienda che fattura, che in un anno ha aumentato i propri utili di 1,8 miliardi, lo dobbiamo pretendere ancora di più. Non possiamo pretendere che Poste tagli sulla sicurezza, tagli sui lavoratori per fare ricavi per i propri soci (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo è scandaloso.
    Ancora più scandaloso è che è proprio un'azienda a carattere pubblico, ma più scandaloso di questo c'è il parere del Governo, al cui interno c'è il MEF, che è detentore di quote di Poste, che dà un parere negativo su una questione che veramente, da parte di tutti quanti, dovrebbe avere un'attenzione massima. Lo Stato non può determinare la morte dei lavoratori. Abbiamo chiuso il 2024 con oltre 1.000 morti in un anno, cioè, in alcune zone, il lavoro uccide più della criminalità organizzata. E se è un'azienda di Stato a partecipazione pubblica non può permettere che sui propri luoghi di lavoro non ci sia sicurezza. Abbiamo bisogno di certezze su questo tema, che noi come MoVimento stiamo portando avanti, perché, oltre a questo, c'è la questione del precariato, ma, ancora di più, non possiamo permettere che Poste Italiane Spa faccia ricavi sulla pelle dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, la posizione del Governo, al cui interno c'è il MEF, è scandalosa su quest'ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Il deputato Dell'Olio sottoscrive l'ordine del giorno. Sottoscrive tutto il gruppo MoVimento 5 Stelle, dice il deputato Carotenuto. Sottoscrive anche la collega Gribaudo.

    Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/55 Auriemma, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/56 Morfino. C'è una proposta di riformulazione da parte del Governo: lo pongo in votazione.
    Passiamo, dunque, ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/56 Morfino, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/57 Faraone: parere favorevole del Governo.
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/58 Boschi: accolto come raccomandazione. Va bene.
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/59 Del Barba: c'è una proposta di riformulazione con accoglimento per raccomandazione. Va bene.
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/60 Manzi: accolto come raccomandazione. Va bene? Sì.
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/61 Orfini: c'è una proposta di riformulazione con accoglimento come raccomandazione. Va bene? Sì (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
    Rimangono, a questo punto, gli ordini del giorno precedentemente accantonati, su cui invito la rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

    MARIA TERESA BELLUCCI

    MARIA TERESA BELLUCCI, Vice Ministra del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Sull'ordine del giorno n. 9/2736/7 Guerra, le premesse sono espunte, mentre sull'impegno il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare ulteriori misure volte a disincentivare la diffusione dell'illegalità anche nella filiera della moda”.

    L'ordine del giorno n. 9/2736/53 Ilaria Fontana era stato accolto come raccomandazione, proprio in luogo dell'attenzione che il Governo riconosce a tale tematica e, quindi, nella necessità di dare costantemente attenzione a questo tema. Quindi, ribadiamo la nostra posizione, che è quella di accogliere l'ordine del giorno in forma di raccomandazione.

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Vice Ministro Bellucci, l'ordine del giorno n. 9/2736/53 Ilaria Fontana è accolto come raccomandazione con riformulazione? No, accolto come raccomandazione così com'è.

    Passiamo quindi all'ordine del giorno n. 9/2736/7 Guerra.
    Deputata Guerra, prego, a lei la parola. Accoglie la proposta di riformulazione del Governo?

    MARIA CECILIA GUERRA

    MARIA CECILIA GUERRA (PD-IDP). Grazie, Presidente. No, non è accoglibile, anche perché stravolge completamente il senso della richiesta. Noi chiedevamo di ritirare, cioè di non ripetere un provvedimento completamente sbagliato. Nel frattempo, quel provvedimento è stato tolto dal Governo, dalla maggioranza, proprio perché il Ministro Urso lo ha qualificato come non efficace, non condiviso e non organico. Allora, come si fa a chiedere ulteriori provvedimenti, quando non c'è il primo? “Ulteriore” significa che dietro c'è qualcosa che vale, ma qui quel qualcosa che vale non c'è e il primo a dirlo è il Governo che l'ha fatto togliere. Allora, siamo al ridicolo, alla farsa! Quindi, sicuramente no a questa riformulazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Il gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista chiede di sottoscrivere.

    Se nessun altro chiede di intervenire, passiamo ai voti.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2736/7 Guerra, con il parere contrario del Governo.
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).
    Passiamo all'ordine del giorno n. 9/2736/53 Ilaria Fontana, accolto come raccomandazione. Ha chiesto di parlare il deputato Carotenuto. Ne ha facoltà.

    DARIO CAROTENUTO

    DARIO CAROTENUTO (M5S). Va bene. Accogliamo…

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha due minuti a disposizione.

    DARIO CAROTENUTO

    DARIO CAROTENUTO (M5S). …la raccomandazione. Intervengo molto rapidamente, solo per chiedere maggiore sensibilità sul tema dei PFAS. I PFAS sono solo uno degli interferenti endocrini e investono non solo i lavoratori, ma anche i consumatori; anche noi stessi siamo soggetti a interferenti endocrini. Da questo punto di vista, abbiamo presentato alcune interrogazioni e siamo in attesa di risposte. Sollecitiamo un senso di responsabilità. Sappiamo, peraltro, che anche le regioni sono in affanno e probabilmente servirebbe una task force per affrontare questi temi. È una richiesta che ci viene anche dall'Europa, siamo indietro e ne va della nostra salute.

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Quindi, non accoglie?

    DARIO CAROTENUTO

    DARIO CAROTENUTO (M5S). No, no, accogliamo.

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Perfetto, allora si è preso minuti che non le spettavano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

    (Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2736)

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

    Come consuetudine, ricordo che, in questa fase, mentre i deputati - non tutti, ma, insomma, una buona parte - decidono di muoversi, c'è un deputato che deve fare la propria dichiarazione di voto. Quindi, chi vuole uscire dall'Aula lo faccia cortesemente in silenzio. Prego, deputato Giachetti.

    ROBERTO GIACHETTI

    ROBERTO GIACHETTI (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Il provvedimento che oggi esaminiamo riguarda un tema delicatissimo, di quelli che - ahimè, definiamolo con chiarezza - rappresentano vere e proprie vergogne nazionali. La sicurezza sul lavoro è una materia che ciclicamente ci ritroviamo ad affrontare davanti a numeri spaventosi ed indegni di un Paese civile. Ricordava bene la collega Furlan, durante il dibattito al Senato, che, da inizio anno, sono morte 896 persone, di cui circa oltre 120 nel settore edilizio, che notoriamente costituisce il terreno di esposizione più colpito dall'assenza di tutele e di una effettiva ed efficace prevenzione. In aggiunta a tutto ciò, la categoria più colpita è quella degli over 60, in conclamata negazione del fatto che, quanto più l'età avanza, tanto più si debba ancora faticare per lavorare, tanto più le condizioni di ingaggio dovrebbero essere, a maggior ragione, più stringenti e adeguate a consentirlo.

    Sappiamo che tutto questo non accade perché la questione è molto sfaccettata e investe aspetti plurimi, dalla prevenzione ai controlli, dalla formazione alle responsabilità del datore di lavoro.
    Questo significa, come già è stato sottolineato da più parti, che, prima ancora di intervenire a mettere toppe dopo l'ennesima escalation di morti sui luoghi di lavoro, andrebbe costruita, innanzitutto, una reale ripetizione degli stessi tragici eventi. Ci si ferma generalmente allo sdegno collettivo, senza mai riuscire a trasformare questa presa di coscienza in un sistema solido, acquisito e automatizzato di regole chiare e condizioni di civiltà.
    In relazione, quindi, a questa necessità di creare basi strutturali più forti e condivise, la scelta del Governo - ennesima - di affrontare questa materia attraverso un decreto-legge esprime con grande evidenza la mancata volontà di ripensare a una riforma organica che affronti questo tema non come un'urgenza permanente, ma come una questione cronica del nostro sistema produttivo. Dal punto di vista metodologico, dunque, questo provvedimento è ovviamente sbagliato. Lo è intanto perché, come logica conseguenza di un approccio olistico al tema, sarebbe stato indispensabile - questo, sì, urgente - allargare la platea del confronto a tutti i soggetti coinvolti, partendo dal Parlamento e passando per le parti sociali, le regioni e gli enti preposti alla vigilanza.
    Avete semplicemente scelto di non farlo e di andare avanti addirittura ponendo la fiducia, a dispetto di tempi tecnici che avrebbero non solo consentito, ma auspicato un dibattito in cui fosse stato possibile accogliere anche le eventuali proposte della minoranza. Così non è stato.
    Oggi siamo al 18 e questo decreto-legge scade il 30. Quali sono, quali erano le ragioni di mettere la fiducia, se non per scongiurare la possibilità del confronto parlamentare? D'altra parte - e qui vengo al merito del provvedimento - avete sostanzialmente già respinto la quasi totalità degli emendamenti presentati dall'opposizione, molti dei quali migliorativi e anche di buonsenso.
    Non facciamo alcuna fatica, ovviamente, a dire che in questo decreto vi siano anche aspetti positivi di intervento, penso, ad esempio, al divieto di svolgere percorsi scuola-lavoro in luoghi pericolosi o anche all'introduzione del badge digitale. Ma non basta, non può bastare. Non sono misure sufficienti a invertire la rotta. Il badge andrebbe timbrato non solo in entrata, ma anche in uscita, perché questo consentirebbe di avere una definizione chiara del tipo di contratto, delle ore lavorate e della formazione che il lavoratore ha svolto. Colleghi, la formazione è talmente tanto importante e propedeutica, nell'ottica di un'effettiva cultura della sicurezza, da venire trattata di fatto alla stregua di un adempimento burocratico o di un corso standardizzato uguale per tutti. Serve una formazione continua, di qualità, tarata su diversi settori produttivi, sulle nuove tecnologie e sulle nuove forme di lavoro. Questo decreto non investe seriamente su questo fronte, limitandosi a indicazioni generiche e prive di una strategia nazionale. In particolare, voglio sottolineare che sul punto avevamo proposto di estendere la formazione obbligatoria anche ai datori di lavoro, perché è giusto e sacrosanto che tutti abbiano chiaro come deve funzionare il sistema e perché in questo modo si crea anche un legame di fiducia, in cui le responsabilità vengono, in un certo modo, condivise. Anche qui avete detto “no”, così come avete detto “no” all'estensione del divieto dei percorsi scuola-lavoro in luoghi pericolosi anche per gli universitari che fanno i tirocini obbligatori e ancora avete detto “no” alle proposte di inserimento della formazione da parte delle imprese prima che inizi l'apprendistato. Tutti questi “no” li avete motivati per l'indisponibilità di coperture, perché, di fatto, rappresentano un costo che non ci possiamo permettere, lo dico tra virgolette. Non ci possiamo permettere? Ma il punto è esattamente questo. Non è possibile pensare di creare una cultura della sicurezza, se nella sicurezza non si investe anche economicamente e strategicamente.
    Se ragioniamo su un altro nodo fondamentale, come è il sistema di vigilanza e dei controlli, noi diciamo che, senza un rafforzamento reale, strutturale e duraturo degli organi degli ispettorati del lavoro e delle ASL, ogni nuova norma rischia di restare lettera morta. Qui si annunciano potenziamenti che, alla prova dei fatti, sono numericamente insufficienti, diluiti nel tempo e privi di una chiara copertura organizzativa. Analogamente, sulla questione più delicata, come è per noi quella della responsabilità nella catena tra appalti e subappalti, non si interviene se non timidamente, senza il coraggio di introdurre una vera responsabilità solidale e senza rafforzare i meccanismi di qualificazione delle imprese. Anche qui sono tutte proposte che abbiamo avanzato e che sono state respinte, perché evidentemente a voi non interessa che il risultato finale possa contare sul contributo delle diverse forze politiche su una tematica così trasversale e che coinvolge la responsabilità del legislatore più di tante altre.
    Ripensare a una cultura della sicurezza significa produrre anche una visione integrata tra sicurezza e qualità del lavoro: la precarietà, il lavoro povero, l'eccessiva compressione dei tempi e dei costi sono fattori che incidono direttamente sulla sicurezza. Ignorare questo legame significa continuare a curare i sintomi senza affrontare le cause.
    Ciò che bisognerebbe attuare è un vero piano nazionale pluriennale per la sicurezza sul lavoro, con obiettivi misurabili, risorse certe e un coordinamento stabile tra Stato, regioni e parti sociali. Un piano che metta insieme prevenzione, formazione, controlli, innovazione tecnologica e cultura della sicurezza fin dalle scuole.
    Questo decreto, invece, si muove in modo frammentario e spesso simbolico. La disomogeneità delle misure, molte delle quali ripetono strumenti già esistenti, rivela la volontà non incidentale di ricorrere, ancora una volta, alla politica degli spot, delle cornici senza il quadro, dei grandi intenti che poi, alla prova dei fatti, tali rimangono. Non basta annunciare nuove norme se poi non si mettono le amministrazioni nelle condizioni di applicarle, non basta inasprire le sanzioni se non si garantisce la certezza dei controlli, non basta parlare di sicurezza se non si ascolta chi ogni giorno lavora nei cantieri, nelle fabbriche e nei campi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Martina Semenzato. Ne ha facoltà.

    MARTINA SEMENZATO

    MARTINA SEMENZATO (NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Sottosegretario, il provvedimento che voteremo tra poco non riguarda soltanto norme, procedure o assetti amministrativi, bensì qualcosa di più profondo, il valore che diamo alla vita di chi lavora e la serietà con cui lo Stato sceglie di stare accanto a chi produce, a chi crea occupazione e a chi contribuisce alla ricchezza del Paese.

    Ogni infortunio sul lavoro non è una statistica, è una famiglia che si spezza, un futuro che si interrompe, una comunità che perde un pezzo di sé. È proprio per questo, Presidente: chi, come noi, che crede in un'economia di mercato, in un lavoro libero ma sicuro, in uno Stato autorevole ma non oppressivo, che sa controllare senza soffocare, non può voltarsi dall'altra parte. Questo decreto va nella direzione giusta, perché supera una falsa contrapposizione, quella tra sicurezza e impresa, tra controlli e crescita e tra legalità e sviluppo.
    Senza sicurezza non c'è dignità nel lavoro, senza legalità non c'è concorrenza, senza regole chiare non c'è libertà economica. Il provvedimento introduce un principio che consideriamo fondamentale: premiare chi rispetta le regole e isolare chi le calpesta. Lo fa attraverso il sistema INAIL, rafforzando i meccanismi di bonus per le aziende virtuose e togliendo ogni vantaggio a chi è stato condannato per gravi violazioni. Questo non è giustizialismo, è responsabilità. È dire con chiarezza che lo Stato non può incentivare chi risparmia sulla sicurezza, perché quel risparmio ha un costo umano inaccettabile.
    Particolarmente significativa è l'attenzione al mondo agricolo, un settore che rappresenta identità, lavoro e presidio per i nostri territori. Rafforzare la Rete del lavoro agricolo di qualità significa difendere le imprese sane, contrastare il caporalato, tutelare i lavoratori più fragili e valorizzare chi opera nella legalità. Significa riportare una quota delle risorse INAIL alle imprese agricole che dimostrano, con i fatti, di rispettare le regole della sicurezza. È una scelta di civiltà ma anche di realismo economico.
    Con questo decreto si affronta con coraggio anche uno dei nodi più delicati del nostro sistema produttivo, appalti e subappalti. Qui troppo spesso si annidano dumping contrattuali, opacità e carico di responsabilità. Dare priorità ai controlli, rendere immediata la risposta dello Stato in caso di violazioni gravi significa rompere la catena dell'irresponsabilità. La sicurezza non può essere l'ultima voce di un capitolato, deve essere il primo requisito per stare sul mercato.
    Poi, c'è un elemento che penso sia essenziale: lo Stato deve essere presente, competente e credibile. Le assunzioni di 300 nuovi ispettori del lavoro a tempo indeterminato e il rafforzamento del contingente dei carabinieri per la tutela del lavoro, con 100 unità in più, vanno esattamente in questa direzione, una direzione che è quella giusta, perché è chiaro: non bastano le leggi se poi non ci sono persone capaci di farle rispettare. Altrettanto importanti sono le risorse economiche a disposizione: con il decreto investiamo 30 milioni di euro l'anno per rafforzare e rendere più efficiente l'Ispettorato nazionale del lavoro.
    Un segnale forte arriva anche sul piano umano e sociale: le borse di studio per i figli vittime di infortuni sul lavoro ci ricordano che la sicurezza è anche una responsabilità collettiva. Dal 2026, infatti, i figli delle vittime sul lavoro potranno contare su borse di studio fino a 7.000 euro l'anno, esenti da tasse, per accompagnarli lungo tutto il percorso di formazione.
    Quando una vita si spezza lavorando, Presidente, lo Stato non può limitarsi a certificare un evento, deve farsi carico delle conseguenze. Colleghi, questo decreto tiene insieme prevenzione e controllo, impresa e tutela, crescita e legalità. È un testo normativo che parla il linguaggio della responsabilità non dell'ideologia. Per questo annuncio a nome del gruppo Noi Moderati un convinto voto favorevole. Crediamo in un'Italia che non sceglie tra lavoro e sicurezza ma li tiene insieme, un'Italia che protegge chi lavora e sostiene chi fa impresa nel territorio delle regole, un'Italia che non accetta più che morire sul lavoro venga considerato un rischio inevitabile. È una battaglia di civiltà, Presidente, che dobbiamo e vogliamo combattere fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Mari. Ne ha facoltà.

    FRANCESCO MARI

    FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Per suo tramite alla Vice Ministra Bellucci e, per il tramite della Vice Ministra Bellucci, alla Ministra del Lavoro.

    Vice Ministra, c'è un articolo del codice della strada… - dice: che c'entra? Ora proviamo a dire che c'entra -, mi sembra che sia l'articolo 115 del codice della strada, che disciplina la cosiddetta guida accompagnata, cioè l'accompagnatore alla guida di un ragazzo o di una ragazza che non hanno ancora 18 anni o che hanno 18 anni e il foglio rosa e, quindi, non hanno ancora la patente di guida.
    In questo caso è possibile che un adulto, un parente, un amico, un genitore, un nonno o uno zio facciano da accompagnatori per istruire questo aspirante patentato alle regole della guida. Octay Stroici, che è deceduto nel crollo della Torre dei Conti a Roma, ed Ezio Cretaro, che, invece, è deceduto a Ceccano, vicino Frosinone, non sappiamo se avessero dei nipoti o dei figli con questa aspettativa, ma non avrebbero potuto accompagnare alla guida un figlio o un nipote, perché avevano 66 anni. Per fare gli accompagnatori alla guida, a seconda del caso, bisogna avere o meno di 60 anni o meno di 65. Però, Ezio e Octay potevano stare su un'impalcatura a 66 anni.
    In questo Paese, per leggi dello Stato, non si può stare a fianco a un ragazzo che vuole imparare a guidare, nel caso che abbia meno di 18 anni, se hai oltre 60 anni e, nel caso che abbia già 18 anni, se hai oltre 65 anni. Ma le leggi di questo Stato - quelle che facciamo, qui, in quest'Aula - ti fanno stare a fare il lavoro dell'edilizia su un'impalcatura anche a 65, a 66, a 67, a 68 o a 69 anni, perché in questo Paese si muore su un'impalcatura a 69 anni.
    Che voglio dire? Che dipende un po' anche da noi. E invece l'operazione costante di questo Governo, anche con questo provvedimento, è separare la sicurezza del lavoro dalle altre questioni che riguardano la qualità e la dignità del lavoro, questa è l'operazione. E per questo sulla sicurezza, che dovrebbe essere tema assolutamente unitario, si fa di tutto per evitare che il tema del lavoro incontri il tema della sicurezza sul terreno delle retribuzioni, del tempo di lavoro e dell'età pensionabile.
    A proposito di quei lavoratori dell'edilizia, in Italia ce ne sono 44.000 che hanno più di 63 anni e almeno 16.000 ne hanno più di 65, e fanno uno dei lavori più pesanti in assoluto. Gli edili, a voler essere stretti di mano, dovrebbero andare in pensione, in un Paese giusto, con un sistema pensionistico giusto, con non più di 41 anni di contributi e non più di 62 anni di età, ma sicuramente, nell'ultima fase dell'età lavorativa, dovrebbero fare lavori più leggeri.
    Dovremmo pensare a un mercato del lavoro e a un sistema pensionistico che alleggerisca tutti i lavoratori nell'ultima fase del lavoro, compresi per esempio gli insegnanti. Invece siamo in questa situazione: 5,1 milioni di lavoratori, il 29 per cento dei dipendenti privati, pur lavorando, non riesce a farsi riconoscere un anno di contributi, questa è la situazione di questo Paese. Questo è, in questo momento, il Paese europeo dove più bassa è la dignità del lavoro. Si può fare quest'affermazione perché la dignità del lavoro si misura innanzitutto con la retribuzione.
    Siccome abbiamo le retribuzioni più basse d'Europa, non è un'esagerazione dire che questo è il Paese dove meno è considerata e più è bassa la dignità del lavoro, per retribuzioni, per tasso di precarietà, che, nonostante ciò che dice il Governo, in questo Paese è il più alto d'Europa, e per età pensionabile. Abbiamo l'età pensionabile più alta d'Europa e la continuate, di fatto, ad allungare con il prolungamento delle finestre anche in questa legge di bilancio.
    In Francia c'è una discussione, è stata portata a 64, ma siamo ancora nel periodo transitorio tra 62 e 64. In Germania, in Spagna, in Belgio e negli altri Paesi nessuno è arrivato ai nostri 67 anni. Ma noi già non siamo più a 67 anni, già non ci siamo più. E a vedere le tabelle che sono il prodotto di questa legge di bilancio, i 43 anni di contributi, da qui a qualche anno, sono ormai una certezza. Allora si potevano fare cose sostanziali e non di routine. Si poteva aprire una discussione vera, anche capace, possibilmente, di andare oltre i temi strettamente legati alla sicurezza del lavoro.
    Guardate, il decreto legislativo n. 81 del 2008, a cui facciamo tutti riferimento, che d'altra parte è il Testo unico, non è un fallimento. Sono un fallimento le politiche del lavoro, però anche rispetto alla disciplina in materia di sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro ci sarebbero da fare una serie di interventi. Ma, soprattutto, forse questo era il momento di intervenire seriamente in materia di vigilanza, perché altissima è la domanda da questo punto di vista, altissima è la pressione che tutte le organizzazioni sindacali e anche datoriali fanno dal punto di vista dell'efficacia dell'azione di vigilanza.
    Questo era il momento di rafforzare il sistema di vigilanza, a partire dalle retribuzioni degli ispettori e poi incentivando ogni forma di coordinamento, perché siamo di fronte - anche questo è un dato unico in Europa - a un sistema sconclusionato. Abbiamo 15 soggetti che operano in materia di vigilanza del lavoro, e quindi con poteri ispettivi. Le banche dati non si parlano: abbiamo dei casi eclatanti, di cui abbiamo parlato in più sedi, dell'incapacità di dialogare fra soggetti.
    Abbiamo soggetti che in materia di vigilanza operano spesso assieme, per iniziativa soprattutto della magistratura o della Guardia di finanza, dove gli stessi operatori, che hanno gli stessi poteri, ruoli e competenze, che siano ispettori dell'INPS, dell'INAIL, dell'Ispettorato nazionale, che siano Carabinieri, Vigili del fuoco o Guardia di Finanza, hanno tutti retribuzioni diverse e stanno dentro la stessa squadra a fare le stesse cose.
    E poi abbiamo gli scandali. Lo scandalo principale sono i 10 giorni di preavviso da parte degli ispettori del lavoro, che sono obbligati a comunicare all'impresa o all'azienda che in quel luogo di lavoro, in quell'opificio, verrà fatta un'ispezione e a indicarne la materia, il merito. Quello è uno scandalo che questa sì era l'occasione per cancellare. Ecco, si poteva fare qualcosa di concreto, cambiare il ruolo degli RLS e rafforzarne le competenze e anche e soprattutto i poteri. Si poteva e si doveva fare un intervento non di routine. E poi, guardate, in questo minuto…

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Concluda.

    FRANCESCO MARI

    FRANCESCO MARI (AVS). …c'è un'altra cosa da dire. Ho sentito dire prima: la sicurezza è un investimento e non un costo. Ma guardate che, se il costo dell'investimento se lo carica lo Stato, è un fallimento, e qui il costo dell'investimento in materia di sicurezza e di formazione se lo carica lo Stato con le risorse dell'INAIL, e quindi si depotenzia, si deresponsabilizza il sistema imprenditoriale (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Alessio. Ne ha facoltà.

    ANTONIO D'ALESSIO

    ANTONIO D'ALESSIO (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Quello che trattiamo oggi non può essere un tema che si può liquidare con un decreto-legge come quello sottoposto alla nostra attenzione, con un provvedimento su cui, peraltro, si pone l'ennesima fiducia. Ed è l'ennesimo decreto, questa volta su un argomento che postulerebbe un intervento di tutt'altra natura e contenuto. Innanzitutto, mi sono soffermato più volte a confrontare e a comparare i dati del nostro Paese con quelli degli altri Paesi europei, e questo lascia emergere nitidamente che c'è qualcosa che non funziona.

    E chi è al Governo ha la responsabilità di affrontare il tema senza rimbalzarlo all'indietro, cioè senza rimbalzare i rilievi a ritroso, dicendo che andava fatto prima, che i Governi precedenti hanno fatto troppo poco. Oggi chi è al Governo si assuma la responsabilità di affrontare con determinazione un tema che va organizzato e affrontato in maniera strutturale. Troppe le morti, troppi gli infortuni sul lavoro. Spesso, nel porgere il cordoglio istituzionale alle famiglie e agli amici, anche in questa altissima Aula, si richiama la sfortunata coincidenza o il fato cattivo, negativo, ma non è così.
    Non può essere un caso quello che determina statistiche assolutamente drammatiche e avvilenti. Occorre prevenire, valutare, riflettere prima. Occorre una formazione, ma che sia strutturata, di qualità, e non organizzata solo per dire: abbiamo organizzato una prevenzione per gli infortuni sul lavoro. Bisogna prendere a cuore veramente il tema. Occorrono dei controlli, sui quali vanno fatti degli investimenti. Vanno organizzate misure sanzionatorie organiche e occorre spezzare la catena di subappalti, che va disciplinata con grande attenzione. Attenzione che va posta sugli orari di lavoro, lo hanno evidenziato gli interventi precedenti e anche quelli sugli ordini del giorno, perché la sicurezza riguarda anche questo aspetto.
    La sicurezza è anche organizzazione. La sicurezza è anche salario minimo, perché la precarietà, il lavoro sottopagato fanno il paio con la mancanza di sicurezza. La necessità, a volte, per i lavoratori di accettare delle condizioni che diventano condizioni-ricatto si coniuga tragicamente con le statistiche di eventi luttuosi sui posti di lavoro. Sono scelte importanti che il legislatore deve affrontare in materia di lavoro, in materia di prestazioni sociali.
    Il Governo lo sa, tocca questi temi e questi argomenti, ma non lo fa con la dovuta lucidità, non lo fa con i necessari investimenti, che non sono un costo - lo diceva il collega che mi ha preceduto, l'onorevole Mari -, ma sono un investimento sulla vita. L'investimento è un argomento che, con senso di responsabilità, il Governo deve fare. Noi abbiamo l'impressione, Presidente, che questo Ministro, bravo, serio, non abbia, però, assolutamente la forza all'interno del Governo di imporre delle linee, di imporre degli investimenti. Lo abbiamo verificato su più temi. Quando si forma un Governo, si formano anche degli equilibri: ci sono dei Ministri che hanno la forza, la determinazione di farsi valere e dei Ministri che hanno, invece, uno scarso peso all'interno del Governo. Spiace doverlo dire, ma è proprio così.
    Ci sono due modi di fare le riforme: o prendendo il toro per le corna, facendo delle riforme organiche e strutturali, oppure mettendo pezze a colori, e questo si è verificato per l'ennesima volta oggi. Lo si è fatto soprattutto mortificando, ancora una volta, il ruolo del Parlamento, marginalizzando per l'ennesima volta il dibattito, che potrebbe offrire spunti, proposte, idee virtuose non soltanto dalle opposizioni. Spiace ribadire il concetto, ma è così. L'opposizione svolge il suo ruolo, ma la maggioranza è mortificata, forse ancor più della minoranza. In troppi, in tanti, ma in troppi provvedimenti hanno fatto capolino idee e proposte serie e autorevoli dalla maggioranza, timidamente accennate, ma chiuse dalla blindatura del Governo, che vanifica l'essenza stessa di questa istituzione e la funzione del Parlamento. Forse, nel cuore di molti colleghi della maggioranza c'è un recondito desiderio di non derubricare questa tematica e questa materia a pacchetto chiuso, a pacchetto blindato, su cui non si discute, su cui non si concerta, su cui non si riflette. Si chiude un decreto-legge, si pone la fiducia, si alza la mano, si schiaccia il pulsante e non si risolvono i problemi: no, noi voteremo “no” (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Dario Carotenuto: il deputato non è presente e, pertanto, s'intende decaduto.

    Ha chiesto di parlare la deputata Chiara Tenerini. Ne ha facoltà.

    CHIARA TENERINI

    CHIARA TENERINI (FI-PPE). Grazie, Presidente. Signori colleghi, Vice Ministro, oggi non votiamo un testo, votiamo una scelta di Stato, perché la salute e la sicurezza sul lavoro stanno esattamente nel punto in cui la Repubblica decide se essere una comunità adulta o un Paese che si commuove a intermittenza, magari a favore di telecamera e, poi, torna alla routine.

    Dico subito la cosa più difficile, perché è anche la più onesta: i dati su infortuni e morti sul lavoro sono impietosi da sempre. Non sono un'epidemia nata ieri, non sono un fulmine a ciel sereno di questa legislatura, sono una ferita strutturale del nostro modello produttivo, delle nostre filiere, dei nostri appalti, della formazione troppo spesso ridotta a un “firma qui”, della prevenzione considerata un costo, un mero adempimento burocratico e non un investimento. E, allora, la domanda politica vera non è a chi urla meglio, la domanda è: chi si assume l'onere di costruire un sistema che regga anche quando le prime pagine cambiano argomento?
    È per questo che Forza Italia vota convintamente a favore della conversione in legge del decreto-legge n. 159 del 2025, così come modificato dal Senato, non perché lo consideriamo la fine del lavoro - sarebbe ingenuo dirlo -, ma perché è un provvedimento che prova a spostare la sicurezza sul lavoro dal registro della moralistica dell'emergenza a quello della governance concreta: controlli, prevenzione, incentivi, formazione, responsabilità lungo la catena degli appalti, tutela reale di chi paga il prezzo più alto.
    Questa impostazione ha un fondamento costituzionale preciso. L'articolo 1 della Costituzione afferma che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, ma il lavoro, per essere davvero fondamento della Repubblica, deve essere lavoro sicuro. Un lavoro che mette a rischio la vita o la salute non è solo un problema contrattuale, è una frattura del patto costituzionale. L'articolo 32 tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività: la sicurezza sul lavoro ne è una declinazione diretta. L'articolo 41 riconosce la libertà dell'iniziativa economica privata, ma chiarisce che essa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, né arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. È dentro questo equilibrio che si colloca il decreto che oggi votiamo.
    E qui vengo al cuore del testo. Anzitutto, il decreto interviene su un principio che, per noi, è liberale e pragmatico insieme: premiare chi fa bene e isolare chi viola in modo grave. L'articolo 1 affida all'INAIL la revisione delle aliquote di oscillamento per andamento infortunistico e dei contributi in agricoltura, nel rispetto dell'equilibrio della gestione tariffaria, ed esclude dai benefici le aziende che abbiano riportato, negli ultimi due anni, sentenze definitive di condanna per violazioni gravi in materia di sicurezza. Non è buonismo, non è giustizialismo, è un meccanismo in cui la virtù non resta un concetto astratto, ma incide sui comportamenti. È una leva economica di grande rilievo - vale circa 600 milioni di euro -, messa al servizio della vita.
    Un secondo blocco riguarda i settori più esposti, dove la vulnerabilità del lavoro si intreccia spesso con illegalità e sfruttamento. L'articolo 2 rafforza i requisiti per l'accesso alla Rete del lavoro agricolo di qualità, introducendo come condizione l'assenza di condanne e sanzioni anche in materia di salute e sicurezza, e riserva alle imprese iscritte alla Rete una quota delle risorse INAIL per investimenti e formazione. Qui c'è un'idea semplice: non basta proclamare la legalità, bisogna costruire circuiti che la rendano conveniente e riconoscibile, togliendo ossigeno a chi compete al ribasso sulla pelle degli altri.
    Il cuore politico e operativo del decreto sta, però, nel capitolo su appalti e subappalti, perché è lì che troppo spesso la responsabilità si frammenta e la sicurezza viene compressa. L'articolo 3 rafforza la vigilanza dell'Ispettorato, introduce obblighi di tracciabilità e riconoscibilità nei cantieri e negli ambiti ad alto rischio, prevede un tesseramento di riconoscimento con un codice univoco anticontraffazione, aumenta la sanzione per la mancanza della patente a crediti da 6.000 a 12.000 euro, precisa la decurtazione dei crediti in relazione al lavoro irregolare per singolo lavoratore e impone al committente di indicare, già nella notifica preliminare, le imprese in subappalto. Qui lo Stato dice una cosa chiara: la responsabilità non evapora lungo la filiera, si governa.
    In questi giorni non sono mancate critiche dure al Governo, al Ministro Calderone, alla Presidente Meloni. Io rispondo con un criterio istituzionale: nel 2015 è stato istituito l'Ispettorato nazionale del lavoro. È stato un passo serio e lo riconosco senza difficoltà, ma proprio quell'esperienza dimostra ciò che oggi qualcuno finge di non vedere: la sicurezza non si tutela con l'indignazione a intermittenza, ma con una responsabilità continua. I dati erano impietosi anche allora. La frattura vera, quindi, non è tra maggioranza e opposizione, ma tra chi usa questo tema come palcoscenico e chi accetta di stare nel fango della realtà, nei cantieri, nei luoghi della produzione e del lavoro, dove si cambiano i processi e non gli slogan, senza dimenticare che, con altri provvedimenti, per rafforzare le attività di controllo, sono state autorizzate assunzioni - circa 500 - di ispettori anche per INPS ed INAIL.
    Il decreto mette risorse e persone dove servono. L'articolo 4 autorizza l'Ispettorato nazionale del lavoro ad assumere 300 unità nel triennio 2026-2028, rafforza le posizioni dirigenziali e incrementa il contingente dei carabinieri impiegati nei servizi di vigilanza. Questo è Stato nel senso vero del termine: presenza, competenza, continuità.
    Sulla pianificazione e sulla cultura della sicurezza, l'articolo 5 compie una scelta politicamente qualificante: dal 2026, l'INAIL mette a disposizione 35 milioni annui per il Fondo occupazione e formazione per la promozione della cultura della sicurezza nei percorsi di istruzione e per la formazione dei rappresentanti dei lavoratori. La sicurezza non può restare un adempimento, deve diventare un valore nazionale, nel quale tutti ci riconosciamo: istituzioni, parti sociali, società civile.
    L'articolo 6 rafforza questa impostazione, prevedendo criteri rigorosi di accreditamento dei soggetti formatori definiti in Conferenza Stato-regioni, perché la formazione non può essere un mercato opaco.
    Ci sono poi norme che parlano direttamente alle persone e alle famiglie, e qui serve rispetto, concretezza e non retorica. L'articolo 8 introduce borse di studio tra i 3.000 e i 7.000 euro annui per i superstiti delle vittime del lavoro. L'articolo 9 adegua la durata dell'assegno di incollocabilità. L'articolo 12 consente la stabilizzazione di medici specialisti e infermieri INAIL. L'articolo 17 chiarisce che i controlli sanitari obbligatori rientrano nell'orario di lavoro, rafforza il ruolo del medico competente anche nella prevenzione oncologica e apre alla contrattazione collettiva per permessi retribuiti destinati agli screening. Questa non è burocrazia, è sostanza sociale, misure concrete finalizzate alla coesione sociale.
    Un passaggio rilevante riguarda anche il sistema di Protezione civile e il volontariato. Garantire standard adeguati di sicurezza, formazione e tutela sanitaria a chi opera nelle emergenze significa riconoscere il valore di donne e uomini che spesso, in silenzio, mettono a rischio la propria incolumità per il bene della collettività. Anche questo è Stato che funziona, non retorica dell'eroismo, ma responsabilità istituzionale verso chi serve il Paese nei momenti più difficili. L'articolo 7 chiarisce che la copertura INAIL nei percorsi di scuola-lavoro comprende anche gli infortuni nel tragitto casa-luogo di formazione e ritorno, e vieta l'impiego degli studenti in lavorazioni ad elevato rischio. Qui lo Stato dice ai ragazzi e alle famiglie: la formazione e l'avvicinamento al mondo del lavoro devono avvenire secondo irrinunciabili principi di sicurezza.
    Il Senato ha introdotto tre innesti che migliorano l'equilibrio del decreto: l'articolo 1-bis che, nei settori della somministrazione di alimenti e bevande e del turismo, consente di completare formazione e addestramento entro 30 giorni dall'inizio del rapporto; l'articolo 14-bis sull'inserimento di lavoratori svantaggiati e disabili tramite convenzioni e commesse; l'articolo 20-bis di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e province autonome. Sono scelte di concretezza e tenuta istituzionale.
    Ecco perché votiamo sì, perché questo decreto, pur perfettibile come ogni atto serio, fa una cosa che la politica spesso evita: collega strumenti, responsabilità, controlli, prevenzione, tutela e cultura. Non sceglie la scorciatoia della propaganda; sceglie la fatica della costruzione.
    Concludo con una considerazione che non è contro qualcuno, ma per la Repubblica. Su questo tema, la dialettica politica è legittima, ma l'alternanza cinica tra silenzio quando si governa e indignazione quando si è all'opposizione è moralmente insopportabile. La sicurezza sul lavoro è un dovere nazionale ed è un'opera collettiva che deve sentirci tutti impegnati: istituzioni, imprese, lavoratori, organizzazioni sindacali, società civile, mondo dell'informazione. O la trattiamo come tale oppure smettiamo di pronunciare la parola dignità come fosse una formula magica.

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Concluda.

    CHIARA TENERINI

    CHIARA TENERINI (FI-PPE). Noi votiamo questo decreto perché vogliamo che lo Stato sia all'altezza della sua promessa, che lavorare non significhi rischiare la vita e perché la responsabilità di Governo, quando si parla di vita e lavoro, non è un titolo, è un obbligo. Per queste ragioni, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE esprime voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Se non ci sono osservazioni contrarie, come mi auguro, darei la parola al collega deputato Dario Carotenuto, che avevamo dichiarato decaduto, perché, per motivi vari, era momentaneamente fuori dall'Aula, magari per una breve dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

    DARIO CAROTENUTO

    DARIO CAROTENUTO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, oggi non stiamo votando un semplice provvedimento tecnico, oggi passa un principio dal nostro punto di vista pericoloso. Perché la Repubblica italiana non si fonda sul mercato, non si fonda sul profitto, né su margini di bilancio di qualche impresa distratta. La Repubblica italiana si fonda sul lavoro e, quindi, sui lavoratori. E se accettiamo l'idea che la dignità e la sicurezza di chi lavora possano essere sacrificate per risparmiare qualche euro, allora stiamo dicendo una cosa chiarissima e spaventosa, ossia che il futuro di questo Paese vale meno di quei pochi euro. E questo, tra l'altro, per chi si proclama sovranista è una contraddizione talmente evidente da non aver bisogno di commenti.

    Il lavoro non è una concessione di mercato, non è una gentilezza del datore di lavoro, il lavoro è ciò che i padri costituenti hanno scelto come collante della Repubblica, come ossigeno nella nostra comunità democratica. Il lavoro produce cibo, energia, bellezza, ricchezza, purtroppo una ricchezza che oggi è sempre più concentrata in poche mani, e allora questo Parlamento, se facesse fino in fondo il proprio dovere, dovrebbe correggere questa distorsione, non legittimarla.
    Il lavoro produce coesione sociale, dicevamo, produce futuro. E se oggi questo Paese non ha futuro, se siamo dentro un inverno demografico che mette a rischio i conti e la tenuta sociale è perché le politiche sul lavoro sono fallimentari, esattamente come quelle per le famiglie, come quelle per l'immigrazione. Fallimentari perché in questi palazzi troppo spesso si tutelano amici e reti di potere, e non l'interesse generale. E la posizione del Governo su questo tema è chiarissima. Basta guardare a chi siede tra i banchi dell'Esecutivo. C'è una Ministra che ha pagato i propri dipendenti con risorse pubbliche, utilizzando la cassa integrazione COVID in modo fraudolento, truffando l'INPS e lo Stato nel momento più drammatico della nostra storia recente; ha truffato un ente che esiste proprio per tutelare i lavoratori.
    Allora la domanda politica è inevitabile: se chi rappresenta il Governo sfrutta i propri lavoratori fino ad abusare della loro buonafede per truffare lo Stato, che rispetto può avere questo Esecutivo per la dignità del lavoro? Una Ministra che, tra l'altro, è venuta qui a dire che siamo invidiosi della sua ricchezza, ma, al massimo, ci interroghiamo sui modi con cui si è arricchita questa Ministra e la risposta è sotto gli occhi di tutti.
    Per questo Governo la sicurezza non è un pilastro dell'impresa, è un costo. E quando una vita viene spezzata perché si è scelto di risparmiare sulla sicurezza non siamo davanti a fatalità, non sono disgrazie, ci sono responsabilità penali. Ma avete bocciato il nostro ordine del giorno che chiedeva questa scelta di civiltà, cioè quella di introdurre il reato di omicidio sul lavoro come deterrente reale contro chi considera la sicurezza un optional.
    Lo abbiamo chiesto a chi si è inventato reati anche un po' surreali, con una grande creatività - penso a quello sui rave party - perché avevate l'idea di poter combattere questo fenomeno. Ma come è possibile pensare che quella sia una priorità e non mille morti all'anno sul lavoro? È veramente incredibile.
    E non si tratta di criminalizzare chi fa impresa. Si tratta di affermare che fare impresa comporta una responsabilità sociale, che non si possono costruire profitti, mettendo a rischio la vita delle persone. Ma in questo Paese la frattura è ancora netta; da una parte, c'è chi vive del proprio lavoro, dall'altra, c'è chi vive del lavoro degli altri. E finché lo Stato non riequilibrerà questo rapporto di forze attraverso la legge e la giustizia, continueremo a contare i morti. Le morti sul lavoro non sono quasi mai fatalità, hanno nomi, dinamiche, responsabilità, responsabilità che voi scegliete di non perseguire, perché non avete il coraggio di affrontare quei temi quando toccano i vostri interessi, non avete il coraggio di andare fino in fondo se si toccano interessi dei vostri amici, di potenti e ve la prendete sempre con chi è più debole e, addirittura, lo abbiamo visto, perché vi siete resi complici di un genocidio, di un Paese genocida.
    Quindi, noi non andiamo contro gli imprenditori. Noi sappiamo che ci sono tanti imprenditori perbene nel nostro Paese e che tuteleremmo loro proprio andando a colpire chi, invece, si arricchisce disonestamente, andando a cercare profitto risparmiando sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori. Allora, abbiamo chiesto tutta una serie di misure. Di fronte alla strage che viviamo ogni anno - lo dicevo: mille morti l'anno; l'altro giorno, in Aula, ho preso parola per dire tutti i nomi dei 700 e oltre morti che erano fino a settembre, ma adesso siamo arrivati a 900 -, di fronte a questi numeri, di fronte a un cataclisma del genere, ci saremmo aspettati che alcune proposte di buonsenso, come la procura nazionale sugli infortuni sul lavoro, fossero state accolte. E invece ci ritroviamo al muro contro muro ed è inaccettabile.
    Allora, per questo, voteremo contro questo provvedimento, che manda questo messaggio che, dal nostro punto di vista, è devastante ossia che in Italia si può continuare a morire di lavoro senza che lo Stato abbia il coraggio di chiamare le cose con il loro nome. La Repubblica è fondata sul lavoro, non sul profitto, lo ripeto. E quando il lavoro uccide, la Repubblica è ferita.
    Noi continuiamo a batterci perché questa ferita venga curata con la legge, con la giustizia, con il coraggio politico che oggi sta mancando a questa maggioranza, ma che non mancherà a noi, di certo, quando governeremo presto, molto presto, questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo “Fara Filiorum Petri” di Rapino, in provincia di Chieti, che sono in tribuna ad assistere ai nostri lavori (Applausi). Li ringraziamo e li avvisiamo che in questo momento in Aula ci sono prevalentemente i colleghi deputati impegnati nella dichiarazione di voto. Tra breve, circa 15 minuti, arriveranno tutti gli altri perché si voterà un importante provvedimento.

    Ha chiesto di parlare il deputato Giaccone. Ne ha facoltà.

    ANDREA GIACCONE

    ANDREA GIACCONE (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il decreto che ci apprestiamo a convertire in legge affronta una tematica cruciale per il Paese, la sicurezza dei lavoratori. Ancora troppi lavoratori perdono la vita oppure hanno infortuni gravi: 896 vittime sul lavoro nei primi 10 mesi del 2025, dei quali 239 in itinere e 657 sul posto di lavoro, con oltre 497.000 denunce di infortunio. Se osserviamo l'andamento storico, vediamo che, dopo una decrescita molto significativa nel passato - negli anni Sessanta siamo arrivati ad avere più di 4.500 vittime in alcuni anni -, negli ultimi anni si è assistito a un numero di incidenti che si è stabilizzato alla inaccettabile cifra di circa tre infortuni mortali al giorno.

    Questo Governo e questo Parlamento sono già intervenuti sul tema della sicurezza, ad esempio con misure del decreto Lavoro, come gli obblighi di formazione per i datori di lavoro, l'estensione della tutela assicurativa INAIL allo svolgimento delle attività di insegnamento e apprendimento per gli studenti e docenti della formazione superiore, fino alla patente a crediti introdotta con il decreto PNRR.
    In Parlamento, che è e dovrebbe essere il luogo centrale del dibattito, su questo tema abbiamo approvato la legge n. 21 del 17 febbraio 2025, che introduce l'insegnamento della sicurezza nelle scuole, integrandola con l'educazione civica. Una legge importante perché la cultura della sicurezza parte dalle scuole. Ed è stata anche istituita, su proposta delle opposizioni, la Commissione d'inchiesta, che sta molto ben operando, e di questo desideriamo ringraziare la presidente.
    Ora il Governo ha deciso di intervenire con questo nuovo decreto, che introduce altre misure incisive e modifica la legislazione precedente, adeguandola alle nuove criticità. Un decreto che interviene su quelle diverse macroaree di intervento per ridurre gli infortuni sul lavoro, incide sulla prevenzione, sulla formazione, sul sistema di controllo e repressione degli illeciti e sulla premialità per innescare meccanismi virtuosi. In quest'ottica, molto importante è il messaggio di riduzione delle aliquote INAIL per le imprese virtuose, perché chi fa investimenti che si ripercuotono su sicurezza e riduzione del rischio deve essere premiato.
    Si interviene in modo puntuale anche sul lavoro agricolo, con l'intenzione di filtrare in modo efficace le aziende che possono far parte della Rete del lavoro agricolo di qualità, che avranno accesso premiale a risorse INAIL. Come ben sappiamo dai dati degli infortuni sul lavoro, il settore dell'edilizia è un settore ad alta incidenza infortunistica. Un settore dove, ad esempio, nel periodo del superbonus si è avuta una proliferazione di imprese, molte delle quali improvvisate, che entravano sul mercato senza le necessarie competenze tecniche e con carenze anche in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
    E sull'edilizia ci sono misure importanti, come quelle che prevedono la priorità nei controlli a imprese che operano in regime di appalto e subappalto; si interviene sui badge di cantiere, perché sia immediatamente chiaro chi lavora in un cantiere, per chi lavora e a quale titolo si trova nel cantiere, diventando uno strumento di tracciabilità operativa. I grandi cantieri hanno un grado elevato di complessità organizzativa ed è importante evitare che si inneschino zone grigie.
    Viene anche rafforzato il ruolo delle norme UNI come riferimento tecnico privilegiato e viene specificato il ruolo della patente a crediti come requisito per operare nei cantieri, con decurtazione dei crediti già dal verbale ispettivo, sospensione cautelare in caso di infortunio mortale, inabilità permanente totale o parziale e un raddoppio della sanzione minima fino a 12.000 euro per attività sotto la soglia crediti. Non si può poi non citare l'investimento sul fronte dei controlli, con l'assunzione di 300 ispettori e 100 unità dei Carabinieri per la tutela del lavoro, stanziando risorse economiche importanti per rafforzare la vigilanza.
    Queste misure, signor Presidente, non devono essere viste, e di questo ne siamo convinti come Lega, come misure punitive, ma, anzi, sono misure che andranno a tutelare le imprese sane e strutturate, che sono la maggioranza, evitando che possano subire una concorrenza sleale da soggetti improvvisati e inadeguati. Ora vediamo il tema della prevenzione, un tema centrale. Molto importante è l'introduzione del concetto dei near miss, cioè dei mancati infortuni, che devono essere riconosciuti e considerati all'interno dell'organizzazione aziendale, costituiscono un segnale rilevante di rischio e sono parte integrante di una corretta cultura della prevenzione.
    Sono, quindi, un indicatore qualificato di rischio organizzativo e come tali vanno considerati e analizzati per valutare le criticità. Riguardo alla formazione, viene demandata a un accordo Stato-regioni la definizione di criteri uniformi nazionali di accreditamento, dei requisiti di qualità, competenza e organizzazione e dei controlli sui soggetti che erogano la formazione sulla sicurezza. È ben nota, infatti, la pericolosità di un sistema di formazione ed accreditamento che a volte risulta più documentale che sostanziale, ed era importante intervenire in quest'ambito.
    Vede, signor Presidente, noi respingiamo al mittente alcune critiche che abbiamo sentito sul contenuto di questo decreto. È un decreto che interviene in modo incisivo nell'ambito della prevenzione, della formazione, della premialità e del sistema dei controlli. Siamo ovviamente consapevoli che la battaglia per la sicurezza non si vince solo con le leggi e con le norme, ma con una crescita e una consapevolezza da parte di tutti gli attori coinvolti per implementare una vera e reale cultura della sicurezza, ma crediamo che questo decreto rappresenti senz'altro un passo in avanti importante verso l'obiettivo di avere meno infortuni sul lavoro. Per cui dichiaro il voto favorevole del gruppo della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gribaudo. Ne ha facoltà.

    CHIARA GRIBAUDO

    CHIARA GRIBAUDO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Le parole sono importanti, lo sono perché producono effetti reali fuori da qui, e, quando si annuncia che si farà e poi non cambia nulla o talvolta peggiorano le situazioni, non facciamo una bella figura. Purtroppo è quello che è accaduto con questo decreto, un decreto annunciato in pompa magna il 1° maggio, una data simbolica, che avrebbe dovuto rappresentare un impegno solenne verso chi lavora. Poi, però, passano i mesi e nel frattempo continuano gli incidenti, continuano le morti, continuano i cordogli.

    Dopo le richieste costanti, anche da parte nostra, vengono finalmente convocati i tavoli con le parti sociali, circolano bozze, emergono spunti condivisibili. Poi, però, le bozze vengono modificate, ritirate, riscritte, e il testo definitivo arriva il 31 ottobre. Dal 1° maggio passiamo al 31 ottobre, dopo gli Stati generali su salute e sicurezza sul lavoro alla Camera, dove avevamo avuto un confronto molto serio, ampio, costruttivo, con punti di convergenza reali tra tutte le forze politiche.
    In quell'occasione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ci ha ricordato che su questi temi non esistono scorciatoie e ci ha esortato a non arrenderci di fronte alle morti sul lavoro; un richiamo forte rivolto a tutti, maggioranza e opposizione. Ricordo ancora il lungo applauso tributato in quest'Aula ai familiari delle vittime, che hanno portato qui la loro testimonianza con una dignità e una forza straordinaria, perché credono che la politica possa fare qualcosa di utile davvero.
    Ebbene, Presidente, le confesso che, dopo questo provvedimento, farò fatica a rispondere alla domanda di Fabrizio Giordano, figlio di Ignazio Giordano, morto nell'incidente drammatico di Casteldaccia, che ci chiedeva: cosa avete fatto in questo anno per noi? Farò fatica perché si poteva e si doveva fare di più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché la sicurezza non è retorica, non è propaganda, non è titoli. La sicurezza del lavoro deve essere la priorità di tutte e tutti noi, e invece, ancora una volta, si scelgono scorciatoie bizzarre.
    Si è parlato molto di risorse, si è parlato di soldi in più, ma non c'è un euro aggiuntivo. Le coperture di questo decreto sono praticamente tutte a carico dell'INAIL, risorse già esistenti versate da imprese e lavoratori. E allora la domanda è semplice: se si è scelto di intervenire utilizzando queste risorse, perché non destinare una parte dei soldi almeno ai familiari di chi è morto lavorando? Non bastano le borse di studio, serviva un intervento strutturale, tutele concrete per chi resta solo ad affrontare processi lunghi e dolorosi, spesso destinati alla prescrizione, fino al tema del gratuito patrocinio, includere i familiari conviventi, garantire il sostegno psicologico stabile.
    Sul gratuito patrocinio c'è una proposta del collega Molinari della Lega, una nostra: discutiamone in questo Parlamento.
    Il Presidente della Camera, qualche giorno fa, ha richiamato le prerogative del Parlamento: facciamola questa discussione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), calendarizziamo subito la proposta sul gratuito patrocinio per le vittime sul lavoro. Su questo noi vogliamo discutere, non su curiose proposte del CNEL, sulla fratellanza sui luoghi di lavoro. C'è una distanza siderale tra ciò che serve sul lavoro e quello che viene discusso in queste Aule, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Non possiamo accettarlo, con i numeri impietosi che abbiamo sulle morti. E rispondo alla collega Tenerini: ci siamo sempre impegnati e dobbiamo farlo tutti, perché i morti non riguardano un colore politico, riguardano il Paese, e non accetto che su questi temi si faccia speculazione politica. Siamo qui per dare il nostro contributo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista); siete voi che ci avete vietato il contributo, sia al Senato che alla Camera. Non avete cambiato nulla. Avete inserito la norma Santanche', nota Ministra attenta - vero? - ai diritti dei lavoratori? Che cosa fa? Introduce la formazione, anzi scusate, prolunga la formazione di 30 giorni ai lavoratori del mondo del turismo. Che significa? Che quella formazione non la faranno, perché quei lavoratori sono precari e spesso lavorano a chiamata. Allora, di che cosa stiamo parlando? Questa è la realtà.
    Allora, attenzione, perché ci sono delle domande, c'è una domanda di fondo, perché un tema così delicato non si affronta per decreto-legge. Si è scelto di impegnare in fretta le risorse - dicevo - dell'INAIL per il 2026, bypassando il sistema duale, ma il problema non è solo il metodo: è che il testo finale ha poco di quel confronto.
    La consultazione non sarà vincolante per voi, certo. Ma senza un patto vero tra sindacati, imprese, politica e mondi tecnici, noi rischiamo di produrre norme inefficaci o, peggio, di trasmettere l'idea che i tavoli non servono e questo è grave, perché il decreto-legge produce effetti immediati e faccio l'esempio della modifica dell'articolo 113. Avete abbassato prima da 5 a 2 metri l'altezza delle scale verticali oltre la quale scattano le misure di protezione dal rischio caduta - una scelta irrazionale, che ha generato caos: aziende bloccate, lavoratori nell'incertezza -; oggi si torna a 5 metri, ma nel frattempo chi ripaga i costi? L'insicurezza normativa. La sicurezza non si costruisce con norme che vanno avanti e indietro nel giro di poche settimane. La sicurezza non è un esperimento burocratico, è un diritto inalienabile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), come diritto inalienabile è la tutela contro le violenze e le molestie sul lavoro. Nei testi discussi con le parti sociali questo tema è stato affrontato con serietà, prevedendo l'inserimento della valutazione dei rischi. Nel testo finale - perché nelle bozze c'era - è stato espunto, senza obblighi e senza sanzioni: una risposta debole a un problema reale che colpisce soprattutto le donne lavoratrici più fragili.
    Lo stesso vale per il badge di cantiere. Sì, certo, è stato introdotto, noi eravamo contenti, ma poi andate a vedere: ci sarà un decreto attuativo che lo attuerà, forse. Per quando? Per il 1° maggio 2026? Bisogna agire subito. Allora, attenzione, perché i titoli senza contenuti generano norme incoerenti. Presidente, lo dica alla Ministra: le norme vanno scritte bene, altrimenti si creano ritardi e contenziosi. Magari lavorano avvocati e consulenti del lavoro, ma a noi questo non sta bene, perché chi paga il prezzo sono i lavoratori seri e le imprese perbene che lavorano in questo Paese.
    Non si affronta nemmeno uno dei temi più importanti sugli infortuni mortali, che è quello degli spazi confinati. Anche questo era nelle bozze e poi è sparito. Perché? Vi abbiamo fatto un ordine del giorno e anche quello ce lo avete negato. Noi chiediamo un intervento urgente sugli spazi confinati, perché lì è dove si concentrano più incidenti mortali e lo sapete anche voi. Su questo fatemi ancora dire: niente su appalti e subappalti, dove sappiamo bene che si concentra la maggior precarietà e il maggior numero di incidenti. Nemmeno l'estensione della valutazione tecnico-professionale è stata presa in considerazione.
    Poi c'è un tema che è stato toccato da alcuni colleghi dell'opposizione: l'età pensionabile e i salari. Aumentare l'età pensionabile, come avete fatto nel maxiemendamento alla legge di bilancio, e non intervenire sui salari significa costringere le persone a lavorare più a lungo e in condizioni peggiori. Poi piangiamo Octay Stroici ed Ezio Cretaro, solo in ordine di tempo. Ma, attenzione, interveniamo. Questo ha un impatto diretto sugli infortuni e sulle morti sul lavoro. Abbiamo bisogno di intervenire insieme, Presidente.
    Per merito e per metodo, quindi, questo decreto rappresenta un'occasione persa, in cui - guardate - ci speravo, ci credevo, ci speravamo. Invece, è stata un'offesa al confronto parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), a chi ci ascolta fuori da qui e ripone in noi delle speranze e a chi resta dopo una morte sul lavoro. Per queste ragioni, naturalmente, annuncio il voto contrario del Partito Democratico e vi aspettiamo in Parlamento, Presidente, per discutere e votare insieme proposte che qui ci sono e che dimostrano davvero che su questo tema noi possiamo fare molto meglio di così (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Nel frattempo, prima che prenda la parola il collega Lorenzo Malagola per l'ultima dichiarazione di voto, salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo “Castel San Lorenzo” di Castel San Lorenzo, in provincia di Salerno, che sono presenti in tribuna ad assistere ai nostri lavori. Li ringraziamo e auguriamo loro ogni fortuna (Applausi).

    Ha chiesto di parlare il deputato Lorenzo Malagola. Ne ha facoltà.

    LORENZO MALAGOLA

    LORENZO MALAGOLA (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'arte retorica è certamente l'arte più praticata in quest'Aula. Usiamo ogni giorno artifici retorici per prevalere sui nostri avversari politici, ma affinché questa nobile arte non si trasformi in commedia o, peggio, in farsa, affinché il dibattito parlamentare non tradisca ciò per cui è nato, cioè il perseguimento di leggi giuste, esiste un principio inviolabile, che non può essere mai tradito: il principio di non contraddizione. Purtroppo, ascoltando molti degli interventi provenienti dagli scranni della sinistra, mi sembra che Aristotele per voi sia un illustre sconosciuto. Avete calpestato il principio di non contraddizione attaccando un provvedimento che, probabilmente, non avete nemmeno letto e riempiendovi la bocca di grandi principi, che, però, avete tradito nei 10 anni in cui avete governato senza fare assolutamente nulla a tutela della salute dei lavoratori italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

    Signor Presidente, guardiamo i fatti. Ci dicono che gli infortuni aumentano: è falso! Nei primi 8 mesi del 2025 gli infortuni sul lavoro sono diminuiti di quasi il 2 per cento e i casi di mortalità di ben oltre il 3 per cento. Sono numeri che ci rendono soddisfatti? Certamente no. Non ci fermeremo fino a quando anche solo un padre, una madre o un giovane si faranno male compiendo il proprio dovere, ma possiamo dire di essere sulla strada giusta. Ci dicono che non abbiamo voluto investire, che è un provvedimento senza risorse: nulla di più falso. Sapete quanti fondi il Governo Meloni ha destinato alla salute e alla sicurezza sui luoghi di lavoro solo nel corso dell'ultimo anno? Oltre 1 miliardo 200 milioni di euro, più di quanto sia stato fatto da tutti i Governi della scorsa legislatura.
    Ci dicono, poi, che non ci interessano i controlli, che li trascuriamo e che siamo compiacenti con chi non rispetta la legge: è falso anche questo. Solo lo scorso anno abbiamo assistito a un aumento, certificato dall'INAIL, di controlli pari a oltre il 60 per cento. E rispondiamo, cari colleghi, allo stesso modo anche a chi ci accusa di non aver fatto nulla per colmare la tragica carenza di organico tra gli ispettori che abbiamo - questo sì - ereditato da anni di trascuratezza a firma della sinistra: più di 1.600 sono gli ispettori assunti nel 2024 e ora, con questo nuovo provvedimento, saranno 300 le unità di personale che potrà assumere il Ministero nei prossimi anni, a cui si affiancherà un aumento del 15 per cento delle unità del contingente dell'Arma dei carabinieri assegnato proprio al Ministero per servizi di vigilanza sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
    Presidente, ci dicono che la patente a crediti sarebbe solo uno slogan, una misura di facciata: anche questo è falso. La patente a crediti, introdotta nel 2023 dal Governo Meloni, è una riforma seria e coraggiosa, che ha cambiato l'approccio alla sicurezza: non solo più sanzioni a posteriori, ma prevenzione, responsabilizzazione e selezione premiale delle imprese sane.
    Oggi facciamo un passo ulteriore. Con questo decreto rafforziamo i controlli nei settori più esposti, raddoppiamo le sanzioni per chi opera senza patente, rendiamo più incisiva la decurtazione dei crediti contro il lavoro irregolare e introduciamo strumenti concreti, come la tessera di riconoscimento nei cantieri. Questa è la nostra idea di sicurezza: regole chiare, controlli mirati e tolleranza zero per chi mette a rischio la vita degli altri (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
    Ci dicono che amiamo i subappalti, perché riescono a eludere i controlli. E anche qui, Presidente, c'è qualcosa che non torna: anche qua il principio di non contraddizione viene tradito. Erano o non erano loro ad aver votato nel 2021 il decreto-legge Semplificazioni del Governo Draghi, che ha allargato e facilitato il subappalto rimuovendo la maggior parte dei limiti quantitativi e dei vincoli precedentemente in vigore? Cari colleghi, non vi preoccupate, ci abbiamo messo una pezza noi. Con questo decreto, l'Ispettorato nazionale del lavoro, al fine del rilascio dell'attestato per l'iscrizione nelle liste di conformità, controlla in via prioritaria i datori di lavoro che svolgono la propria attività in regime di subappalto, perché la libertà di impresa deve andare sempre di pari passo con la tutela e la salute dei lavoratori.
    Ci dicono che trascuriamo la formazione dei giovani, che non vogliamo investire sulle nuove generazioni. E noi rispondiamo con i fatti, proprio perché crediamo nell'importanza dell'alternanza scuola-lavoro e nel valore della formazione professionale. Per questo, abbiamo chiarito che l'assicurazione INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali comprende anche il tragitto dall'abitazione al luogo dove si svolgono i percorsi di formazione scuola-lavoro e viceversa, e che nessuno studente potrà mai essere adibito a mansioni ad elevato rischio.
    Ci dicono ancora che non ci interessa il personale sanitario, che medici e infermieri sarebbero l'ultima delle nostre preoccupazioni. Sì, Presidente, ce lo dicono proprio quelle sinistre che vanno a braccetto con la CGIL di Landini, la stessa CGIL che lo scorso 28 ottobre si è dichiarata - incredibile ma vero -pienamente soddisfatta per la stabilizzazione (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) del personale sanitario dell'INAIL di ben 170 unità prevista in questo decreto, a tal punto - udite, udite! - da revocare lo sciopero inizialmente previsto per il 30 ottobre. Insomma, cari colleghi di sinistra, mettetevi almeno d'accordo tra di voi!
    Potrei andare avanti ancora a lungo, ma penso di aver reso l'idea, perché ormai, dopo più di tre anni di Governo Meloni, penso sia evidente anche agli osservatori più prevenuti quale sia la nostra strategia. La tutela della sicurezza sul lavoro è per noi una delle responsabilità più alte che sentiamo addosso per onorare la nostra Costituzione.
    Tre sono i pilastri fondamentali sui quali ci muoviamo: la cultura della sicurezza, la prevenzione e i controlli. E questa, colleghi, non è una novità, ma è una visione che da sempre caratterizza i Governi di centrodestra.
    Eppure, continuiamo ad essere attaccati perché, Presidente, qui c'è un dato politico che non può essere aggirato e che smaschera molta della falsa retorica ascoltata in questi giorni. Chi oggi alza i toni e distribuisce lezioni morali sulla sicurezza sul lavoro è lo stesso che, quando ha avuto la responsabilità di governare, non ha prodotto un solo intervento organico in questa materia. Né il Governo “Conte 1”, né il Governo “Conte 2” hanno mai realizzato provvedimenti strutturali, e questo è il dato di realtà. Proprio per questo, suonano francamente inaccettabili le accuse che arrivano da chi ha lasciato il Paese in una lunga fase di immobilismo, salvo poi riscoprire all'improvviso il tema della sicurezza quando siete all'opposizione.
    Cari colleghi, le novità introdotte da questo decreto-legge non rappresentano semplici interventi normativi isolati, ma fanno parte di una strategia chiara: uscire definitivamente dalla logica emergenziale e costruire una cultura della sicurezza radicata, costante e condivisa. Il Governo punta sulla formazione, sui controlli efficaci e sulla responsabilità degli imprenditori e dei lavoratori. A differenza di chi ci ha preceduto, questa maggioranza dimostra ancora una volta con i fatti che la sicurezza dei lavoratori e la tutela delle imprese sono realtà per noi concrete e fondamentali. Ed è questa la grande differenza tra noi e chi ci accusa: non una differenza retorica, ma di metodo, di prospettiva, di futuro. E per questo, con convinzione, annuncio il voto favorevole di Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

    (Votazione finale ed approvazione - A.C. 2736)

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

    Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2736: S. 1706 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 ottobre 2025, n. 159, recante misure urgenti per la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro e in materia di protezione civile" (Approvato dal Senato).
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera approva (Vedi votazione n. 20) (Applausi)
    Prima di passare al disegno di legge di ratifica ricordo che, nella giornata di sabato 20 dicembre, avrà luogo, nell'Aula della Camera, il concerto di Natale. Invito tutti i deputati, una volta concluse le votazioni, a liberare i cassetti e lo scranno così da favorire le operazioni di preparazione dell'Aula.

  • Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1520 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica dell'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo, del 23 dicembre 2020, fatto a Roma il 30 maggio 2024 e a Berna il 6 giugno 2024 (Approvato dal Senato) (A.C. 2593) (ore 12,31). (ore 12,31)
    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2593: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica dell'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo, del 23 dicembre 2020, fatto a Roma il 30 maggio 2024 e a Berna il 6 giugno 2024.

    Ricordo che, nella seduta del 10 novembre, si è conclusa la discussione generale.

    (Esame degli articoli - A.C. 2593)

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica. Poiché non sono state presentate proposte emendative, li porrò direttamente in votazione.

    Passiamo all'articolo 1. Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione... deputato Ferrara? Prego, la ascoltiamo, a lei la parola. Dopo? Va bene, allora ribadisco che pongo in votazione l'articolo 1.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1 (Vedi l'allegato A).
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera approva (Vedi votazione n. 21).
    Passiamo all'articolo 2. Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2 (Vedi l'allegato A).
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera approva (Vedi votazione n. 22).
    Passiamo all'articolo 3. Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3 (Vedi l'allegato A).
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera approva (Vedi votazione n. 23).
    Passiamo all'articolo 4. Se nessuno chiede di intervenire per dichiarazione di voto, lo pongo in votazione.
    Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4 (Vedi l'allegato A).
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

    (Esame di un ordine del giorno - A.C. 2593)

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A).

    Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere. La parola al Sottosegretario Silli.

    GIORGIO SILLI

    GIORGIO SILLI, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. L'ordine del giorno n. 9/2593/1 Benzoni è accolto come raccomandazione, Presidente.

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Sentiamo la risposta del deputato Benzoni: perfetto, il deputato Benzoni accoglie.

    È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

    (Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2593)

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale. Ha chiesto di parlare il deputato Del Barba. Ne ha facoltà.

    MAURO DEL BARBA

    MAURO DEL BARBA (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Annuncio subito il nostro voto favorevole, chiosando con un “tutto è bene, quel che finisce bene”. Certo, se finisse prima, sarebbe anche meglio. A che cosa mi riferisco? Al fatto che questo tema del telelavoro, dello smart working è stato sollevato da parecchi, sicuramente da noi, da questi banchi, con interrogazioni, question time, mesi e mesi fa. Lo si sarebbe potuto affrontare o quantomeno fornire chiarezza ai lavoratori prima, ma diciamo che arriviamo alla fine dell'anno andando a stabilire quello che doveva essere ovvio e che è giusto.

    Questa lentezza, questo “zoppichio” da parte del Governo ha riguardato, però, anche temi ben più importanti e li ricordo solo per titoli: la questione del riconoscimento dei vecchi frontalieri che, nonostante fosse evidente e riconosciuta anche dalla Confederazione Elvetica, ha visto il Governo trascinarsi e zoppicare per oltre un anno, salvo poi giungere alle posizioni che dall'opposizione venivano indicate, senza volerlo riconoscere, quindi adottando escamotage farraginosi.
    Lo stesso, potremmo dire, per questa improbabile, nonché improvvisata tassa sulla salute che riteniamo sia disorganica nell'ambito di questo positivo Accordo transfrontaliero Italia-Svizzera; così come è tema di questa legge di bilancio il ristoro ai comuni di frontiera; vediamo l'atteggiamento continuo della maggioranza nel voler mettere le mani, quando non riesce nelle tasche dei cittadini, nelle tasche dei comuni. Ecco, al netto, come dire, di tutti questi atteggiamenti di contorno, sicuramente il provvedimento odierno va salutato con favore. Chiudo, solamente, aggiungendo che nel ricordare, come faremo anche più avanti, la positività di questi provvedimenti dei rapporti Italia-Svizzera, dobbiamo, però, essere solerti nell'affiancare un'azione costante del Governo su tematiche che, evidentemente, i provvedimenti non possono coprire interamente e devono vedere l'intelligenza e l'applicazione del Governo.
    Mi riferisco al fatto che, proprio ieri, mi è stato mandato da parte dell'ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Milano, dalla Fondazione dell'ordine dei commercialisti ODCEC di Milano, un quaderno interessantissimo che affronta un tema a noi noto, di cui ci siamo occupati in quest'Aula e quindi ne approfitto per ribadirlo, ossia la questione del “Lavoratore frontaliero in presenza di ristretta base societaria: reddito da lavoro dipendente o reddito assimilato?”.
    Ecco, qui c'è una disamina, in più di 50 pagine, che spiega molto bene come poi, in Italia, noi riusciamo a rendere complicate anche vicende che sono positive, come questa, che, a livello nazionale, vedono un positivo accordo tra gli Stati, ma che poi ci vedono indugiare nelle loro applicazioni pratiche (Applausi Italia Viva-il Centro-Renew Europe).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Calogero Pisano. Ne ha facoltà.

    CALOGERO PISANO

    CALOGERO PISANO (NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, Presidente. Come gruppo Noi Moderati, siamo a favore della ratifica (Applausi Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro) -MAIE-Centro Popolare).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Marco Grimaldi. Ne ha facoltà.

    MARCO GRIMALDI

    MARCO GRIMALDI (AVS). Grazie, Presidente. Solo per annunciare il nostro voto favorevole (Applausi Alleanza Verdi e Sinistra).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Federica Onori. Ne ha facoltà.

    FEDERICA ONORI

    FEDERICA ONORI (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Sottosegretario, la ratifica del Protocollo di modifica dell'Accordo tra Italia e Svizzera sui lavoratori frontalieri segna un passaggio concreto in una delle relazioni bilaterali più stabili e strutturate che il nostro Paese intrattiene. Tra Italia e Svizzera il confine non è una linea di divisione, è una linea di vita; ogni giorno oltre 90.000 cittadini italiani attraversano le Alpi per lavorare nei cantoni svizzeri, soprattutto nel Ticino e nei Grigioni. In alcune vallate, come quelle del Comasco e del Varesotto, intere famiglie hanno costruito negli anni un equilibrio economico che tiene insieme due sistemi fiscali, due modelli sociali, a volte anche due identità.

    L'Accordo originario, firmato nel 2020 e ratificato nel 2023, aveva già posto fine a una situazione storicamente squilibrata, superando le rigidità dell'intesa del 1974, che regolava solo i frontalieri italiani, senza reciprocità. Oggi con questo Protocollo aggiuntivo compiamo un passo ulteriore e adeguiamo l'Accordo al tempo del telelavoro, riconoscendo ai frontalieri la possibilità di svolgere fino al 25 per cento del lavoro da remoto senza perdere il proprio status fiscale. È una misura, quindi, di buonsenso, ma anche una misura per la competitività. Dopo la pandemia, il lavoro ibrido è diventato una realtà strutturale. Nel Canton Ticino, secondo i dati dell'Ufficio federale di statistica, oltre il 40 per cento delle imprese transfrontaliere ha introdotto forme di telelavoro. Non intervenire avrebbe significato, quindi, costringere migliaia di lavoratori in una zona grigia giuridica e fiscale, con effetti negativi anche per i comuni di frontiera italiani, che ricevono parte delle imposte versate in Svizzera.
    E allora, questo Accordo evita contenziosi e incertezze, ma soprattutto conferma la maturità politica delle relazioni italo-svizzere. Basti ricordare che la Svizzera è un partner commerciale storico e tra i principali partner extra-UE dell'Italia e che gli italiani costituiscono il gruppo straniero più numeroso residente in Svizzera: oltre 340.000 cittadini italiani residenti registrati, una comunità complessiva ancora più ampia se si considerano anche le persone con doppia cittadinanza. Ma la cooperazione economica si riflette anche nella quotidianità dei territori: progetti comuni in materia di trasporti, energia, formazione duale, come quelli ad esempio promossi nell'ambito del Programma Interreg Italia-Svizzera, testimoniano una visione condivisa che guarda oltre la frontiera.
    Questo Protocollo non crea nuovi oneri, non modifica i saldi di bilancio, ma modernizza un quadro giuridico rimasto indietro rispetto alle realtà del lavoro e lo fa in un clima di collaborazione istituzionale, modello di diplomazia di prossimità. Per queste ragioni, annunciamo il voto favorevole del nostro gruppo, perché questo non è un accordo tecnico, ma un atto politico che rafforza la nostra credibilità nei confronti di un partner storico, tutelando insieme equità fiscale, diritti dei lavoratori e sviluppo dei territori di confine (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Antonio Ferrara. Ne ha facoltà.

    ANTONIO FERRARA

    ANTONIO FERRARA (M5S). Grazie, signor Presidente. Colleghi, colleghe, il decreto che oggi discutiamo interviene sull'Accordo appunto tra Italia e Svizzera sul lavoro frontaliero. Introduce una disciplina sul telelavoro, fissando il limite massimo del 25 per cento. È un intervento necessario, perché prende atto di una realtà che esiste già, ma diciamo con chiarezza che è una modernizzazione col freno a mano tirato. Una percentuale rigida, uguale per tutti, che non tiene conto della vita reale dei comuni di confine, in particolare della provincia di Varese. Il MoVimento 5 Stelle voterà a favore, lo facciamo per non lasciare i lavoratori frontalieri nell'incertezza, ma questo voto non può essere usato per raccontare un successo politico che nei territori non si vede. Il confine non è una percentuale.

    Per chi scrive le norme a Roma, il confine è una soglia numerica; per chi vive nei comuni di confine, il confine è altro: è un imbuto quotidiano, è traffico strutturale, è tempo perso; sono famiglie che organizzano lavoro e cura dei figli, sono comuni che garantiscono servizi con risorse sempre più limitate.
    E allora, fissare il telelavoro al 25 per cento, senza flessibilità reale, significa scaricare la complessità sui cittadini, mentre lo Stato si limita a scrivere un numero.
    Veniamo al nodo politico vero: i ristorni. L'Accordo fiscale Italia-Svizzera stabilisce che ai comuni di confine debba essere garantito un livello minimo di finanziamento pari a 89 milioni di euro dal 2025 con fondo dedicato. Quegli 89 milioni sono una soglia minima di salvaguardia, non un favore, non una concessione politica, ma oggi sappiamo anche un altro dato: secondo le comunicazioni dell'Autorità svizzera, le entrate complessive generate dal lavoro frontaliero arrivano a circa 128 milioni di euro. Qui nasce la frizione politica, perché se la Svizzera versa 128 milioni e ai comuni di confine lo Stato ne rende solo 89, la differenza non scompare.
    Allora, lo diciamo con chiarezza, rivolgendoci al Ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che, questi territori, li conosce bene, perché se i soldi arrivano dal confine, ma non tornano al confine, non è cooperazione, è trattenimento. Arriviamo agli onori a Roma e agli oneri ai territori.
    Abbiamo sentito Candiani e il senatore Alfieri rivendicare questo Accordo come un grande risultato, ma nei comuni di confine, soprattutto nel Varesotto, il successo si misura non con le conferenze stampa, ma con i bilanci comunali, perché, mentre a Roma ci si prende gli onori, i sindaci devono garantire scuole, strade, trasporto pubblico e servizi sociali, con costi che aumentano e risorse che restano incerte. Un comune, che non sa se l'anno dopo riceverà 89, 100, 128 milioni, non può programmare, può solo tamponare.
    Poi, c'è il tema delle infrastrutture. Si parla molto di rotonde - sia chiaro, la manutenzione è necessaria, ma non raccontiamola come se fosse una strategia per il futuro dei territori -, ma le rotonde non eliminano l'imbuto con i confini, non risolvono la mobilità transfrontaliera, non aumentano le competitività del territorio. Qui si confonde la manutenzione ordinaria con la visione strategica.
    C'è, infine, una frattura sociale che questo decreto non affronta: la differenza tra vecchi e nuovi frontalieri. Stesso lavoro, stessa frontiera, regole diverse: una disparità che genera tensione nei comuni di confine. Nel frattempo, il varesotto forma lavoratori qualificati che, poi, vanno in Svizzera, e le imprese locali competono con costi energetici più alti e burocrazia più lenta. Qui non bastano percentuali sul telelavoro, qui serve una vera politica industriale e del lavoro.
    Concludo. Noi voteremo a favore per tutelare i lavoratori frontalieri, ma lo diciamo senza ambiguità: gli 89 milioni devono restare una garanzia minima, non diventare un tetto massimo. Le rotonde sono manutenzione, non strategia. La frattura tra i vecchi e i nuovi frontalieri va sanata e i comuni di confine, a partire da quelli della provincia di Varese, non possono continuare a pagare i costi, mentre lo Stato trattiene i benefici. Il confine non è una percentuale, non è una conferenza stampa, è vita quotidiana e merita rispetto, trasparenza e risorse certe (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Emilio Russo. Ne ha facoltà.

    PAOLO EMILIO RUSSO

    PAOLO EMILIO RUSSO (FI-PPE). Grazie, Presidente. Onorevole Sottosegretario e colleghi, sono più di 78.000 i lavoratori frontalieri italiani che operano in Svizzera, principalmente nelle province di Como e Varese, dove risiedono 29.000, 30.000 di essi, ma altri partono tutte le mattine dalle aree di Monza e Brianza, del Verbano-Cusio-Ossola o da Sondrio. Queste persone, insieme alle loro famiglie, hanno affrontato per troppo tempo ambiguità fiscali, rischi di doppia imposizione e, di conseguenza, instabilità nei redditi.

    L'Accordo del 2023 ha eliminato la confusione, l'assurdità di pagare tasse in due Paesi diversi per un solo reddito. È stato un Accordo che ha preservato le risorse trasferite ai comuni più piccoli, di confine, consentendo loro di mantenere competitività, investendo sul tessuto economico e sociale delle nostre comunità di confine e che ha contribuito a rafforzare la fiducia nelle istituzioni, a sostenere l'economia locale e a favorire la coesione tra Italia e Svizzera.
    Il Protocollo in via di ratifica supera quell'Accordo, consentendo al lavoratore frontaliero di non rientrare quotidianamente al proprio domicilio nello Stato di residenza, entro un massimo di 45 giorni all'anno, e aggiornandolo ai nuovi sistemi di lavoro, quali lo smart working, superando accordi, vecchi magari di decenni, quando il lavoratore che espatriava era soprattutto un operaio dell'industria pesante. Viene consentito a tutti i lavoratori transfrontalieri di svolgere da casa fino al 25 per cento dell'orario di lavoro senza conseguenze.
    Il Protocollo che ratifichiamo oggi è il frutto di un impegno politico preso dalla maggioranza, anche con una mozione, e dal Governo, è il risultato di un Accordo firmato dal Ministro Giancarlo Giorgetti - che ringraziamo - con la sua omologa della Svizzera, chiude una questione annosa e dimostra che, ancora una volta, abbiamo lavorato con determinazione, in collaborazione con gli altri Paesi, forti di una grande credibilità internazionale, per difendere gli interessi delle persone e restituire anche i frontalieri regole più semplici, chiare, efficaci e moderne. Per questa ragione, Forza Italia voterà “sì” (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Candiani. Ne ha facoltà.

    STEFANO CANDIANI

    STEFANO CANDIANI (LEGA). Grazie, Presidente. Ci avviamo alla ratifica di questa modifica, di questa aggiunta al Trattato tra Italia e Svizzera che regola i rapporti transfrontalieri. È un passaggio importante, è un passaggio che riguarda il lavoro transfrontaliero fatto a distanza, prevedendo due punti importanti e specifici. Il primo è il limite massimo di 45 giorni, che può essere utilizzato da chi fa attività frontaliera senza l'obbligo di rientrare al proprio domicilio, non perdendo quindi il requisito e lo status di frontaliere. E poi vi è l'importante questione del telelavoro: il 25 per cento delle ore di lavoro può essere fatto restando nel comune di residenza, senza recarsi in Svizzera e senza perdere i requisiti.

    Questa era una sperimentazione fatta ai tempi del COVID, che abbiamo condiviso come soluzione anche per poter svolgere il lavoro in maniera agile. Non per tutti i lavori può essere fatto, ma quelli per i quali può essere previsto in questo senso hanno questa ulteriore opportunità.
    Abbiamo condiviso l'iniziativa e ce ne siamo fatti carico in tutto questo periodo. Ringrazio i colleghi Zoffili e Billi, ma anche la collaborazione con il presidente Toni Ricciardi del gruppo di lavoro Italia-Svizzera. Ci siamo recati in Svizzera, siamo stati a Berna, abbiamo parlato con le autorità svizzere e ne abbiamo parlato profondamente col Ministro Giorgetti, che ringraziamo, perché, per il territorio comasco e per il territorio del varesotto in particolare, questo è un provvedimento importante che consente ai nostri lavoratori di fare la propria parte di frontalieri, senza avere problemi riguardo alla modalità. Così viene codificato e inserito in norma.
    Ringrazio, quindi, il Ministro Giorgetti per l'impegno che mette nei confronti dei territori di confine, al contrario, magari, di qualche imprecisione messa da chi mi ha preceduto nell'intervento. Specifico subito che, nella legge di bilancio, mi risulta che il Ministro Giorgetti abbia inserito 40 milioni necessari per dare un pareggio rispetto alle cifre trasferite dalla Svizzera all'Italia per i territori di confine. Devo anche precisare che qualche collega che mi ha preceduto magari farebbe bene a leggere il testo di legge, più che affidarsi a qualche commentario, perché nella legge, che è stata approvata all'unanimità da quest'Aula nel mese di giugno del 2023, è previsto il tetto pari a 89 milioni di trasferimento. Non è una volontà espressa attualmente dal Ministro, piuttosto che da questo Governo, ma è un obbligo inserito nella legge e casomai questo Ministro e questo Governo stanno andando a porre rimedio a una interpretazione sbagliata degli accordi che escludeva una parte dei fondi trasferiti alla Svizzera. Quei fondi sono dei territori di confine e resteranno sui territori di confine. Noi li vogliamo nella busta paga dei nostri lavoratori a sostegno dell'attività d'impresa. Mi auguro che qualcuno non voglia, invece, sottrarli per farne altro uso. Ovviamente, non sarà dalla nostra parte il voto a favore di questi, ma sarà certamente a sostegno dell'attività che farà il Governo per inserire in legge di bilancio e dare questi fondi ai nostri cittadini. Grazie ai lavoratori frontalieri per lo sforzo che fanno e grazie al Governo per averlo riconosciuto (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Toni Ricciardi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Ne ha facoltà. C'è un applauso preventivo…

    TONI RICCIARDI

    TONI RICCIARDI (PD-IDP). Grazie, Presidente. È un applauso preventivo sulla fiducia. Sottosegretario Silli, colleghe e colleghi, lo dico subito in premessa: noi votiamo a favore di questa ratifica, come abbiamo sempre fatto. Questo è un provvedimento che abbiamo votato nel 2023, ma era frutto e figlio di una stagione precedente che è arrivata a compimento nel 2023. La vicenda è abbastanza seria e potrebbe aprire scenari necessari di approfondimento. Il Sottosegretario Silli lo sa.

    Noi ci troviamo a ratificare l'inserimento del 25 per cento sull'home office e lo smart working che, come ricordava il collega Candiani, era anche un impegno che abbiamo assunto qualche mese fa in visita ufficiale, come delegazione di amicizia Italia-Svizzera, a Berna.
    Il problema, però, dove è? Il problema è che probabilmente, come Governo, siete stati un tantino eccessivamente timidi. Perché dico questo? Perché la Svizzera ha lo stesso tipo di protocollo con la Francia che estende fino al 40 per cento e si era mostrata disponibile anche ad estenderlo all'Italia.
    Allora, intanto, sicuramente è un primo passo fatto, sicuramente fondamentale; e sicuramente è una risposta che si dà ai frontalieri che negli ultimi anni - a dire il vero - non è che abbiano goduto di un'attenzione particolare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
    C'è da lavorare molto, c'è da andare verso il 40 per cento e c'è soprattutto la possibilità, Sottosegretario Silli, di sperimentare con la Svizzera il telelavoro e lo smart working intraeuropeo, perché noi abbiamo una difficoltà per la quale questo provvedimento può rappresentare un'opportunità.
    Quindi, per queste ragioni, la speranza è che si possa mettere mano in una maniera definitiva e chiarificatrice. Il collega Del Barba lo ricordava. Lo dico anche al collega Candiani: probabilmente la tassa aggiuntiva sulla sanità è meglio che venga derubricata definitivamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), perché è qualcosa che non ha funzionato e non può funzionare.
    Per tutte queste ragioni, dichiaro il voto favorevole da parte del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Colombo Ne ha facoltà.

    BEATRIZ COLOMBO

    BEATRIZ COLOMBO (FDI). Grazie, Presidente. Sottosegretario Silli, esprimo ovviamente il voto favorevole a nome del gruppo Fratelli d'Italia. È un voto che nel tempo ha visto l'impegno di alcuni nostri parlamentari sul territorio e sulla questione Svizzera, con l'onorevole Pellicini che voglio ringraziare.

    Su questa ratifica il voto nasce da una consapevolezza: che lo Stato deve tornare ad essere vicino a tutti i suoi cittadini senza distinzioni e senza lasciare nessuno indietro.
    Allora, quando parliamo dei lavoratori frontalieri - penso anche ai miei nella Repubblica di San Marino - parliamo di decine di migliaia di famiglie italiane che da anni vivono in una situazione troppo spesso segnata da incertezze normative, Presidente, da trattamenti differenziati e da una percezione di ingiustizia che non possiamo ignorare. Parliamo di persone che ogni giorno attraversano il confine per lavorare e che contribuiscono all'economia locale e nazionale.
    Il Governo Meloni - e qui lo dico chiaramente - ha scelto di intervenire non con annunci, non con promesse irrealizzabili, ma con un lavoro serio, responsabile e concreto. Questo provvedimento è un passo importante verso la normalizzazione e la stabilizzazione di un settore che attraversa regioni come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Valle d'Aosta, il Friuli-Venezia Giulia e che rappresenta una parte fondamentale della nostra forza lavoro.
    Fratelli d'Italia, con il contributo decisivo del Presidente del Consiglio Meloni e ovviamente dei Ministri competenti, ha aperto un confronto serio e costante per arrivare alla piena valorizzazione del lavoro frontaliero. Voi direte “tardi”, però comunque è stato fatto.
    Anche sulla dimensione fiscale e previdenziale siamo consapevoli ovviamente che ci siano ancora aspetti da perfezionare e proprio per questo diciamo con chiarezza che Fratelli d'Italia continuerà a lavorare per chiudere definitivamente quelle situazioni ancora sospese, per garantire una disciplina stabile e moderna e per impedire che i nostri lavoratori subiscano disparità e penalizzazioni.
    Il Protocollo di modifica del 23 dicembre 2020 contiene due punti fondamentali. Li dico velocemente: una revisione sostanziale del regime frontaliero, che è il cuore del provvedimento, e la definizione di lavoratore frontaliero che viene ampliata.
    Il rientro quotidiano al domicilio non è obbligatorio tutti i giorni, ma sarà consentita una deroga fino a 45 giorni all'anno per motivi professionali. È un cambiamento realistico e moderno che riconosce la reale mobilità lavorativa e contemporanea.
    L'Accordo entrerà formalmente in vigore dopo lo scambio delle notifiche tra Italia e Svizzera ovviamente, ma questo è un elemento politico importante, perché l'Italia ha già anticipato gli effetti dal 1° gennaio 2024, grazie alla legge di bilancio del 2025. È una scelta che dimostra, su questo, una volontà politica e un'attenzione importante e costante verso i nostri frontalieri (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

    (Votazione finale ed approvazione - A.C. 2593)

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

    Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2593: S. 1520 - "Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica dell'Accordo tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera relativo all'imposizione dei lavoratori frontalieri, con Protocollo aggiuntivo, del 23 dicembre 2020, fatto a Roma il 30 maggio 2024 e a Berna il 6 giugno 2024" (Approvato dal Senato).
    Dichiaro aperta la votazione.
    (Segue la votazione).
    Dichiaro chiusa la votazione.
    La Camera approva alla unanimità (Vedi votazione n. 25) (Applausi).
    Poiché l'esame del disegno di legge di ratifica si è concluso prima delle ore 13,30, ossia prima dell'orario convenuto per lo svolgimento degli interventi dei gruppi in occasione del settantesimo anniversario del Trattato Italia-Germania sui transfrontalieri, chiedo ai delegati d'Aula dei gruppi se convengono sull'opportunità di passarvi subito, cioè di anticipare.
    Se non vi sono obiezioni, procediamo in tal senso.

  • Nel settantesimo anniversario della firma dell'Accordo Italia-Germania sul lavoro transfrontaliero (ore 13,03). (ore 13,03)
    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Secondo quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo di ieri, avranno ora luogo interventi in occasione del settantesimo anniversario della firma dell'Accordo tra Italia e Germania sui lavoratori transfrontalieri.

    Ha chiesto di parlare il deputato Toni Ricciardi. Ne ha facoltà.

    TONI RICCIARDI

    TONI RICCIARDI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Era il giugno del 1955, eravamo a Messina, e, per la prima volta, la Germania capì che aveva bisogno di forza-lavoro. Immaginava di poter supplire con il rientro dei profughi da Est - 12, 13 milioni - ma si capì che, per rilanciare l'economia tedesca che usciva massacrata dal secondo conflitto mondiale, aveva bisogno di braccia, di donne e di uomini.

    Il 20 dicembre esattamente di settant'anni fa verrà siglato il 1° Accordo per la Germania, il 16° dell'era repubblicana per l'Italia, il 183° per l'Italia in generale, tra Italia e Germania per lo scambio e la collaborazione in materia di lavoro.
    Guardate, quell'Accordo segnò probabilmente la chiusura della stagione d'oro degli accordi di emigrazione, inaugurata nel 1946, con il famoso Accordo con il Belgio, proseguita con gli accordi con l'Argentina, la Svizzera, la Francia, con mezzo mondo, che erano lì a testimoniare come l'emigrazione rappresentasse una leva economica per la neonata Repubblica. Non a caso, noi siamo una delle poche Costituzioni che, all'articolo 35, nel Titolo III rubricato “Rapporti economici”, sancisce la libertà di emigrazione.
    Quell'Accordo aprì le maglie: fu inaugurato nel 1956 il Centro emigrazione di Verona, al quale fu affiancato nel 1960, per sei anni, quello di Napoli; la Germania diventava la grande direttrice.
    Oggi in Germania vive la seconda comunità più numerosa al mondo: un milione di italiani e italiane; seconda solo all'Argentina. Poi, questa storia e questo percorso si legano anche a una stagione, quella dei gastarbeiter, che seguirà quella dei magliari. E la domanda che, per tanti decenni, molti si sono posti è: quanto valeva un gastarbeiter? Nasce nel 1961 il muro di Berlino e, allora, le porte delle fabbriche verranno aperte anche agli italiani; e, se c'è stata una traiettoria di successo dell'automotive a Stoccarda, a Monaco, a Wolfsburg, lo si deve al sacrificio e al lavoro di centinaia di migliaia di italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) che sono partiti con le valigie di cartone e che hanno contribuito alla grandezza e alla rinascita della Germania e con le rimesse alla ripresa dell'Italia.
    Ed è per questa ragione che, a distanza di settant'anni, nel luogo massimo d'espressione della democrazia italiana, noi riconosciamo quel sacrificio di milioni di italiane e di italiani che, in un momento molto particolare della storia, attraverso il loro sacrificio, hanno riunito due Paesi, due Nazioni e due popoli affinché non si assistesse più - e mai più - alle tragedie che abbiamo vissuto nello spazio europeo.
    Quindi, per questa ragione che vi siano altri settant'anni di collaborazione tra Italia e Germania e che venga riconosciuto definitivamente il sacrificio di milioni di italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)!

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giangiacomo Calovini. Ne ha facoltà.

    GIANGIACOMO CALOVINI

    GIANGIACOMO CALOVINI (FDI). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, sono passati settant'anni da un'importante firma di quello che è stato un Trattato storico per quanto riguarda non soltanto i rapporti tra Italia e Germania, ma soprattutto per quanto riguarda un argomento così delicato, come l'emigrazione italiana di quegli anni, in un contesto storico, dopo la Seconda guerra mondiale, nel quale l'Italia faticava a uscire da alcune problematiche che si trascinava da parecchio tempo; mentre, invece, in Germania, soprattutto in quella che era la Repubblica federale tedesca, cresceva sempre di più un'economia basata sulla siderurgia, sulla meccanica che necessitava di tante persone particolarmente qualificate, come potevano essere quelle italiane in quel momento e in quel contesto.

    Stiamo parlando di un Accordo che ha rappresentato circa 500.000 italiani che sono emigrati, che si sono inseriti, integrati all'interno del contesto sociale, del contesto storico sicuramente non facile ma che, ancora oggi, sono patrimonio di una comunità che ha lasciato il segno e che lascerà sempre il segno. E mi permetto anche di ricordarla in un momento storico in cui Italia e Germania, settant'anni dopo, stanno facendo e affrontando una sfida non tanto differente e faccio riferimento alla crisi della siderurgia che tanto aveva rappresentato in quel periodo e in quel momento.
    È notizia di pochi giorni fa la chiusura, per la prima volta, di una fabbrica della Volkswagen, vicino Dresda, che, dopo 88 anni chiude i battenti lasciando a casa tantissimi concittadini italiani, che sono venuti in quel periodo, e tanti operai che perdono un lavoro, a cui sono particolarmente legati, in un momento non facile come questo. Così sono fortemente convinto che oggi, come allora, Italia e Germania possano e debbano affrontare una serie di sfide affinché l'eredità sia migliore per noi, per loro e per tutto il contesto europeo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Simone Billi. Ne ha facoltà.

    SIMONE BILLI

    SIMONE BILLI (LEGA). Grazie, Presidente. Nei giorni scorsi sono stato a Stoccarda per celebrare il settantesimo anniversario degli Accordi di manodopera tra Italia e Germania, un passaggio storico che ha cambiato la vita di migliaia di famiglie italiane. È stata un'iniziativa organizzata dal Comites di Stoccarda, insieme al consolato e alle realtà associative del territorio. Voglio ringraziarli, a partire dal presidente Gino Bucci, e dalla console Laura Lamia. È stata proiettata una videointervista, realizzata da Maurizio Palese, a 12 anziani della vecchia migrazione. Presidente, sono storie di lavoro duro, di coraggio, di sacrifici pagati spesso in silenzio. Con l'occasione ho incontrato Giannino, che mi ha detto: “sono qui da sessant'anni, ho tre figli, nipoti, sono sistemati, hanno tutti un buon lavoro”. E ogni volta, cari colleghi, da immigrati come lui torna la stessa frase: “sono partito per un solo motivo, per dare un futuro migliore ai miei figli”.

    Ecco, cari colleghi, Presidente, il cuore di questi accordi: non solo una firma tra Governi, ma vite reali, fatte di coraggio e soprattutto di sacrifici, valigie chiuse in fretta, treni presi con la paura addosso, giornate in fabbrica, in cantiere, nelle officine; genitori che hanno scelto la fatica per consegnare ai propri figli un futuro migliore (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
    Giannino mi ha detto anche: “all'inizio non è stato facile”. Per la prima generazione, cari colleghi, è stato in verità molto duro. Eppure, se oggi la comunità italiana in Germania è stimata e se il nostro Paese è rispettato in Germania è soprattutto grazie a loro.
    Per questo in quest'Aula, Presidente, voglio dire una parola semplice e chiara: “grazie” (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Grazie a queste donne e uomini, ai pionieri della nostra emigrazione in Germania. E poi ci siete voi, giovani di seconda generazione, nuove famiglie, bambini nati da poco, persone serie, integrate, che non dimenticano le radici e rafforzano ogni giorno il legame tra Italia e Germania: anche a voi dico “grazie” perché trasformate un sacrificio del passato in una forza per il futuro.
    Sono tornato quindi a Stoccarda, Presidente, con una certezza: su questi temi non servono slogan, serve presenza. Quando c'è da risolvere problemi concreti delle nostre comunità, non devono esserci bandiere di partito. Deve esserci lo Stato unito, vicino ai suoi cittadini ovunque si trovino. Onorare quegli accordi, pertanto, significa onorare chi ha aperto la strada con sacrifici enormi e chi oggi la porta avanti con coraggio (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Tenerini. Ne ha facoltà.

    CHIARA TENERINI

    CHIARA TENERINI (FI-PPE). Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, a settant'anni dall'Accordo tra Italia e Germania del 20 dicembre 1955 per il reclutamento e il collocamento della manodopera italiana ricordiamo una pagina importante della nostra storia repubblicana. Una storia fatta di partenze, di sacrifici e di integrazione costruita giorno per giorno.

    Per migliaia di famiglie italiane quell'Accordo significò lavoro e dignità in una fase in cui il Paese cercava di consolidare la crescita e, insieme, di ridurre squilibri territoriali e sociali. Per la Germania, impegnata nella ricostruzione postbellica e nello sviluppo industriale, significò poter contare su competenze, serietà e capacità di adattamento; soprattutto, per entrambi i Paesi significò trasformare un bisogno economico in un percorso politico e umano, creare legami, comunità e reciprocità.
    Quando si parla di quel periodo si rischia talvolta di semplificare. Non fu un cammino facile: ci furono condizioni di lavoro dure, difficoltà linguistiche, solitudini, episodi di discriminazione e, al tempo stesso, ci furono storie di riscatto; persone che hanno costruito imprese, professionalità, percorsi di studio per i figli; associazioni che hanno tenuto insieme identità e integrazione, reti familiari e comunitarie che hanno fatto da ponte tra due società.
    Oggi la comunità italiana in Germania è una realtà stabile e vitale. È parte integrante dell'Italia che vive all'estero e, insieme, è parte di quel tessuto europeo che si regge non solo su trattati e istituzioni ma anche sulla vita concreta delle persone.
    L'amicizia tra Italia e Germania non è un dato astratto, è un patrimonio costruito anche grazie a quelle donne e a quegli uomini che, con una valigia e con coraggio, hanno reso più vicini i due Paesi.
    Ricordare quell'Accordo significa anche assumere un impegno attuale: rafforzare la protezione e i servizi per i nostri connazionali all'estero, valorizzare le competenze e le professionalità che si muovono oggi in Europa, sostenere una mobilità ordinata e qualificata che non diventi impoverimento per i territori di origine; e significa, in prospettiva, rendere ancora più solide le relazioni economiche, industriali e culturali tra Italia e Germania, in una fase in cui l'Europa ha bisogno di serietà, realismo e unità.
    A nome del mio gruppo, rivolgo un pensiero riconoscente a chi partì allora e a chi oggi continua a costruire con il proprio lavoro un ponte tra i nostri Paesi. È anche grazie a loro se l'Europa non è solo un progetto ma una comunità di destino (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ferrara. Ne ha facoltà.

    ANTONIO FERRARA

    ANTONIO FERRARA (M5S). Signor Presidente, colleghi, colleghe, oggi ricordiamo i settant'anni dell'Accordo bilaterale tra Italia e Repubblica federale della Germania per il reclutamento della manodopera italiana, concluso a Roma il 20 dicembre del 1955. Parliamo di lavoratori e lavoratrici che attraversarono i confini non per piacere, ma per vivere e sostenere le proprie famiglie. Immaginiamo quella scena: una valigia di cartone, la stazione, un saluto trattenuto, un contratto incomprensibile, una lingua da imparare in corsa. E quell'Accordo non è solo un documento, è la storia degli italiani, che hanno costruito fabbriche e servizi, che hanno pagato contributi e mandato rimesse, facendo crescere i due Paesi. L'Europa è nata dal lavoro.

    Ma commemorare non può essere nostalgia, deve essere responsabilità. Da progressisti, come MoVimento 5 Stelle, diciamo una cosa semplice: la mobilità del lavoro non può diventare mobilità dei diritti al ribasso. Oggi i rischi si richiamano: precarietà, salari compressi, sicurezza trattata come un costo, barriere linguistiche, tutele che si perdono tra burocrazie. Se questa ricorrenza deve avere un senso politico, le parole chiave sono tre: dignità, con lavoro uguale, diritti uguali e sicurezza uguale; continuità dei diritti, contributi pensione, assistenza e tutela familiare, portabili e accessibili non solo sulla carta; e comunità, lingua, integrazione, scuola e servizi consolari come infrastrutture sociali.
    E qui arriva il presente. È facile riempirsi la bocca di italiani all'estero nelle foto di rito; è più scomodo rafforzare i servizi, semplificare le pratiche, difendere i diritti sul lavoro, contrastare il dumping, investire su sicurezza e buona occupazione. Diciamolo con garbo: sulle celebrazioni la maggioranza è puntualissima, sulle politiche coerenti spesso scopre una prudenza che ricade, guarda caso, su chi lavora.
    Lo dico anche per esperienza: a 19 anni sono andato a lavorare all'estero, non in Germania, in Inghilterra. E lì capisci subito che la differenza la fanno i diritti, le tutele, i servizi e il rispetto. Il modo più serio per onorare quella storia è un impegno attuale: nessun lavoratore deve perdere diritti solo perché attraversa un confine. Memoria diventa giustizia sociale, qui ed ora (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Onori. Ne ha facoltà.

    FEDERICA ONORI

    FEDERICA ONORI (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Quest'anno ricorrono i settant'anni dall'Accordo bilaterale tra Italia e Germania, che risale al 1955. Un passaggio che ha inciso in modo strutturale sulla storia economica, sociale, politica e culturale dell'Italia e della Germania. Quegli accordi nacquero con un obiettivo preciso e molto concreto: regolare i flussi di manodopera italiana verso la Germania, garantendo diritti, tutele e un quadro di cooperazione stabile. Non era un atto simbolico, era una risposta pragmatica a un'esigenza comune, in un'Europa che stava ricostruendo se stessa.

    Oggi il rapporto tra Italia e Germania è solido e strutturato: dalla cooperazione politica ed economica al coordinamento europeo su industria, energia e sicurezza, la Germania resta il primo partner commerciale dell'Italia ed è uno dei nostri interlocutori chiave nei principali dossier europei. Ma le relazioni italo-tedesche non si esauriscono nei vertici tra Governi o nei trattati. Nelle ultime settimane, proprio per la celebrazione dei settant'anni da questi importantissimi accordi, sono state organizzate, spesso dai Comites - i rappresentanti degli italiani all'estero a livello locale -, delle celebrazioni e degli eventi molto importanti in Germania. Io ho avuto il piacere e l'onore di andare fisicamente a Norimberga e a Dortmund. Ho incontrato comunità diverse per età, per storie e per percorsi, ma accumunate da un dato evidente: la presenza italiana in Germania non è una realtà del passato, è una componente viva e attuale delle nostre relazioni bilaterali.
    Oggi in Germania risiedono circa 847.000 cittadini e cittadine italiani. È una delle comunità italiane più numerose nel mondo e, certamente, la più rilevante in Europa. Parliamo di lavoratori, famiglie, studenti, professionisti, imprenditori, pensionati. Una comunità plurale che contribuisce in modo concreto all'economia, alla società e alla vita culturale tedesca, mantenendo, al tempo stesso, un legame fortissimo con l'Italia.
    È ciò che possiamo definire diplomazia delle comunità: la cura dei rapporti bilaterali attraverso l'attenzione reciproca alle collettività residenti. L'Italia si prende cura dei cittadini tedeschi sul proprio territorio e la Germania fa lo stesso con la comunità italiana, ma questa diplomazia ha anche una dimensione, forse, più profonda: garantire che le nostre comunità all'estero non si sentano periferiche o dimenticate, ma parte integrante della Repubblica italiana. Un aspetto particolarmente rilevante per chi, come me, è eletto nella circoscrizione Estero e rappresenta cittadini italiani che vivono stabilmente in Europa.
    Su questo aspetto il Parlamento ha una responsabilità: lavorare sulle esigenze concrete dei connazionali all'estero. Servizi consolari più accessibili, documenti, cittadinanza, stato civile, voto, mobilità, diritti sociali sono temi che incidono direttamente sulla vita delle persone e che non possono essere trattati come questioni marginali.
    Questo anniversario ci ricorda, quindi, una cosa essenziale: che questa relazione è stata resa possibile e duratura dalle nostre comunità all'estero. È lì che dobbiamo ripartire per guardare al futuro (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Mari. Ne ha facoltà.

    FRANCESCO MARI

    FRANCESCO MARI (AVS). Grazie, Presidente. Facciamo bene a fare questa commemorazione con le parole che ha usato, tra l'altro, il collega Ricciardi, perché noi riconosciamo innanzitutto, oggi, un sacrificio, un grande sacrificio fatto dai lavoratori italiani in Germania.

    I lavoratori italiani in Germania erano 20.000 nel 1950 e, poi, nel 1960, dopo l'Accordo, diventeranno 200.000 - quindi saranno quasi la metà di tutti i lavoratori in ingresso in Germania - e, alla fine, nel 1970, arriveranno a essere circa 574.000. Quindi, più di un milione di lavoratori italiani sono emigrati in Germania in quegli anni.
    Oggi, in questa commemorazione, parliamo della ratifica dell'Accordo Italia-Germania sui lavoratori transfrontalieri. In realtà, questa definizione andrebbe un pochino rivista, perché l'Accordo del 1955 aveva un titolo preciso: era “(…) per il reclutamento ed il collocamento di manodopera italiana nella Repubblica Federale di Germania”. Reclutamento e collocamento di manodopera: perché i lavoratori italiani costretti ad emigrare, la loro forza lavoro, furono la nostra merce, in qualche modo, per compensare lo sbilancio commerciale con la Germania. Furono una delle nostre risorse per incrementare la ricchezza nazionale tramite le rimesse, nonché, tramite l'emigrazione, una delle leve per diminuire il tasso di disoccupazione nazionale.
    Questi accordi, come altri, contribuirono senza dubbio a determinare un processo e un sistema di collaborazione tra gli Stati europei e una sempre più stretta collaborazione e integrazione economica che, nella sua evoluzione, giungerà, poi, all'Unione europea come oggi la conosciamo. Oggi l'Unione europea ha costruito, per i cittadini degli Stati membri, una identica cornice di diritti e di tutele che, evidentemente, al tempo non esisteva.
    Nel commemorare i settant'anni di questo Accordo, non si dovrebbe dimenticare e non si deve dimenticare che, nel 1955, la forza lavoro di milioni di italiani costretti all'emigrazione era considerata, appunto, esplicitamente una merce. I lavoratori italiani emigrati in Germania hanno conosciuto per anni questa condizione di inferiorità di diritti: condizioni salariali inferiori, alloggi temporanei collettivi, impossibilità di ricongiungimenti familiari, esclusione da molte delle prestazioni pubbliche, scarsa possibilità di inclusione a lungo termine. Molti non ce l'hanno fatta, molti si sono arresi, sono tornati indietro, alcuni, tanti, sono morti sul lavoro. L'integrazione nella società tedesca, il pieno riconoscimento dei loro diritti, mentre contribuivano alla impetuosa crescita economica della Germania, fu, quindi, lunga, difficile e dolorosa: una lezione della storia che, essendo noi un Paese di immigrazione ed emigrazione, sembriamo talvolta aver dimenticato. Noi siamo terra di migranti, Presidente. Proprio sulla base di questa lezione, dobbiamo anche essere un Paese capace di rispettare chiunque sia costretto a lasciare la propria terra per un lavoro, in grado di garantire a sé e alla propria famiglia un futuro migliore (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

    PRESIDENTE (RAMPELLI Fabio)

    PRESIDENTE. Sospendiamo la seduta, che riprenderà alle ore 14, a partire dello svolgimento dell'informativa urgente del Governo sullo stato di avanzamento della nuova modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina, odontoiatria e veterinaria. La seduta è sospesa.

  • Missioni.
    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta sono complessivamente 92, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta in corso.

  • Informativa urgente del Governo sullo stato di avanzamento della nuova modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina, odontoiatria e veterinaria.
    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una informativa urgente del Governo sullo stato di avanzamento della nuova modalità di accesso ai corsi di laurea in medicina, odontoiatria e veterinaria.

    Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi - per sette minuti ciascuno - e delle componenti politiche del gruppo Misto - per un tempo aggiuntivo - in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica.

    (Intervento del Ministro dell'Università e della ricerca)

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'Università e della ricerca, Anna Maria Bernini.

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, mi sono permessa di sollecitare oggi questa informativa, già richiesta in occasione del primo appello del 20 novembre, sulla nuova modalità di selezione degli studenti di medicina, odontoiatria e veterinaria perché ritengo sia venuto il momento non solamente di portare all'attenzione di questo Parlamento, che mi ha delegato alla realizzazione della riforma sulla base di principi e criteri direttivi ben definiti… non solo sia venuto il momento di una rendicontazione ma anche, direi, di un patto di chiarezza e quindi di rassicurazione per tutti gli studenti, le famiglie e tutte le persone che stanno osservando lo sviluppo di questa riforma, stanno leggendo, stanno vedendo iniziative social dedicate a questa riforma, su cui sarei molto lieta di condividere con voi alcune riflessioni e, naturalmente, di ascoltare le vostre considerazioni e osservazioni.

    Direi che la prima cosa da fare insieme sia ricordare da dove siamo partiti. Quando nel 2022 mi sono insediata al Ministero, gli accessi alla facoltà di medicina erano 12.000 a fronte di 60.000 richieste. Il sistema era decisamente chiuso, non solamente sulla base di un numero definito di accessi ma anche per le modalità di selezione dei candidati successivamente destinati a entrare a medicina. Selezione non formante, basata su elementi non significativi né attinenti rispetto alla vocazione che ciascuno studente deve avere per accedere alla facoltà di medicina e proseguire lì il suo percorso. Test dedicati a una caratterizzazione dei candidati non fondata sul merito ma, soprattutto, sull'apprendimento mnemonico. Un aspirante medico si trovava a rispondere a quesiti che tutti voi conoscete, ma che non è mai sufficientemente importante ricordare, come: “Chi è l'autore del romanzo fantasy Il Signore degli Anelli?”; “Quale famosa pubblicazione fu espressione del pensiero illuminista in Italia?”; “Calcola con esattezza la traiettoria del volo della gazza”; “Constitutio de feudis o Edictum de beneficiis: quale sembra al candidato che fosse l'obiettivo descritto in questo testo?”. Mi fermo. Li conoscete.
    Sono stati oggetto da parte vostra, da parte nostra, di una serie di critiche non solamente fondate ma caratterizzanti una letteratura parlamentare, disegni di legge, provenienti da ciascun gruppo parlamentare qui rappresentato per superare questa iniquità. Ognuno di noi ha espresso la sua posizione, il suo parere. Ha ritenuto che fosse arrivato il momento di cambiare un sistema - quello dei test ghigliottina - non di accesso ma di privativa dell'accesso all'università perché erano test celebrati fuori dai cancelli dell'università, sulla base di parametri, come dicevo, non definiti per formare ma per selezionare su criteri discutibili e, soprattutto, oggetto di una formazione extra curriculare ed extra universitaria che ha dato luogo ad un mercato della speculazione che tutti noi conosciamo, che tutti noi abbiamo stigmatizzato, che tutti noi vogliamo evitare, che è stata sicuramente abbattuta da ciò che vi dirò nel prosieguo, ma che tutti noi dobbiamo continuare, come obbligo morale, non solo a stigmatizzare ma ad evidenziare come la malattia della formazione extra universitaria.
    Non si può consentire a società che formano alla preparazione mnemonica di test senza contenuti di speculare sull'ansia degli studenti (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e di vivere la sofferenza, far vivere le famiglie di questi studenti la sofferenza di costi che non corrispondono ai risultati. Perché i costi non hanno mai corrisposto ai risultati. E ancora, ciascuno di noi ha detto in qualche momento della sua storia politica, parlando del test di medicina, della natura profondamente classista dello stesso; un test che non solo selezionava su presupposti contenutistici sbagliati, ma selezionava per casta. Chi poteva permettersi una formazione costosissima, pur se inutile perché basata solamente su un esercizio di memoria e non sulla preparazione, su contenuti dedicati alla medicina, aveva più opportunità. Chi non poteva permetterselo doveva affidarsi al caso. La platea è rimasta sostanzialmente uguale - la platea degli istanti, di coloro che chiedono di iscriversi a medicina - ma è profondamente cambiata la modalità. Un sistema iniquo perché caratterizzato non solamente da una modalità non compatibile con la visione di uno studente al centro del sistema, ma capace di sacrificare le potenzialità dei nostri atenei che stanno, da un lato, affinando la loro offerta formativa, perfezionando sempre di più la loro capacità di adeguarsi a un mondo che cambia continuamente, adottando nuove tecnologie, creando professionisti sempre più tarati sui mercati di riferimento; e, dall'altro, invece, università che vivono la sofferenza demografica, inevitabile, di una perdita di iscrizioni e, ancor peggio, di una perdita di vocazione e di una perdita di studenti già iscritti.
    Quindi, questo Governo e questa maggioranza …che voglio ringraziare per la determinazione con cui ha voluto la riforma, ha colto tutti questi elementi, li ha messi insieme e ha compreso che, dopo 25 anni, non era opportuno, appropriato, ma doveroso cambiare per mettere insieme una serie di tasselli che sono alla base della missione dell'università: renderla più accessibile.
    All'interno dei lavori parlamentari che abbiamo vissuto insieme - perché ovviamente il Ministero ha partecipato ai lavori del Parlamento sulla legge delega - si è aperta una discussione sulla natura del numero chiuso: è opportuno superare il numero chiuso? È opportuno aprire il numero chiuso? Per quanto ci riguarda la scelta che è stata fatta è quella di rendere l'università più accessibile, non rendendo però contestualmente, attraverso un'apertura indiscriminata, la formazione meno fruibile.
    Questo è il motivo per cui la scelta di questa riforma è stata nel senso di portare ad un'apertura sostenibile, programmata, ma anno per anno sempre più vocata all'inclusività, il numero degli iscritti a medicina. Ripeto i numeri, e me ne scuso, non per pedanteria, ma perché i numeri hanno la testa dura: nel 2022 i posti della graduatoria a medicina erano 12.000, ora sono 24.026. Li abbiamo raddoppiati. Non sarebbe possibile aprire indiscriminatamente le porte dell'università, non sarebbe altresì possibile lasciarle indiscriminatamente chiuse o socchiuse, o ancora di più fingere di aprirle.
    E su questo vorrei chiarire un po' di elementi che sono emersi dal dibattito extraparlamentare di questi giorni, anzi, di queste settimane. Il 1° settembre 2025, proprio a seguito della delega che ho avuto l'onore di ricevere da questo Parlamento, 44 atenei italiani hanno aperto le porte a 55.000 studenti. Quindi non è stato il tempo autunnale della celebrazione del test ghigliottina che selezionava lì e allora, senza formare un certo numero di candidati.
    Questa riforma voluta da voi, dalla maggioranza di voi, ha trasformato i “candidati” in “studenti” (Commenti dei deputati Quartini e Giachetti). Si è opinato, si è discusso sul fatto che il semestre che noi abbiamo qualificato come tale lo sia effettivamente. Si parte dal 1° settembre, i primi appelli di quest'anno si sono tenuti il 20 novembre, i secondi appelli a dicembre, la graduatoria, i risultati degli ultimi appelli arriveranno intorno a lunedì, la graduatoria sarà completata il 12 gennaio e a partire dal 12 gennaio tutti gli studenti e le studentesse inseriti nella graduatoria avranno contezza della loro sede di destinazione.
    E a seconda del modo in cui si sono posizionati negli esami che hanno sostenuto, esami che non sono più test selettivi ghigliottina, ma sono esami di profitto, entreranno nella graduatoria con tre voti pieni, due voti pieni e un debito formativo, un voto pieno e due debiti formativi, che verranno escussi, com'è naturale che sia, perché è dal 2004 che questo avviene, non già a livello nazionale, ma nei singoli atenei di assegnazione.
    Era molto importante per me condividere con voi questo percorso perché - e qui mi permetterò una piccola chiosa, ma solo per fare chiarezza sotto il profilo giuridico, non perché in questo momento io voglia fare l'avvocato, ma perché anche di ricorsi si è tanto parlato nel dibattito extraparlamentare - vorrei rassicurarvi anche sulla fondatezza di alcune cose che sono state dette e di alcune patologie che sono state rilevate, soprattutto sui social, anzi, sulla non fondatezza.
    Dicevo, gli studenti hanno sostenuto esami di profitto, non test; si sono formati, si sono formati per due mesi e mezzo, in presenza in parte, a distanza in parte. Sono entrati nell'università, hanno incontrato i loro docenti, a differenza di quello che accadeva in passato hanno corrisposto la somma di 250 euro, non a fondo perduto, come capitava per i test, senza parlare dei costi spaventosi che dovevano sostenere per frequentare quelle famose società di profitto di cui prima si diceva; hanno pagato 250 euro, che è l'anticipazione dei loro ratei universitari e hanno gratuitamente acceduto ai materiali di preparazione. Gli appelli si sono sostenuti e i risultati sono stati conseguiti.
    Saranno “matchati”, come dicevo, nella graduatoria e daranno luogo non solamente alla sede di destinazione, ma anche alla allocazione del diritto allo studio che noi abbiamo riconosciuto. All'interno di questa riforma c'è un riconoscimento del diritto allo studio su base reddituale, come nel caso di qualsiasi studente, che noi non confondiamo come nel caso - e qui consentitemi una tecnicalità - della normale tempistica di “scivolamento” che caratterizzava i test di medicina per vedere chi veniva posizionato, in quale sede e su quale sede avrebbe avuto la sua borsa di studio o il suo bonus residenziale. A partire dal 12 gennaio, lo studente sarà assegnatario di una sede e del proprio diritto allo studio in quella sede.
    Quindi, volendoci collocare in un processo a tre fasi - ieri sono stata interrogata da alcuni colleghi e, per semplificare, ho specificato che questa riforma è un processo a tre fasi -, abbiamo superato una fase e mezzo; abbiamo fatto due appelli con esami di profitto; abbiamo acquisito il risultato finale degli esami di profitto. L'esame di profitto sarà inserito in una graduatoria, la graduatoria ci darà i posizionamenti, ma su questo io voglio essere molto chiara, a questo punto parlando non solo tra di noi, a noi, ma parlando a chi si è preoccupato in queste settimane di poter rimanere escluso: la graduatoria sarà riempita (Commenti di deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe), tutti i posti della graduatoria saranno riempiti entro il 28 febbraio, con voti pieni o con debiti formativi, escussi nelle sedi di appartenenza, nelle sedi di destinazione entro il 28 febbraio.
    Non ci saranno esclusioni: 24.026 posti di graduatoria saranno riempiti, nessuno rimarrà a piedi. Non sono previsti studenti che perdono l'anno - non sono previsti studenti che perdono l'anno -, non si perderà l'anno accademico. All'atto dell'iscrizione, con 250 euro, gli studenti si sono iscritti anche a corsi affini. Ne cito uno o due: biotecnologie, infermieristica, temi legati alle scienze della vita, che sono un altro modo di fare cura e, soprattutto, rispetto alla biotecnologia, sono un modo per combinare la formazione di un medico che - e su questo farò un'ulteriore chiosa prima di salutarvi - gli studenti hanno molto meglio presente di noi.
    Qualche giorno fa ho fatto un incontro con tutte le rappresentanze studentesche che si sono costituite nel Ministero che mi onoro di servire, il Consiglio nazionale degli studenti universitari, che hanno manifestato con molta chiarezza non solamente alcune evidenze rispetto all'applicazione di questa norma, dando suggerimenti, ma hanno anche dimostrato di essere molto consapevoli di come la scienza medica stia evolvendo e di come noi dobbiamo essere in grado, anche attraverso l'inclusione di materie affini, di rispondere ai bisogni di una cura che cambia modalità giorno dopo giorno.
    Quindi, ripeto, su 55.000 studenti, che non sono più “candidati”, noi abbiamo trasformato - perdonatemi la pedanteria - 55.000 candidati ghigliottinati fuori dai cancelli dell'università in 55.000 studenti formati, che hanno sostenuto esami di profitto (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE, Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier), che hanno conseguito crediti formativi che potranno trasferire ovunque, non solo sulle materie affini che loro hanno scelto all'atto dell'iscrizione, ma su qualsiasi altra facoltà o corso di laurea decidessero di opzionare, ove ritenessero di fare scelte diverse.
    Dopo avere esaminato una fase e mezzo, naturalmente rimango vostra debitrice del completamento della riforma, ma ci tenevo che questo fosse molto chiaro, ripeto, non solamente a noi, ma soprattutto a chi ci guarda da fuori e sta vivendo un allarmismo ingiusto. Lo ripeto, nessuno perderà l'anno, gli studenti si stanno formando.
    Questa è una riforma assolutamente innovativa, promessa da 25 anni, che noi abbiamo fatto assumendoci l'onere di una riforma che, come tutte le riforme innovative, è suscettibile, sulla base di dialogo, di aggiustamenti e caratterizzazioni, sulla base dell'esperienza. Le riforme camminano sulle gambe degli studenti. Noi non potevamo prevedere, non avendo purtroppo il dono della divinazione, come gli studenti si sarebbero collocati in graduatoria, quante sedi avrebbero opzionato e, soprattutto, quanti sarebbero stati all'accesso.
    Quindi abbiamo dovuto prevedere una sorta di scenari alternativi o scenari concomitanti, per fare in modo di coprire tutto il possibile ventaglio di possibilità. Non ci sono sanatorie, anche qui ho visto pezzature posizionate per salvare situazioni che sono state definite, immagino saranno definite nel dibattito oggi, con aggettivi che poi sono sempre quelli, in realtà, perché sono aggettivi che ho visto applicati anche agli altri test. Da quando sento parlare di accesso a medicina, gli aggettivi che vengono utilizzati sono sempre quelli, con la differenza che questa volta è cambiato tutto.
    Questa è una differenza non irrilevante. Questa volta è cambiato tutto: gli studenti sono dentro. La riforma è perfettibile? Certamente. Possiamo cambiare le modalità, che non sono nostre, ma dei singoli atenei, con più tempo rispetto a quello che abbiamo avuto a fine maggio per mettere il 1° settembre in aula 55.000 studenti; possiamo chiedere agli atenei, su sollecitazione degli studenti, di identificare modalità di programmazione degli appelli, della didattica, diverse da quelle che sono state organizzate per questa prima applicazione della riforma.
    Le domande: altro tema su cui sono state evidenziate criticità dagli studenti, non solamente dal dibattito meta-parlamentare, ma soprattutto - ed è la cosa mi sta più a cuore - dagli studenti che abbiamo ascoltato singolarmente, in gruppo, ma soprattutto nei luoghi utili dell'ascolto - utili dell'ascolto -, cioè i luoghi dove ci si parla e ci si ascolta. Quelli sono i luoghi utili dell'ascolto. Ho fatto una riunione, ripeto, straordinariamente edificante (Commenti della deputata Piccolotti), interessante, di più di 3 ore e mezza, con studenti, rappresentanti delle loro categorie, di tutte le loro categorie di appartenenza accademica e di attività politica all'interno delle università e sono emersi elementi interessantissimi.
    Noi non possiamo, come sapete - questo me lo avete chiesto voi -, incidere sull'autonomia delle università; questo me lo chiede la Costituzione, in realtà. Le università sono autonome, però voi, Parlamento, mi avete chiesto, giustamente, per garantire l'equità di trattamento di tutti i candidati, di predisporre una graduatoria nazionale. Lo abbiamo fatto. La graduatoria nazionale presuppone un'omogeneizzazione sia dei contenuti della didattica sia delle domande. Tutti devono formarsi, più o meno, sulla base degli stessi criteri e avere domande omogenee.
    Predisposte da chi? Certamente non dal Ministero, ma da una commissione di professori universitari che predispone le domande, ce le dà in plico sigillato e predispone il materiale preparatorio, definito Syllabus, che in realtà è il materiale su cui si preparano gli studenti, lo ripeto, gratuitamente, a disposizione di tutti. Altro dibattito meta-parlamentare: non era reperibile. Era reperibile sul sito di UniversItaly, esattamente dove si sono iscritti gli studenti per partecipare all'esame, ed era reperibile sui diversi siti dei singoli atenei.
    Abbiamo predisposto una piattaforma di simulazione, attiva da luglio, in cui continuamente - ci abbiamo provato anche noi -, avendo luglio, agosto, simulavamo con domande che ritenevamo fossero simili - noi non conoscevamo le domande, effettivamente in parte lo erano -, facevamo simulare gli studenti su domande preparatorie alle domande dei test.
    Prima di passare all'ultima parte di questa mia informativa, che ritengo veramente di dovervi, non a voi, non solo a voi, ma a tutti, vorrei chiarire alcuni aspetti che hanno un po' - perdonate l'espressione - “maramaldeggiato” durante il primo appello, in particolare un elemento che, secondo me, non giova alla reputazione degli studenti. Si è detto - diciamo che quello che si dice sui giornali è anche un po' una eco tra di noi - che tutti gli studenti avessero copiato, sul presupposto che alcuni compiti fossero usciti durante la realizzazione delle prove di esame.
    Questa non è una cosa da trattare con leggerezza o da utilizzare come strumento di propaganda. Questi sono reati e come tali vanno trattati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Di conseguenza, il Consorzio interuniversitario CINECA, che si è occupato della gestione attraverso il supercalcolo delle prove di esame, ha dimostrato per tabulas che quello che è stato detto sui social è diffamante nei confronti degli studenti. Sono usciti solo due compiti di due università identificate e in un tempo successivo rispetto alle prove di esame.
    Si sono attivati dei crawler, sia CINECA sia Amazon hanno fatto una potentissima ricerca sui siti, su tutti i social, verificando milioni di dati, e abbiamo accertato una cosa molto positiva, cioè che non ci sono state uscite di parole chiave richieste durante le prove di esame e, magari, evocative di qualche contenuto oggetto della domanda di esame. Non è così. Dalle 2 del pomeriggio in poi sono partite delle ricerche su Google compatibili con le domande che avevano appena finito di compilare.
    È evidente che gli studenti stavano cercando di capire se avevano fatto bene o male il loro compito d'esame. Non durante. Non sono usciti compiti. Invece, una cosa molto preoccupante, che attiene, in parte, a tutti gli interessi che abbiamo in qualche modo disturbato, sicuramente l'interesse dei “ricorsifici” non ci guarda con simpatia. CINECA ha segnalato, ovviamente alla Polizia postale, perché si tratta di reati, una serie di tentativi di accesso alle domande - la gestione delle domande avveniva tramite CINECA -, accessi che saranno valutati come tali. Non sono riusciti ad accedere.
    L'accesso è stato negato, ma si riuscirà a risalire ai soggetti che hanno tentato di fare questi accessi - è un reato - e, soprattutto, si risalirà ai soggetti che hanno fatto phishing, riproponendo notizie false. Qui stiamo parlando, ripeto, di una graduatoria nazionale, della vita di studenti, della serenità, dell'ansia, del disagio mentale di studenti e delle loro famiglie generato da notizie fake, che sono state prodotte a strascico per motivi di interesse, per motivi di interesse economico, e anche questo sarà oggetto (Commenti del deputato Casu), non già dell'attività del Ministero: noi non siamo competenti.
    Ma vorrei che le famiglie e gli studenti che ci ascoltano sapessero, insieme al primo dato, ossia che la graduatoria sarà completata, non si perderà l'anno, tutti avranno un'opportunità, e quindi che le università avranno più studenti e gli studenti avranno più opportunità, che l'altro elemento da aggiungere all'operazione verità è: non ci sono state violazioni delle prove di esame, bensì notizie fake, bolle fake, artatamente procurate per inquinare e disinformare questa fase, così importante, di realizzazione della riforma.
    Questa è la realtà, che, per quanto ci riguarda, è tranquillizzante, perché (Il deputato Casu: “Non è tranquillizzante!”)… Colleghi, io vi chiedo scusa, mi rivolgo al Presidente. Io sono qui non perché voi mi abbiate chiamato di nuovo, ma perché ritengo doveroso fare quello che sto facendo, perché lo stiamo (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista - Il deputato Giachetti: “Te lo abbiamo chiesto noi! Pure lei intervenga, Presidente!”)… Io ho chiesto di essere ascoltata (Commenti di deputati dei gruppi Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e Italia Viva-il Centro-Renew Europe)…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Colleghi, colleghi. Colleghi, per favore! Onorevole Giachetti, la prego.

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. Colleghi, ho sollecitato io l'informativa di oggi (Commenti del deputato Giachetti)…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. La prego.

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …e l'ho fatto…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Lasciamo concludere il Ministro. Prego.

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …e l'ho fatto (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Colleghi, per favore!

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …l'ho fatto ritenendo doveroso affrontare questo tema con serietà, perché stiamo parlando - lo ripeto - della vita di studenti che non meritano di essere oggetto di strumentalizzazioni politiche (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE - Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e del deputato Giachetti). Non meritano di essere oggetto di strumentalizzazioni politiche. E su questo inviterei ciascuno di noi a riflettere su quello che diciamo, perché, da adesso in poi, da qui al 28 febbraio, le prove di esame sono ancora in corso.

    Quindi, ripeto, per concludere e per dare a voi l'opportunità di parlare (Commenti)…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Prego, Ministro.

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. Grazie. No, stavo ascoltando. Io parlo ma ascolto anche…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Lei adesso… poi ascolteremo…

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …la lezione…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. …tutti gli interventi. Adesso lei…

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. Sì, però mi piace anche ascoltare, così (Il deputato Giachetti: “Ascolterà, non si preoccupi!)…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Prego.

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …sottovoce (Il deputato Casu: “Ma è un Ministro quello che parla?”)… No, guardi…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Colleghi, non è un dialogo…

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …che io abbia cose da ascoltare…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. …dai riportiamo tutto sui binari…

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …sono qui apposta, sono qui apposta…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Colleghi…

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …perché noi non abbiamo paura di ascoltare e di confrontarci…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Signora Ministro, la prego, davvero…

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. … sono qui apposta per voi…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. …continuiamo con la sua informativa…

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. …sono qui apposta per voi, per ricordarvi (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e del deputato Giachetti)…

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, davvero, allora… scusate, scusi un attimo, signora Ministro. Allora, il Ministro è qui perché è stata chiamata a rendere un'informativa urgente su richiesta del Parlamento e sta facendo ciò che questa istituzione, come dire, pretende che venga fatto, e quindi lo fa nella sede idonea. Vi prego soltanto, con l'ordine che avete sempre dimostrato, di lasciare finire il Ministro e poi, ovviamente, ognuno di voi sarà libero di criticare, esaltare, far quel che ritiene rispetto a quello che sta comunicando il Ministro. Però, vi prego, arriviamo alla fine nella serenità che è propria della vostra coscienza. Prego.

    ANNA MARIA BERNINI

    ANNA MARIA BERNINI, Ministro dell'Università e della ricerca. Questa riforma crea una novità profonda, irreversibile: indietro non si torna. Se qualcuno ritiene che sia preferibile il modello selettivo e speculativo dei test d'ingresso, noi non siamo d'accordo. La riforma sta funzionando, il processo di formazione e di valutazione degli studenti è in corso. Noi siamo convinti di aver fatto la scelta giusta al momento giusto, anzi, forse troppo tardi rispetto a tutto quello che ognuno di noi ha promesso al Paese e al suo elettorato di riferimento. Però, lo ripeto, noi abbiamo avuto la tempra, l'attitudine, la forza e la determinazione di continuare a farlo. Come ogni riforma di sistema, come ogni riforma innovativa, lo ripeto, il prezzo da pagare è quello di doverla spiegare. Noi continueremo a spiegarla, continueremo a contrastare le strumentalizzazioni politiche, continueremo a distinguere gli studenti che hanno bisogno di essere informati da chi, legittimamente, fa contestazioni o non studia da medico ma, magari, da piccolo attivista (Commenti di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, ognuno di noi sa qual è il contesto su cui deve porre la propria capacità di essere al servizio del Paese. Io continuerò, come ho fatto in questi tre anni, a dare conto al Parlamento sia del mio operato, sia di ciò che il Parlamento mi ha chiesto di fare. Continuerò a farlo al meglio di scienza e coscienza, continuerò ad ascoltare anche quando non sono ascoltata. E continuerò a ricevere dai soggetti interessati le migliori suggestioni per migliorare un processo che, ripeto, è certamente migliorabile ma ha già di per sé cambiato la natura stessa del rapporto tra lo studente e l'università: ora lo studente è al centro del sistema.

    Sta a noi consentire, dopo la fase di prima applicazione, di dare a questa grande opportunità la sua migliore realizzazione. Io ci sono, la maggioranza c'è (Il deputato Casu: “Non mi sembra che ci sia, guardi la maggioranza: la maggioranza non c'è!”)… Colleghi, ciascuno di voi valuterà per la sua parte (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE, Fratelli d'Italia e Lega-Salvini Premier - Il deputato Casu: “Guardi i banchi della maggioranza!”).

    (Interventi)

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

    Ha chiesto di parlare il deputato Davide Faraone. Ne ha facoltà.

    DAVIDE FARAONE

    DAVIDE FARAONE (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Intanto per dire a chi ci ascolta che, siccome lei ha ripetuto costantemente che le abbiamo chiesto questa riforma, noi con questa sua riforma non c'entriamo nulla (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe) e noi non le abbiamo chiesto di fare questa riforma.

    Mi sembra anche, signora Ministra, che la maggioranza non c'è, perché, se dovessimo vedere dai banchi le presenze dei parlamentari a supporto di questa riforma, oggi mi sembra più sola che quando, magari, l'ha pensata e l'ha scritta; ma lei, Ministra, non riuscirà a farci dire una cosa che noi non pensiamo e cioè che non serviva una riforma del sistema d'accesso al corso di laurea in medicina.
    Il problema è che lei, nel fare questa riforma, le ha sbagliate tutte, una dietro l'altra; e, tra l'altro, glielo abbiamo anche segnalato ripetutamente mentre lei annunciava questa riforma; e lei è andata avanti come un treno, come se nulla accadesse; non ha ascoltato nessuno e tutto quello che le abbiamo detto le è sbattuto in faccia, uno dietro l'altro.
    Perché? Primo: l'atteggiamento nei confronti della popolazione studentesca. Se un docente avesse definito “inutile” uno studente, lei gli avrebbe mandato un ispettore, avrebbe chiesto il licenziamento di quel docente per un comportamento incredibile nei confronti di studenti con cui bisognerebbe costruire un percorso positivo. Per cui, prima cosa: signora Ministra, noi chiediamo il suo licenziamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe).
    Secondo: ha usato gli studenti come cavie. A molti farà perdere un anno della propria vita per scimmiottare il sistema francese, ma il sistema francese avrebbe funzionato, se lei avesse messo risorse per realizzare aule, per assumere docenti, laboratori, tirocini. Non si vede nemmeno l'ombra di un anno filtro serio, per cui annunciare una riforma senza gli investimenti necessari è stato un enorme errore. Terzo: ha, al contrario, ridotto i programmi, abbassato il livello formativo, azzerato la preparazione di base; avete completamente dimenticato che dobbiamo formare medici. Anche qui, è stata qui a dire: “entreranno tutti, state tranquilli”. Poi come e perché non è dato sapersi.
    Quarto: avete preso a pesci in faccia una giusta idea di programmazione per far passare il messaggio populista - mentendo sapendo di mentire - che, di fatto, abolivate il numero chiuso, mentre il numero chiuso c'è, è sbarrato a doppia mandata.
    Quinto: avete improntato una selezione sulle materie di base della formazione medica con programmi pesantissimi di fisica, chimica e biologia da somministrare in corsi “Bignami” - a proposito del collega Bignami, che è assente - da 10 settimane in aule pollaio o a distanza, senza esercitazioni, senza attività laboratoriali, con test a distanza in pochissime settimane: una follia. Quindi, non solo c'è il numero chiuso, ma non si riempiranno neanche i posti disponibili perché tanti non passeranno le prove.
    Però, Ministra, sesto: avete pensato anche a una toppa peggiore del buco, e anche qui l'ha confermato, ossia la sanatoria delle insufficienze: “todos caballeros”, amplierete le graduatorie a quelli che hanno superato solo due prove e, se necessario, anche solo una prova. Sempre più giù, Ministra.
    Settimo: come potrete farlo, se l'articolo 6 della legge che lei ha firmato recita testualmente che “l'ammissione al secondo semestre (…) è subordinata al conseguimento di tutti i CFU stabiliti per gli esami di profitto del semestre filtro (…)”? Conosce la legge che lei ha scritto, signora Ministra?
    Perché - ottavo - naturalmente, non conoscendola, apre anche la strada ai ricorsi che pioveranno come grandine creando ulteriore incertezza: siete una manna per gli avvocati! Ma non aveva dichiarato di voler colpire la lobby dei ricorsisti? Ci saranno 26.000 ricorsi su 24.000 studenti, qualora dovesse farli accedere tutti con la sanatoria delle insufficienze.
    Nono: le ragazze e i ragazzi che, a febbraio, dovranno saldare il debito formativo dovuto al mancato superamento di una o due materie saranno costretti a seguire corsi di preparazione a pagamento, Ministra. Ma non avevate detto “basta” con i corsi esterni a pagamento? Non volevate, anche qui, colpire la lobby dei corsisti? Quest'anno faranno affari come non mai.
    Decimo: non c'è nessun medico, nessuno studente, nessuna organizzazione genitoriale o categoria al suo fianco che abbia espresso apprezzamento per la sua riforma. Si è chiesta perché?
    In ultimo - e chiudo, Presidente -, zero investimenti, caos, un anno perso per tantissimi studenti, una formazione deteriorata (Commenti del Ministro Bernini), più corsi a pagamento, più ricorsi a gogò. Chi è inutile, Ministra? Lei o gli studenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)?

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cangiano. Ne ha facoltà.

    GEROLAMO CANGIANO

    GEROLAMO CANGIANO (FDI). Grazie, Presidente. Prima di ogni considerazione, vorrei ringraziare il Ministro Bernini per aver scelto il confronto parlamentare (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) e per essere qui, oggi, in Aula, per chiarire con sincerità e trasparenza quanto anche è accaduto nelle ultime settimane. Un confronto che riteniamo legittimo, ma che non può trasformarsi in un processo politico costruito su polemiche, allarmismi e, in molti casi, vere e proprie fake news.

    La riforma dell'accesso ai corsi di medicina non nasce per caso né per improvvisazione, nasce da una scelta politica chiara: rimettere al centro il merito, l'uguaglianza, il diritto di ogni ragazzo e ragazza di potersi misurare indipendentemente dal reddito familiare e dalla possibilità di pagarsi costosi corsi di formazione. Perché è bene dirlo con chiarezza e con franchezza che, per anni, il vecchio sistema non ha premiato i più bravi, ma chi poteva permettersi di spendere migliaia di euro in corsi privati. Un sistema che, di fatto, arricchiva società e strutture di preparazione, spesso trasformando un sogno legittimo in un mercato parallelo. Questa riforma rompe quel meccanismo e questo crediamo che sia uno dei motivi per cui viene anche attaccata.
    È evidente a tutti che ogni cambiamento porta con sé una fase iniziale di assestamento. Lo ha detto con chiarezza il Ministro Bernini, che non ha mai negato l'esistenza di alcune criticità e prova anche in questa fase a ragionare, ma è altrettanto evidente che anche il Governo non ha mai fatto finta di nulla. Al contrario, ha già indicato le soluzioni e attivato il dialogo con le università e con gli studenti. Ha chiarito che tutte le modifiche utili a migliorare il percorso saranno valutate e adottate senza alcuna chiusura ideologica. È un approccio che noi condividiamo fino in fondo, perché questa maggioranza non ha mai avuto l'arroganza di dire che tutto è perfetto, ma sempre ha avuto l'onestà di dire che tutto ciò che può essere migliorato va migliorato.
    Lo dico con forza: come Fratelli d'Italia siamo i primi a chiedere correttivi utili, se servono a rendere il sistema più efficiente e più giusto, ma una cosa è migliorare una riforma, altra cosa è delegittimarla. Questo è il metodo serio di chi governa. Ciò che, però, non possiamo accettare è la narrazione distorta, secondo cui il sistema sarebbe nel caos, perché, in quasi tutte le università, i primi appelli si sono svolti in modo regolare (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), senza problemi, senza disservizi, senza contestazioni. E, soprattutto, quando si parla di irregolarità, è necessario attenersi ai dati ufficiali, non agli slogan. Su 55.000 candidati, solo 17 sono stati sanzionati per l'uso improprio di cellulari. Parliamo dello 0,03 per cento. Altro che scandalo nazionale. Questi sono i numeri reali, non quelli costruiti ad arte per alimentare polemiche politiche.
    È proprio sulle fake news che voglio soffermarmi un momento. In queste settimane abbiamo assistito a una campagna che ha spesso utilizzato paure, ansie e incertezze dei giovani come strumento di lotta politica. È un atteggiamento irresponsabile, perché, quando si parla di università, di formazione e di futuro dei nostri ragazzi, bisognerebbe abbassare i toni, non esasperarli.
    Un passaggio va fatto anche sul ruolo delle università. Noi siamo convinti che la stragrande maggioranza dei nostri atenei abbia lavorato e stia lavorando con serietà e senso delle istituzioni, ma, allo stesso tempo, ci auguriamo che nessuno provi a politicizzare o a rendere ideologica questa fase importante, trasformando le università in luogo di scontro politico contro il Governo. Le università non sono terreno di battaglia: sono luoghi di sapere, di formazione e di crescita. Per fortuna, non tutti la pensano come alcune frange minoritarie, che vorrebbero usare ogni riforma come occasione di conflitto. Serve collaborazione, non servono gli sgambetti. Serve responsabilità, non provare a strumentalizzare.
    Questa riforma ha un merito enorme: ha aperto le porte, ha dato a tutti la possibilità di provarci, ha tolto il filtro economico che per anni ha pesato come una barriera ingiusta. E, se oggi siamo qui a discutere di miglioramenti, lo facciamo non per smontare la riforma, ma per rafforzarla. Questo è il punto politico vero. Fratelli d'Italia sostiene con convinzione l'azione del Ministro Bernini e del Governo Meloni. Siamo i primi a dire che ascoltare, correggere e migliorare non è una debolezza, ma un segno di forza, ma non accettiamo che una riforma giusta venga delegittimata con racconti falsi, con dati manipolati e con tentativi di sabotaggio politico.
    Signor Presidente, questa riforma ha rotto un meccanismo che durava da anni. Ha tolto il potere a chi lucrava sulle speranze e ha restituito centralità allo Stato, alle università e agli studenti. Difendere questa riforma non significa negare i problemi, significa avere il coraggio di affrontarli senza tornare indietro. Significa - lo diciamo come Fratelli d'Italia - che noi staremo sempre dalla parte di chi prova ad allargare le opportunità e non di chi le restringe, dalla parte di chi apre le porte e non di chi le chiude con un tariffario. Questa riforma guarda al futuro ed è per questo che va difesa, migliorata e portata avanti con determinazione, con serietà, con responsabilità e senza paura del cambiamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Manzi. Ne ha facoltà.

    IRENE MANZI

    IRENE MANZI (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente. Saluto la Ministra Bernini e la ringrazio anche per aver ricordato una cosa in quest'Aula: era il 25 novembre quando in quest'Aula, Ministra, abbiamo chiesto che lei venisse a riferire sull'esito dell'allora primo appello a medicina. Non è una concessione che lei ci dà quella di essere qui oggi, è una esplicita ed espressa richiesta che questo Parlamento le ha rivolto.

    In quel fantastico mondo che lei ci ha raccontato fino a poco fa, devo dire che non trovano spazio, purtroppo, le tante segnalazioni non politicizzate di studenti, di famiglie e di docenti che in questi mesi, in queste settimane, stanno facendo fronte alla tempesta perfetta. Perché con questa riforma voi siete stati in grado davvero di creare la tempesta perfetta: se prima il sistema, come lei diceva, era bloccato, ora il sistema è nel caos, nel caos più totale. Come ricordava il collega Faraone, la legge dà indicazioni precise e voglio vedere come cambierete e come verrete incontro alle aperture che avete fatto in questo momento.
    Parlavate di merito e, allora, parliamo di merito. Vi cito i dati diffusi ieri dalla fondazione GIMBE a proposito di questa riforma. Voi continuate a cercare capri espiatori: ora i sabotatori, ora la lobby dei “ricorsifici”, ora i corsi privati. Voglio ricordare che è stata lei - il suo Ministero -, a settembre, a dover intervenire, perché già partivano ed è stato un fiorire su Internet di corsi paralleli che preparavano gli studenti (Commenti del Ministro Bernini), perché, purtroppo, con quelle modalità che voi avete scaricato sulle università con la riforma dell'accesso a medicina, non poteva che essere così.
    Allora, le cito i dati della fondazione GIMBE, a proposito di merito. Sono state concentrate 450 ore di lezioni e studio in 60 giorni. Il semestre è diventato ed è stato, in realtà, un bimestre, con didattica prevalentemente a distanza e scarsa interazione tra i docenti. Al termine del bimestre avete previsto 3 esami con 3 prove consecutive - 87 secondi a domanda, recita la fondazione GIMBE - intervallate da una pausa di 15 minuti. Se questo è il merito, allora datevi una risposta. Questa è - l'ha definita in questo modo - la Caporetto annunciata di una riforma superflua (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Lo dicono i dati e lo dicono gli studenti, quegli studenti che continuate, anche in questa occasione, ad irridere. Io penso che quegli studenti tutti, di fronte ad atti di bullismo istituzionale perpetrati davanti a platee politicamente amiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), meritino davvero un atto di umiltà e delle scuse. Un atto di umiltà che parte dal rivedere nel profondo, non mettendo delle toppe, il contenuto di quella legge e di quella riforma.
    Oggi sono intervenuti numerosi docenti dell'ateneo di Bologna, la sua città, che chiedono di rivedere dal profondo e totalmente quella legge, perché non servono e non bastano le toppe. Noi abbiamo chiesto modifiche. Mi fa piacere che lei abbia ammesso che c'è un problema, c'è un problema evidente, c'è il fallimento di un sistema. Non è una rivoluzione, come lei ha ricordato oggi. È tutt'altro che una rivoluzione. Non è una riforma, appunto, rivoluzionaria. È un bluff. È un bluff che, da marzo, avete perpetrato a danno delle studentesse, degli studenti, delle loro famiglie e delle università, che continuate, anche con queste modifiche in corsa che state annunciando, a lasciare al loro destino, perché mancano gli spazi, perché la didattica si è svolta online, perché non avete dato gli strumenti e le risorse per far fronte a un sistema che si sta consumando. In fondo, lo avete detto: è una riforma, possono esserci alcuni problemi. Peccato che quei problemi non camminano sulle gambe degli studenti, camminano sulla pelle degli studenti. Questo per noi non è in alcun modo accettabile. Noi chiediamo che seriamente si riapra una discussione in Parlamento, nella sede deputata per cambiare le leggi, su quella legge, ascoltando. Guardate, non era difficile prevedere, purtroppo, che sarebbe andata così, perché bastava ascoltare le audizioni che ci sono state, tanto al Senato quanto alla Camera, su questo provvedimento che voi avete totalmente ignorato: audizioni di docenti universitari, di società professionali, di sindacati, di associazioni studentesche, di esperti, non di “poveri comunisti”. Tutt'altro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Qui non stiamo parlando di fasi, stiamo parlando della vita degli studenti, studenti che rischiano di perdere un anno concretamente, perché cosa accadrà non è ancora certo e non è in alcun modo sicuro. Pensiamo che questo non ce lo possiamo permettere.
    Quindi, da parte nostra, siamo più che disponibili a sederci tutti insieme, ma per accogliere realmente le osservazioni di merito e di metodo, che, all'interno delle Commissioni, nel silenzio più assoluto della maggioranza, in quest'Aula, in questa Commissione di questa Camera, noi abbiamo portato.
    Perché non è più tempo di sperimentazioni. Non è più tempo di vedere come andrà. Qui state rischiando di creare, per decreto, dei NEET, dei soggetti, delle persone, degli studenti che non sanno con precisione che cosa accadrà di qui a poco. Sono tante le domande che i docenti, sul campo, in questi due mesi, hanno condotto le lezioni, ci pongono: quando inizierà il secondo semestre, quando si svolgeranno gli esami, dove si svolgeranno le lezioni. Domande che saremo ben lieti di consegnarle. Ma, Ministra, non è più il tempo della propaganda. Non lo era prima, lo è ancora meno in questa sede. Il maestro Alberto Manzi diceva: “Non è mai troppo tardi”. Ecco, non è mai troppo tardi per intervenire e per modificare questa legge, con il più ampio coinvolgimento di tutta la comunità studentesca e accademica, perché non possiamo accettare che un intero anno di vita di uno studente venga perso per l'improvvisazione di un Governo.
    La professoressa Antonella Viola, pochi giorni fa, ci ricordava che “la formazione medica è cruciale per il Paese”. Ecco, voi con questa ennesima farsa state affossando la formazione medica, state affossando le aspettative degli studenti, state affossando concretamente le prospettive del Servizio sanitario nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Simona Loizzo. Ne ha facoltà.

    SIMONA LOIZZO

    SIMONA LOIZZO (LEGA). Grazie, Presidente. Ministro, l'informativa odierna sul semestre filtro per l'accesso alla facoltà di medicina degli atenei pubblici rappresenta un passaggio di grande rilievo per il sistema universitario e per il futuro della sanità del nostro Paese. La Lega è da sempre convintamente favorevole al superamento del tradizionale accesso tramite test a risposta multipla, un modello che negli anni ha dimostrato tutti i suoi limiti, perché incapace di valorizzare realmente le capacità, l'impegno e il merito degli studenti.

    Non si può pensare di selezionare futuri medici sulla base di una batteria di quiz che spaziano sulle discipline più disparate e che, evidentemente, non sono in grado di restituire una valutazione completa, seria delle attitudini e delle competenze di chi aspira a intraprendere questo percorso di studi. Proprio per queste ragioni, la Lega è stata parte attiva nella costruzione di questa riforma che nasce all'interno della 7a Commissione del Senato, presieduta dal senatore Marti, firmatario di una delle proposte e sostenuta da tutta la Lega giovani. Mi sento di ringraziare l'onorevole Toccalini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
    Un lavoro parlamentare serio, condiviso, che ha avuto l'obiettivo di introdurre un sistema più equo e più coerente con le reali esigenze formative, mettendo finalmente al centro lo studio universitario e non una prova preliminare spesso di tipo aleatorio. Oggi, però, la realtà ci preoccupa. Siamo consapevoli che questa occasione non deve e non può essere sprecata. Il semestre filtro rappresenta un passaggio delicato, innovativo, che va accompagnato con attenzione e grande senso di responsabilità.
    La Lega è certa che il Governo saprà apportare i dovuti correttivi affinché siano effettivamente coperti tutti i posti disponibili negli atenei pubblici e, guardando al futuro, affinché l'offerta didattica delle discipline previste nel semestre risulti accurata, omogenea e realmente rispondente a quanto gli studenti si trovano ad affrontare nel test d'esame.
    Da ultimo, signor Ministro, riteniamo indispensabile avere assoluta certezza sulla data di pubblicazione dei risultati del secondo appello. È una richiesta di buonsenso, necessaria per garantire sicurezza e serenità ai ragazzi, ma anche alle loro 55.000 famiglie che vivono settimane di grande incertezza e tensione.
    Ma è soprattutto una richiesta di equità affinché non si favorisca, in alcun modo, chi ha scelto strumentalmente di fissare i test di ammissione in alcuni atenei privati proprio il giorno precedente alla data che era stata inizialmente prevista per la pubblicazione dei risultati, creando, quindi, un grande nocumento a chi decide, a chi vuole andare verso l'università pubblica.
    È, altresì, una nostra grande preoccupazione la modalità di completamento del debito formativo negli atenei che ci auguriamo possano davvero provvedere a questo compito in maniera omogenea, equa e adeguata, senza portare il sistema universitario e le facoltà di medicina ripetutamente sotto stress.
    È, altresì, nostra vera preoccupazione che trasparenza, chiarezza e rispetto per gli studenti debbano essere i principi guida di questa riforma. La Lega continuerà a vigilare, a dare il proprio contributo, affinché l'accesso a medicina diventi finalmente più giusto, più meritocratico e realmente al servizio dell'interesse nazionale. Gli studenti per noi sono e rappresentano - lo dico da giovane medico; ho iniziato a studiare medicina a 17 anni -, l'utilità del sogno o, mi consenta, l'utile sogno di una grande professione medica (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bicchielli. Ne ha facoltà.

    PINO BICCHIELLI

    PINO BICCHIELLI (FI-PPE). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signora Ministra, innanzitutto la vogliamo ringraziare per l'informativa così chiara, per aver chiarito ogni equivoco e per aver illustrato in maniera esaustiva tutte le iniziative assunte dal suo Ministero. Quindi, davvero, grazie. Questo non è un passaggio tecnico e non è nemmeno un adempimento formale. È un momento di verità politica. È il momento in cui questo Parlamento è chiamato a scegliere se stare dalla parte dei fatti o delle suggestioni, dalla parte dei dati o delle polemiche, dalla parte degli studenti o delle campagne mediatiche costruite ad arte. L'informativa odierna offre al Parlamento l'occasione di riportare il dibattito sul tema dell'accesso ai corsi di laurea nell'area medica, su un terreno di obiettività, di responsabilità istituzionale e di rispetto nei confronti degli studenti e delle loro famiglie.

    Nelle ultime settimane, abbiamo assistito a una narrazione pubblica distorta, urlata che, soprattutto attraverso alcuni organi di stampa e un'amplificazione incontrollata sui social, ha messo in discussione la regolarità degli appelli sostenuti al termine del semestre filtro per l'accesso ai corsi di laurea, evocando irregolarità, ipotesi di diffusione anticipata dei test e di esami copiati e una pretesa eccessiva difficoltà delle prove.
    Prima qualcuno ha addirittura sostenuto che la riforma è fallita. Ecco, Forza Italia ritiene che la prima responsabilità della politica sia quella di spezzare questa spirale di disinformazione. E grazie, signora Ministra, per averlo detto con chiarezza: queste notizie si sono rivelate tutte infondate e strumentali. Anzi, bene ha fatto il suo Ministero a fare gli esposti per cercare i colpevoli di quest'attività, che, mi faccia dire, è un'attività criminale sulle spalle degli studenti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
    E grazie, signora Ministra, di avere restituito trasparenza, dati, contesto e proporzione a un dibattito che rischiava di degenerare in una campagna di delegittimazione non solo della riforma, ma degli studenti stessi. Forza Italia esprime, quindi, pieno sostegno all'impostazione seguita dal suo Ministero, non solo perché le verifiche tecniche svolte hanno escluso comportamenti scorretti, ma perché è emersa con nettezza una verità più profonda: questa riforma non è un trucco selettivo, né un espediente punitivo, bensì un cambio di paradigma (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
    Per la prima volta, decine di migliaia di giovani non sono state ridotte a semplici candidati a un quiz, ma sono diventati studenti universitari a tutti gli effetti, con un fascicolo formativo aperto, esami sostenuti, crediti acquisiti, materiali didattici messi a disposizione gratuitamente e, soprattutto, la possibilità concreta e reale di non perdere un anno della propria vita accademica. Signor Presidente, volevo dire che a me dispiace quando anche colleghi scelgono di usare l'ansia degli studenti come terreno di scontro politico. C'è chi ha preferito in queste settimane alimentare il caos piuttosto che confrontarsi nel merito di una riforma che rompe - sì, questo rompe - degli schemi consolidati.
    Questo è un vero e proprio passaggio culturale, ancor prima che normativo. Ed è un passaggio che Forza Italia ha sostenuto convintamente: questo modello restituisce dignità al tempo, allo studio e al merito. Governare significa saper leggere i risultati, sicuramente correggere il tiro e migliorare, non per indebolire una riforma, ma per rafforzarla e, visto che parliamo di atti concreti, di rafforzamento, io vorrei ricordare che su questa riforma il Ministero e questo Governo hanno messo ben 75 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).
    E sicuramente le difficoltà riscontrate in alcune prove non possono essere lette come il segnale di un fallimento; al contrario, queste rappresentano un dato reale di campo che una riforma seria non può ignorare, ma analizza. Sappiamo tutti che ci troviamo di fronte alla prima applicazione di un modello nuovo, che sicuramente può richiedere aggiustamenti e manutenzione, sempre nel confronto con il mondo accademico. E lei, signora Ministra, ha detto una cosa che io ritengo importantissima: questa riforma cammina insieme agli studenti.
    Lei non ha lanciato uno slogan, ma ha descritto un metodo che parte dall'ascolto, che riconosce l'assenza di preclusioni, soprattutto in una fase iniziale, e che, proprio per questo, prevede verifiche e possibili correttivi. I correttivi non sono una resa, ma la responsabilità di chi fa politica e deve decidere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE). Signor Presidente, Forza Italia esprime quindi il suo pieno apprezzamento, perché una riforma dell'accesso a medicina non può limitarsi a selezionare, ma deve anche rispondere a un'esigenza strutturale del Paese: formare più medici e meglio distribuirli, senza sacrificare la qualità.
    E Forza Italia è convinta che il Parlamento debba accompagnare questo percorso senza cedere alle semplificazioni, senza inseguire le sterili polemiche social e senza prestarsi a interessi che nulla hanno a che vedere con il diritto allo studio e molto, invece, con il contenzioso - fatemi dire - seriale. In conclusione, la riforma dell'accesso ai corsi di area medica non è un esperimento improvvisato, ma una scelta politica ponderata, perfettibile e fondata su principi di inclusività, conservazione del percorso formativo e meritocrazia sostanziale.
    Questa riforma certamente non promette miracoli, ma ha una direzione chiara: dare più opportunità senza abbassare l'asticella, costruire percorsi e non trappole, e, soprattutto, formare medici migliori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caso. Ne ha facoltà.

    ANTONIO CASO

    ANTONIO CASO (M5S). Grazie, Presidente. Ministra, forse mi sarò distratto, ma mi sembra che anche oggi non abbiamo sentito le sue scuse, anzi. Però, a differenza di ieri, oggi provo a dirglielo con calma: ma lei ancora oggi è convinta e pensa che la sua reazione ad Atreju non sia stata forse leggermente spropositata, visto che mi sembra che continui a difendere il suo atteggiamento?

    E con calma le dico che qui non si tratta di giochi di contrapposizione politica, ma dell'onorabilità del ruolo che lei ricopre e, soprattutto, del rispetto per degli studenti, per delle persone, che lei assolutamente non ha avuto e che continua a non avere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), e le spiego il perché: perché lei non è che debba chiedere scusa solo agli ormai noti, famosi, poveri e inutili comunisti. Lei deve chiedere scusa a tutte le persone che si sono trovate coinvolte da questa sua riforma e da questo semestre filtro.
    Perché, Ministro, è chiaro, non siamo stupidi, che, quando c'è una riforma, c'è una fase iniziale in cui dei problemi ci possono essere, però è altrettanto chiaro che in questo caso, nel caso del semestre filtro tante criticità erano note, chiare, palesi. Perché quello che abbiamo fatto in questi giorni è andare a riprendere un po' l'elenco di tutte le criticità che avevamo elaborato durante l'analisi del disegno in Commissione e ce le ritroviamo tutte. Quindi era un qualcosa di prevedibile, era un disastro prevedibile, è questo il problema.
    Io le dico che ammettere le proprie colpe, non dico “fallimenti”, ma ammettere che qualcosa non è andato, che è andato storto, non è un segno di debolezza, ma sarebbe un segno di forza. Quindi glielo do come consiglio: un po' di autocritica, perché qui lei prova a continuare a raccontarci che di fatto è andato tutto bene, quando poi ci sono i dati. Ministra, ci sono i dati! È chiaro che non sta funzionando, che non ha funzionato e che ora dovete mettere mano alla riforma, non perché c'è un famoso terzo step, ma perché lei deve modificare la legge, perché era questa e lei la deve cambiare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Deve fare una sanatoria, la deve fare!
    Tutto quello che poteva andare storto, che avevamo previsto, è andato storto, le ripeto, perché era prevedibile. Innanzitutto era chiaro, perché lei ha deciso di sovraccaricare con questo semestre filtro le università, senza però dare gli strumenti, senza dare soldi. Quindi il problema principale era quello, è chiaro: ti riempio le università di studenti, ma non ti do le risorse. E lì allora noi le dicevamo: Ministra, così il livello della didattica è a rischio. E così è stato.
    Ha ascoltato gli studenti? Ha visto che hanno dovuto seguire non dei veri corsi, non delle vere lezioni, e si sono dovuti dividere un po' in presenza, un po' online e un po' in lezioni preregistrate. E allora, quando lei dice che l'obiettivo della sua riforma era formare gli studenti e poi fargli fare il test, la prova, ha fallito, perché non sono stati formati. In 2 mesi non hanno imparato quasi nulla, purtroppo, e questa è una grave pecca.
    Perché lo dicono i dati: se ci troviamo che quasi nessuno, se 10, 15 persone su 100, hanno passato gli esami, i test, il problema c'è. È evidente e ovviamente non è dei ragazzi, ma è che il sistema che ha messo su non ha funzionato. Non ha funzionato. Questo deve quindi essere chiaro, perché è ovvio e palese. Non glielo stiamo dicendo noi: è chiaro.
    Lei deve allora capire anche una cosa, perché qui non è che parliamo di un qualcosa di astratto che è fallito, di un test che è andato male, di un qualcosa che semplicemente non ha funzionato. Quando si fanno queste cose, quando si fanno queste riforme, parliamo di vite reali, parliamo di persone, parliamo di studenti, parliamo delle loro famiglie, parliamo di sogni che si vanno a infrangere contro il disastro che avete creato. È questo, e per questo le chiediamo serietà anche ora, anche in questa fase, ma non la troviamo, perché lei continua con la sua propaganda. Lo sta facendo: abbiamo combattuto la lobby di chi preparava i test dei precorsi, stiamo contrastando la lobby degli avvocati ricorsisti. No, Ministra, e lo sa benissimo, perché chi faceva i corsi per preparare gli studenti ai test ha fatto i corsi a pagamento per chi si doveva preparare a questi nuovi test (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché sono stati dei test, Ministra: non sono stati degli esami. Gli studenti si sono trovati a seguire degli pseudo-corsi e a fare dei test e solo chi ha la potenza economica, chi è riuscito a prepararsi, ha avuto allora qualche speranza e, quindi sì, la sua riforma è ancora classista e i dati che sono venuti fuori dimostrano che è ancora più classista del test che c'era prima. Sono i dati.
    Ministra, allora, quello che poi vorrà fare, ci pone davanti a grandi dubbi, pure sul fatto se possa reggere questa sanatoria che vuole fare, questa sorta di tutti dentro. È quindi lei che alimenterà la lobby dei ricorsi ed è proprio lei, con le sue azioni. È quindi inutile, smettiamola di raccontare che tutto è andato bene, che rimedieremo, non vi preoccupate, non perderete l'anno. È stato fatto un disastro, un totale disastro: ammettiamolo. Ammettetelo e lavoriamo per dare veramente una possibilità ai sogni di questi studenti, ai sogni dei futuri medici.
    Vede, Ministro, non chiuderò chiedendo le sue dimissioni come ieri, ma invito semplicemente a visitare il sito www.berninidimettiti.it: troverà che c'è una raccolta firme che, in poche ore, ha superato le 90.000 adesioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Grippo. Ne ha facoltà.

    VALENTINA GRIPPO

    VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Ministra, grazie anche per aver accolto la richiesta dell'Aula di udirla per sapere cosa sta accadendo e la riporto al merito della discussione. Purtroppo, quello che ci ha illustrato non ha chiarito i nostri dubbi e, soprattutto, non ha risolto le questioni che stanno ponendo a tutti tantissimi ragazzi, tantissimi studenti, tantissimi giovani.

    Questioni che, mi dispiace ricordare, erano già emerse nel corso delle audizioni, erano già emerse nel corso della discussione. Mi consenta allora di unirmi alla discussione, agli interventi che mi hanno preceduto, focalizzandomi intanto sul metodo. Le criticità, che lei ha illustrato, sul precedente meccanismo di accesso al corso di medicina, sono condivisibili. Le abbiamo condivise e abbiamo anche condiviso, come è nostro stile, di analizzare e criticare e lavorare nel merito, in quest'Aula, l'idea che si rivedesse quel meccanismo. Si rivedesse non solo perché funzionava male, come lei ha correttamente illustrato, non solo perché sottoponeva le famiglie a uno stress economico e a una selezione che non era quella sulla formazione ma riguardava tanti altri aspetti, ma anche perché non stiamo parlando di un tema qualsiasi. Per carità, ogni studio universitario è importante, ogni percorso merita supporto e analisi, ma noi sappiamo che stiamo parlando di medicina. Stiamo parlando di un ambito del quale ci occupiamo in quest'Aula, da altri punti di vista, ripetutamente, dove c'è una crisi strutturale del personale.
    A più riprese, abbiamo chiesto al Governo di incrementare l'accesso al percorso, non solo ai percorsi formativi. Lei ci ha dato al riguardo dei numeri, che non sono esatti su tutto: in alcuni aspetti è vero, ci sono stati degli incrementi, ma non tutto è come ci ha illustrato. Soprattutto mancano le risorse per trattenere quei medici che formiamo in Italia, per evitare, come si dice, che i cervelli fuggano, per evitare che i medici stabiliscano la loro residenza all'estero: fino a 30.000 camici bianchi se ne vanno, oltre 38.000 hanno stabilito la loro residenza all'estero.
    Cosa ci immagineremmo dopo questi dati? Che si cerchi di trattenere le intelligenze, di facilitare la vita degli studenti. Invogliarli a rimanere nel nostro percorso universitario, soprattutto dialogare, dialogare con gli stakeholders destinatari di un'iniziativa di riforma, ossia con gli studenti. Lei ci ha detto di averli incontrati - finalmente! -, ben venga che sia stato finalmente fatto, con studenti, ricercatori e docenti. Ricordo però all'Aula, ricordo a me stessa, qual è stato il percorso di questa legge, perché vede lei ci ha detto: mi avete chiesto di fare questa riforma e io l'ho fatta. Effettivamente l'Aula ha votato a maggioranza un mandato al Governo di fare questa cosa, però ricordiamoci la genesi, perché nella genesi sono anche insite le responsabilità.
    Auspico, quindi, passaggi successivi, perché a noi non interessa fare un esame a lei, per stare al tema del giorno; a noi interessa risolvere la vita di centinaia di migliaia di ragazzi, di studenti e, soprattutto, di dotarci dei medici del futuro. Vogliamo, quindi, capire come si va avanti da una situazione di stallo che è sotto gli occhi di tutti, a meno di non voler essere ideologicamente spostati da una parte e dall'altra.
    La proposta di legge è a sua prima firma, è arrivata in quest'Aula, da qui un percorso, da lei avviato, che portava poi un mandato, una delega al Governo a scrivere i decreti. In Commissione sono stati auditi rettori, CRUI, associazioni di studenti, ordini professionali sanitari, associazioni mediche. Tutte le proposte emendative, soprattutto quelle che noi, come opposizioni, avevamo provato a portare avanti alla luce di quello che era emerso dalla discussione nella Commissione, sono state tutte respinte in blocco. A noi non fa mai piacere dire: lo avevamo detto. Eppure lo avevamo detto non sui giornali, non erano chiacchiere, ma lo avevamo detto nelle sedi istituzionali.
    Il gruppo Azione, con il suo gruppo under 30, con il gruppo di giovani, aveva elaborato e presentato un piano molto articolato, suggerendo quali secondo noi dovevano essere i meccanismi per fare quello che lei ha detto essere un bisogno e che noi condividiamo essere un bisogno, cioè coniugare la qualità della formazione dei medici del futuro con l'accessibilità allo studio. Abbiamo fatto delle proposte molto concrete in dieci punti, come è nostra abitudine fare: nessuno di questi punti è stato preso in considerazione. Se quindi oggi ci troviamo a dire “ahimè, si poteva prevedere che qualcosa non funzionasse", era in quelle parole.
    Anche qui non la biasimiamo, perché chi fa sbaglia: succede che si avvii un percorso e quel percorso si riveli fallace. Sappiamo che alcuni elementi di errore sono dovuti all'attuazione che gli atenei hanno dato a questa riforma, però lei lo sapeva che sarebbero stati gli atenei ad attuare la riforma. Come si poteva evitare che l'attuassero in modo difforme? Come si sarebbe potuto evitare che uno studente facesse solo delle lezioni online e appelli fatti in un certo modo, mentre altri studenti seguissero un percorso di altra natura? Come si poteva evitare che, da una parte, entrassero i cellulari e, dall'altra parte, gli esami fossero rigorosissimi? Perché molte di queste cose gli studenti auditi, nelle sedi istituzionali e non nelle discussioni pubbliche che avete avuto, le hanno riferite. Carlo Calenda sta girando tutti gli atenei d'Italia e non sempre gli studenti applaudono quando un politico va a parlare. Insultarli, però, a mio avviso, da madre di tre persone che stanno studiando o hanno appena finito di studiare, non è esattamente il modo con cui aprire la dialettica con degli studenti che sono destinatari delle proprie riforme, anche laddove sbaglino, anche laddove sbaglino.
    Oggi noi abbiamo una campagna, con 90.000 firme, del comitato NumeroGiusto; non possono sbagliarsi in 90.000 o, se si sbaglia in 90.000, bisogna sedersi con loro e capire perché sbagliano.

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Concluda.

    VALENTINA GRIPPO

    VALENTINA GRIPPO (AZ-PER-RE). Concludo, Presidente. Io mi aspettavo oggi che qualcuno ci dicesse come correggere il tiro. Noi ci siamo, come ci siamo sempre, ma pensiamo a loro, pensiamo agli studenti, pensiamo ai medici che devono diventare, pensiamo a noi che da loro vogliamo essere curati. Non pensiamo sempre a noi stessi; non guardiamo sempre al nostro ombelico, cerchiamo di dare risposte (Applausi dei deputati del gruppo Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Piccolotti. Ne ha facoltà.

    ELISABETTA PICCOLOTTI

    ELISABETTA PICCOLOTTI (AVS). Grazie, Presidente. Grazie, Ministra. Oggi, in quest'Aula, c'è per la prima volta un clima inusuale. Abbiamo ascoltato dalla maggioranza tante parole: dialogo, confronto, verifiche, ascolto. Sono parole inusuali, come ho detto prima, perché generalmente, in quest'Aula, le nostre proposte vengono irrise, vengono respinte; veniamo continuamente attaccati da una maggioranza che considera le nostre considerazioni soltanto un fastidio. Invece oggi va diversamente. E sa, Ministra, perché va diversamente? Perché avete portato a casa un clamoroso fallimento (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra) e sapete di essere nel torto.

    E allora, visto che sapete di essere nel torto, vi invito anche a controllare le parole, quando annunciate le riforme. Perché le voglio ricordare che lei parlò di passo storico, di abolizione del numero chiuso, di accesso libero a medicina e chirurgia; e noi, che vi dicemmo in quest'Aula che la riforma non avrebbe funzionato e che facemmo tante e puntuali critiche al meccanismo messo in campo, oggi dobbiamo dirvi che non c'è stato alcun passo storico, ma c'è stato soltanto un passo falso, un inciampo, un disastro che si è prodotto. Noi votammo contro, Ministra. Questa non è la riforma di tutto il Parlamento e votammo contro, nonostante storicamente la nostra forza politica sia contraria al numero chiuso, ma oggi, in assenza di risorse, in assenza di investimenti, non di abolizione del numero chiuso possiamo parlare con lei ma della modalità di cambiamento della fase di selezione.
    E allora dice l'onorevole Cangiano - un po' incredibilmente, onorevole - che serve collaborazione. Lo dice oggi; oggi, dopo che abbiamo fatto gli emendamenti e li avete bocciati; abbiamo espresso alcune considerazioni e non le avete prese in considerazione, scusate il bisticcio di parole; dopo che abbiamo ascoltato decine e decine di audizioni e vi sono entrate da questo orecchio e uscite dall'altro.
    Allora, Ministra, è inutile che oggi dite “collaborazione” ed è incredibile anche che diciate che è in corso un sabotaggio politico della vostra riforma; per il semplice motivo che non di sabotaggio si tratta, ma di auto-sabotaggio della destra contro se stessa. E, purtroppo, a farne le spese sono gli studenti e le studentesse.
    La riforma, Ministra, non è irreversibile per il semplice motivo che lei, oggi, ci ha detto che la rivedrà, perché la deve rivedere. Ed attenzione a dire che c'è semplicemente una lobby dei ricorsi perché, in assenza di un cambio delle norme, le norme scritte da lei dicono questo all'articolo 7, comma 1, del decreto ministeriale n. 418 del 30 maggio 2025, voglio essere precisa. Dicono che solo gli studenti che hanno ottenuto, in ciascun esame, un punteggio non inferiore a 18 su 30, accedono alla graduatoria di merito ai fini della prosecuzione degli studi.
    Allora, lei ci sta dicendo oggi che provvederà a cambiare le norme per far accedere anche ragazzi e ragazze che non hanno conseguito 18 su 30 e si aspetta che non ci siano ricorsi. Lei cambia in corso le norme durante una selezione   e si aspetta che non ci siano ricorsi. Ecco, glielo diciamo oggi da quest'Aula: i ricorsi purtroppo ci saranno e si entrerà in una fase di caos da cui non ho idea di come facciate ad uscire. Perché la verità, purtroppo, è che oggi il problema che abbiamo davanti è che le soluzioni da lei prospettate in questa informativa non funzionano, produrranno il caos dei ricorsi perché è normale che sia così e probabilmente metteranno a rischio il tempo che gli studenti hanno dedicato alla formazione del semestre filtro. Tempo che, purtroppo, non è solo messo a rischio dalla modalità con cui lei prefigura l'esito, ma è messo a rischio anche dalla modalità con cui ha costruito la formazione. È stato prima ricordato che Gimbe ha fatto un piccolo schemino: 450 ore di lezione in 60 giorni; una didattica un po' a distanza, un po' in presenza, un po' con le lezioni preregistrate; 55.000 studenti che non entravano negli spazi delle università perché gli investimenti sono stati insufficienti a predisporre una didattica di qualità; il triplice esame; un contesto di concorrenza tossica; tre prove consecutive con 87 secondi per rispondere ad ogni domanda e solo 15 minuti di pausa tra un esame e l'altro.
    Ma lei come si aspettava che ragazzi che affrontano per la prima volta prove di livello universitario potessero superare questa maratona di nozionismo? È sbagliato, Ministra. L'ha pensato male.
    Ed ora invece di chiedere scusa, come dovrebbe fare, agli studenti e alle studentesse - perché è venuta qui a dire che ci sono delle correzioni da fare e non sa nemmeno bene come farle -, invece di insultare gli studenti che la contestano, dicendo che sono dei “poveri comunisti” e che sono dei professionisti dei ricorsi, ancora oggi l'ha detto, che studiano da contestatori, si renda conto che, se quegli studenti non fossero venuti a contestarla, lei non avrebbe fatto nemmeno le tre ore di riunione (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra) che ha fatto al Consiglio nazionale degli studenti. Perché li doveva ascoltare prima di quella contestazione. Ed allora noi dobbiamo ringraziare i ragazzi che hanno ancora il coraggio di contestare il potere, quando il potere infligge abusi, umiliazioni, disservizi e fallimenti. Perché quella è l'unica strada per poi arrivare a mettere in campo delle correzioni.
    Chiudo, Presidente, ricordando una cosa. Perché siccome le piace usare le citazioni di Berlusconi per umiliare delle persone, allora la faccio anch'io una citazione di Berlusconi. Era un appunto, un foglietto come questo, che si addice anche al suo caso: supponente, prepotente, arrogante e persino ridicola. Perché ha cominciato con la meritocrazia ed è arrivata a proporre il sei politico per superare le prove a medicina e chirurgia.
    Guardi, Ministra, non lo so come andranno gli esami del secondo appello. Mi auguro che vadano meglio di quelli del primo. Ma se dovessero andare male, ci rivedremo qui, ma ci rivedremo per le sue dimissioni perché il disastro è stato di una gravità inaudita (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

    MAURIZIO LUPI

    MAURIZIO LUPI (NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signora Ministra, innanzitutto desidero ringraziarla a nome del gruppo di Noi Moderati per l'informativa resa oggi in Aula e per i chiarimenti puntuali che ha fornito su una riforma tanto ambiziosa quanto necessaria: il semestre filtro per l'accesso a medicina. Apro e chiudo una parentesi da parlamentarista convinto: quando il Parlamento approva a maggioranza, all'unanimità, con astensione, è una legge approvata da tutto il Parlamento, non da una parte del Parlamento. E quindi lei ha fatto bene a sottolineare che il Parlamento, in tutta la sua soggettività e oggettività, ha approvato la legge, ma solo per ricordare il valore del Parlamento e il valore della discussione che avviene in quest'Aula nel confronto tra maggioranza e opposizione e che porta poi alla promulgazione delle leggi.

    Questa riforma rappresenta un cambio di paradigma profondo e coraggioso. Lei ha fatto molto bene nel suo intervento, io mi sono sottolineato questi tre punti generali che spiegano poi la declinazione della proposta che lei ha fatto e la ragione per cui questo Parlamento ha approvato la sua riforma.
    I tre punti fondanti sono quello di ricordare con forza che lo studente è al centro del sistema universitario; che c'è una missione educativa e formativa dell'università; che bisogna rendere più accessibile l'università; e che la formazione non sia meno fruibile. Queste sono le parole che lei ha pronunciato e che spiegano molto bene, fanno comprendere molto bene, poi, come ciò si declina rispetto a un tema che è un problema che tutti abbiamo sottolineato, cioè l'accesso a medicina, come rendere quell'accesso più aperto, più qualificato, più pronto, come formare i giovani medici di cui noi abbiamo bisogno.
    Abbiamo finalmente superato quel sistema ingiusto ed escludente che riduceva migliaia di giovani meritevoli a semplici candidati a un quiz mnemonico - ricordo le polemiche su questo -, spesso preparato attraverso corsi privati, costosi e poco formativi; parliamo adesso di costi, ricordiamoci quello che accadeva precedentemente a questa riforma. Oggi, invece, come ha sottolineato, 55.000 studenti sono diventati a tutti gli effetti studenti universitari.
    Hanno aperto il loro fascicolo formativo, stanno frequentando lezioni, accumulando crediti e misurandosi con una vera preparazione universitaria. Questo è il cuore della riforma, che mi sembra e ci sembra totalmente coerente con i principi che lei ha enunciato: avviare un percorso formativo prima di selezionare, valorizzare l'impegno e il merito lungo l'intero percorso, non smistare con un test fuori dai cancelli dell'ateneo.
    Non solo, il semestre filtro serve anche agli studenti per confrontarsi e comprendere concretamente le proprie aspirazioni e le proprie potenzialità, perché fare il medico è una missione, oltre che una vocazione, ed è quello che ci aspettiamo tutti quando ci affidiamo ad un dottore che da quel percorso accademico è stato formato. Il medico cura e mette al centro la persona, ricordiamocelo sempre. Ministra, lei ha chiarito con estrema trasparenza punti che nelle ultime settimane sono stati oggetto di allarmi eccessivi e, talvolta, di vere e proprie fake news.
    Gli studenti non hanno perso e non perderanno l'anno, ripetiamolo in tutti gli interventi, stanno accumulando crediti formativi utili e hanno avuto materiali didattici gratuiti; anche la sottolineatura, nell'intervento precedente, delle risorse che il Ministero ha messo a disposizione, accompagnando ovviamente la riforma, dice che non è solo una riforma che deve rimanere sulla carta, ma ci sono delle risorse che vanno destinate ad attuare una riforma. Settantacinque milioni di euro mi sembra che siano proprio la concreta dimostrazione della priorità che questa riforma ha.
    Hanno pagato solo un anticipo delle tasse e hanno potuto iscriversi contemporaneamente a medicina e a un corso affine; hanno già sostenuto due appelli e continueranno a formarsi fino al 28 febbraio. Sulle presunte irregolarità, ha fatto bene non solo a sottolineare, ma anche a metterci tutta la forza non solo della sua persona e della sua credibilità, ma del Ministero. Questo non è accettabile, ovviamente, e non è possibile neanche immaginarlo.
    I dati parlano chiaro: addirittura un monitoraggio tecnologico senza precedenti - lo ricordo per chi ha un po' di esperienza su questi temi - condotto da CINECA, il consorzio che ha messo a disposizione della riforma il supercalcolo, ha analizzato milioni di dati e ha accertato che non vi è stata alcuna fuga sistematica di quesiti. Solo due compiti sono comparsi in rete dopo la conclusione delle prove. È vero, al primo appello fisica è risultata particolarmente ostica, con percentuali di superamento basse, ma, come lei ha giustamente ricordato, siamo solo al primo tempo e mezzo di una procedura che si articola in tre tempi, e quindi mi sembra giusto che, come in una qualsiasi partita, il risultato lo si veda alla fine della partita, non a metà del primo tempo.
    Da milanista convinto, lei sa che tante volte al primo tempo perdiamo, ma poi con gli interisti che abbiamo qui accanto riusciamo, come sempre, a superare e a vincere. Ma, al di là della battuta, è evidente ed è assolutamente chiaro ed è coerente e concreto che una riforma è in corso; se ci sono degli aggiustamenti da fare, li si fanno perché questo è prova solo di intelligenza, come avviene sempre in qualsiasi riforma, ma demonizzarla o esasperare una difficoltà oppure una criticità è un errore che mai si deve fare, in particolare quando finalmente si cambia, perché, se fosse andato tutto bene, non ci sarebbe stato bisogno di cambiare.
    Mi sembra che all'unanimità tutti volevano cambiare quella riforma ed essersi assunti il rischio e la responsabilità, finalmente, come è compito di chi governa e di chi fa politica, di metterci la faccia, di assumersi la responsabilità, di cambiare, di dare una risposta, di indicare un percorso e di arrivare alla fine a misurare questi risultati, i quali già ci sono, mi sembra ovviamente che sia un grande passo avanti. E mi permetta di concludere, sa quanto il gruppo Noi Moderati sia attento al tema della rappresentanza degli studenti universitari, dell'università, che è il luogo dove gli studenti, insieme ai docenti, sono protagonisti. Lei ha aperto assolutamente, appena insediato, l'organismo che rappresenta tutti gli studenti - perché questo anche si è insediato due giorni fa, tre giorni fa, vado a memoria - e immediatamente quando c'è stato, dopo le elezioni, l'organo ufficiale di rappresentanza democratica di tutti gli studenti, lei non ha aspettato altri 8 mesi.
    Ha convocato un tavolo con tutte le rappresentanze degli studenti per dire: insieme collaboriamo a che questa riforma abbia successo, perché questa riforma è nell'interesse, ovviamente, innanzitutto degli studenti (Applausi dei deputati dei gruppi Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE), prima che di qualsiasi parte politica. Poi noi, ovviamente, come Noi Moderati - e concludo - siamo assolutamente orgogliosi di questa riforma, l'abbiamo votata, l'abbiamo sostenuta convintamente, la accompagneremo in questo percorso e la accompagneremo anche nel percorso qualora si dovesse modificarla o migliorarla, ma credo che questo sia nella responsabilità di ognuno di noi e del buon senso, prima ancora della buona politica. Grazie ancora per il lavoro che ha fatto, Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Magi. Ne ha facoltà.

    RICCARDO MAGI

    RICCARDO MAGI (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Ministra Bernini, io sono padre di un bambino piccolo e tra le prime cose che gli stiamo insegnando c'è una regola semplice, ma fondamentale: quando si sbaglia, si chiede scusa. Chiedere scusa non è un atto di debolezza, è un atto di responsabilità, a maggior ragione se si è al Governo e si è superata da un po' la maggiore età. Se è davvero convinta di avere introdotto il semestre filtro per il bene del Paese, alla luce dei risultati, alla luce della prima attuazione - ovviamente lei lo avrà fatto in buona fede -, dovrebbe riconoscere l'errore e assumersene la responsabilità.

    A dirlo non sono io, non è il mio partito +Europa e non sono nemmeno quegli studenti che lei ha liquidato definendoli dei “poveri comunisti” e degli “inutili”. A dirlo sono i numeri, i numeri contano e parlano chiaro: quasi 65.000 studentesse e studenti iscritti a un semestre che doveva durare 6 mesi e che ne è durato 2; tre esami tra i più complessi concentrati in un solo giorno; lezioni online per mancanza di aule; zero informazioni; docenti lasciati soli senza strumenti, né risposte da dare.
    E i risultati di questa inettitudine nel preparare il tutto sono altrettanto eloquenti. Prendiamo il primo appello alla Statale di Milano: fisica, promossi il 12 per cento; biologia il 30 per cento; chimica il 24 per cento. Ministra, quando la stragrande maggioranza non supera un esame, il problema non sono gli studenti, il problema è il sistema. E non ci sarebbe da aspettare di vedere come le cose andranno avanti, perché non miglioreranno da sole.
    È la sua riforma a non avere superato il filtro e ad essere stata bocciata dalla realtà, che per voi viene sempre dopo la propaganda, e quindi non si possono mai, nella dinamica della propaganda, ammettere gli errori. Una riforma imposta senza ascolto, senza risorse, senza rispetto per chi ne avrebbe pagato il prezzo. Quel prezzo oggi lo stanno pagando migliaia di studenti, costretti a spendere tantissimi soldi per corsi privati e persino per gli avvocati. Lo stanno pagando le famiglie con affitti, viaggi, sacrifici economici e personali; persone vere, non numeri su una slide o su un comunicato.
    La verità è semplice: riforme di questa portata non si fanno sperimentando sulla vita delle persone; si fanno ascoltando, finanziando gli atenei, lavorando con serietà. Avete scelto di farla con costi irrisori e inadeguati e il risultato è inadeguato. Gli unici a guadagnare, tra l'altro, da questa riforma sono proprio le lobby che lei diceva di voler colpire, quelle dei corsisti e dei ricorsisti. Oltre 90.000 persone, con la petizione di NumeroGiusto e di Domani in Salute, le chiedono di assumersi le sue responsabilità e dimettersi, non per ideologia, ma perché questa riforma ha fallito.
    Noi sappiamo che lei non lo farà e sappiamo anche, perché ce lo ha dimostrato oggi, che non chiederà scusa. Almeno, però, non penalizzi ulteriormente chi è rimasto intrappolato in questo sistema e garantisca a tutti di dimostrare quanto valgono davvero.

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente.

    Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,15, a partire dalla commemorazione delle vittime della strage di Piazza Fontana. Alle ore 17 seguirà l'informativa urgente del Governo sulla vicenda Monte dei Paschi di Siena-Mediobanca. La seduta è sospesa.

  • In ricordo delle vittime della strage di Piazza Fontana.
    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Colleghe e colleghi, oggi commemoriamo le vittime della strage di Piazza Fontana. Lo facciamo per la 56esima volta dal 12 dicembre 1969, quando accaddero i fatti di Milano. Lo facciamo perché lo pretende la memoria, lo facciamo perché chi dimentica il passato è destinato a riviverlo. Dunque: in quell'infausta giornata, alle 16,37, fu fatto deflagrare un ordigno nei locali della Banca nazionale dell'agricoltura, dove numerosi operatori, per la maggior parte provenienti dalla provincia di Milano, si erano attardati per concludere affari in occasione del mercato del venerdì.

    Le vite stroncate dal vile attentato furono 17 e si contarono anche 88 feriti. Si trattò del tentativo eversivo di destabilizzare la nostra giovane democrazia, che - superati gli anni del “miracolo economico” - si accingeva ad affrontare nuove tensioni sociali e forti rivendicazioni sindacali.
    In questo contesto, l'attentato mirava a instillare panico e paura nella popolazione per giustificare una svolta autoritaria dello Stato e per questo i terroristi - nella stessa giornata - fecero esplodere diversi ordigni anche a Roma, provocando 16 feriti, mentre sempre a Milano una seconda bomba venne ritrovata inesplosa in Piazza della Scala.
    L'attentato rappresentò una ferita indelebile per la storia del nostro Paese e mise a dura prova la tenuta delle istituzioni, che seppero comunque ergersi a difesa dei valori costituzionali e, anche grazie all'impegno e al sacrificio di un'ampia schiera di servitori dello Stato, resero infine vana la più complessiva “strategia della tensione”, che proprio dalla strage di Piazza Fontana prese avvio.
    Duole tuttavia dover prendere atto che, all'esito di un tortuoso percorso giudiziario - non privo di tentativi di depistaggio - la giustizia non è purtroppo riuscita nell'intento di individuare l'esecutore materiale dell'atto stragista, ma unicamente i suoi ispiratori ideologici, riconducibili alla cellula eversiva di Ordine Nuovo.
    Da ultimo, mi piace ricordare che nello stesso 12 dicembre 1969, alle 18,45, si levò in piedi da questo stesso scranno il Presidente Sandro Pertini, che seppe esprimere magistralmente lo sdegno, l'angoscia e la forte preoccupazione a fronte di una strage così vile, unitamente ad un commosso e profondo cordoglio rivolto alle vittime innocenti e alle loro famiglie.
    A distanza di 56 anni, siamo di nuovo qui, “al di sopra di ogni divisione politica”, utilizzando le parole del Presidente Pertini, a rendere un doveroso e imperituro omaggio a quei 17 onesti padri di famiglia che rappresentavano l'emblema del lavoro e dell'operosità di un Paese che si era saputo rialzare dopo una guerra così distruttiva, avviandosi senza incertezze lungo la difficile, ma feconda, via della democrazia e della crescita civile e sociale. Cinquantasei anni dopo, alla vigilia degli 80 anni dall'elezione dell'Assemblea Costituente siamo qui, insieme, ad esaltare lo spirito democratico e di libertà della Repubblica che seppe resistere e ricucire quello squarcio nella storia nazionale causato dalla strage di Piazza Fontana. Invito, dunque, l'Assemblea a osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi). Ha chiesto di parlare il deputato Marco Pellegrini. Ne ha facoltà.

    MARCO PELLEGRINI

    MARCO PELLEGRINI (M5S). Grazie, Presidente. Lei ha appena citato il Presidente Pertini, davvero la ringrazio. Questo rende il nostro compito più facile o più difficile, a seconda dei punti di vista.

    Il 1969, che è l'anno della strage di Piazza Fontana, è l'anno del cosiddetto autunno caldo delle lotte sindacali per un salario e condizioni di vita migliori, per la piena occupazione. È l'anno delle rivendicazioni del diritto allo studio, quindi è l'anno dei cortei, delle proteste, degli scioperi. È l'anno del confronto acceso tra i diversi settori della società italiana, ma purtroppo è anche l'anno - forse proprio per i motivi che ho appena detto - delle bombe, perché dal gennaio del 1969 fino a quel tragico 12 dicembre saranno più di 100 le bombe, gli attentati, gli ordigni che insanguinarono l'Italia. Si arrivò, poi, a quel 12 dicembre terribile, in cui davvero un pezzo d'Italia morì, forse anche la speranza di un futuro migliore morì in quel momento. Persero la vita 17 cittadini innocenti e ci furono tantissimi feriti.
    Tra l'altro, proprio in quelle ore fu messa un'altra bomba a Milano, che per fortuna non esplose, e altre tre bombe a Roma, che provocarono per fortuna soltanto feriti e non morti. Quindi, l'intento degli stragisti fu chiarissimo: quello di seminare il terrore, al fine di bloccare la naturale evoluzione sociale e politica del nostro Paese e, quindi, destabilizzare la Repubblica, sovvertire l'ordinamento democratico imprimendo alle istituzioni una svolta autoritaria. Fu definita “la strategia della tensione”, forse oggi la chiameremmo in maniera diversa, la chiameremo guerra ibrida, è un qualcosa che ha davvero insanguinato per tantissimi anni il nostro Paese.
    Infatti, dopo quella strage ce ne furono tantissime altre, le ricordo velocemente: la bomba sul treno Freccia del Sud del 1970; nel 1972 la strage di Peteano, in cui persero la vita tre carabinieri; nel 1973 la bomba sul treno Torino-Roma; sempre nel 1973, a maggio, la bomba alla questura di Milano, in cui ci furono 4 morti; il 28 maggio 1974 la strage di Piazza della Loggia; sempre nel 1974 la bomba sul treno Italicus che fece 12 morti. Su quel treno era salito anche Aldo Moro e per fortuna - o non per fortuna, forse per un motivo ben preciso - fu fatto scendere. Poi, arriviamo alla strage del 2 agosto. Quindi, fu una scia di sangue lunghissima, che non ebbe eguali in alcun Paese europeo.
    Quindi, quel 12 dicembre 1969 i terroristi neri, con le coperture, i finanziamenti e gli aiuti anche da parte di apparati deviati dello Stato, che vennero accertati però solo molti anni dopo, avevano l'obiettivo di creare una frattura nella società italiana e, come detto, una svolta autoritaria e repressiva.
    Si è avuta certezza di tutto ciò, della matrice neofascista della maggior parte delle stragi e degli attentati che ho appena citato, solo dopo percorsi giudiziari lunghissimi e davvero tortuosi e dopo orrendi depistaggi, che hanno di fatto impedito in questo caso l'accertamento penale della responsabilità.
    In una sentenza della Cassazione - e concludo, Presidente - è scritto, nero su bianco, che due ordinovisti, Freda e Ventura, erano i responsabili dell'attentato, ma, siccome erano stati assolti precedentemente, nel 1987, non erano più perseguibili e, quindi, per questa orrenda strage non ha pagato nessuno.
    Noi abbiamo il dovere di ricordare la strage, i morti, le vittime, le tantissime vittime, perché, come ha appena detto lei, un Paese che non è capace di ricordare i propri drammi è condannato a viverli - Dio non voglia - nuovamente (Applausi).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Antoniozzi. Ne ha facoltà.

    ALFREDO ANTONIOZZI

    ALFREDO ANTONIOZZI (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, 56 anni fa, a Milano, una terribile strage inaugurava un periodo buio della nostra Repubblica. Decine di persone innocenti morirono nella Banca nazionale dell'agricoltura, senza trovare mai giustizia. Un innocente, Valpreda, fu accusato ingiustamente di esserne l'autore. Non siamo riusciti a fare giustizia di quella orrenda strage e di altre che si susseguirono negli anni a venire e, da quelle stragi, altri innocenti, come l'anarchico Pinelli e il commissario Calabresi, morirono. Fu una strage indiscriminata a danno di civili inermi, mai rivendicata e senza precedenti nel secondo dopoguerra italiano.

    Quell'eccidio, quasi fosse un atto di guerra in tempo di pace, rischiò di innescare un processo di rottura dell'ordine democratico. A poco più di 20 anni dalla liberazione, l'Italia aveva vissuto grandi trasformazioni, con lo sviluppo industriale. Era un membro della NATO, inserito nel blocco occidentale e tra i fondatori della Comunità economica europea. Si trovava, però, durante la cosiddetta Guerra fredda, vicino ad una delle frontiere più calde del continente, l'Europa orientale. Con un Partito Comunista tra i più forti nel mondo, il conflitto sociale era intenso, con contestazioni e scioperi frequenti: un quadro che alimentava tentazioni sovversive.
    A distanza di tanti anni non possiamo che rimanere attoniti dinanzi alla violenza che si consumò. Non può esserci prescrizione morale per quanti furono responsabili di un atto vile, che minacciò la tenuta della nostra democrazia. La reazione degli italiani fu determinante per difendere la nostra impalcatura costituzionale e, insieme, cittadini, partiti, sindacati, i corpi intermedi, furono l'asse portante del collante civile. Io non so se arriveremo mai alla verità, ma il ricordo, la testimonianza, la memoria aiutano a tenere alta la bandiera della conciliazione, del rifiuto dello scontro, della violenza. Perché una cosa possiamo dire con certezza: quella violenza non ha germogliato niente; non è servita a nessuna regia, palese o occulta, di chi immaginava di scardinare lo Stato democratico. Anzi, ha rafforzato un'Italia consapevole che il dialogo democratico e la testimonianza morale sono il sale della nostra democrazia e della nostra Nazione.
    Ricordo, commosso, l'incontro tra le vedove Calabresi e Pinelli - erano su fronti opposti - come esempio di pacificazione nazionale. A loro, a tutte le vittime, ai tanti feriti, nel corpo e nello spirito, va il nostro ricordo commosso e sentito. E mi consentirete una notazione di carattere personale. Quel dicembre del 1969 io avevo 12 anni, giocavo a calcio, aspiravo a diventare un campione. Naturalmente non avvenne. Un altro giovane di 12 anni, che aveva la mia stessa passione, quel giorno era, ahimè, in Piazza Fontana. Il ricordo di quella foto, il ricordo di quel nome l'ho ancora impresso nella mente. Si chiamava Enrico Pizzamiglio: aveva 12 anni, amava il calcio, tifava per l'Inter, ambiva, nei suoi sogni, di diventare un campione. Quel giorno perse i piedi, in quella strage, e, insieme ai piedi, volarono via i suoi sogni. Nella certezza che saranno celebrati sempre, nel ricordo commosso, come martiri della libertà e della democrazia (Applausi).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lia Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.

    LIA QUARTAPELLE PROCOPIO

    LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Piazza Fontana, per la storia d'Italia e la storia di Milano, fu tante cose. Fu soprattutto una voragine che inghiottì persone, famiglie e, con loro, l'innocenza dell'Italia repubblicana. Fu 17 vittime quel giorno, 88 feriti - come ricordava anche il collega Antoniozzi - e, poi, altre 2 vittime: Giuseppe Pinelli, 3 giorni dopo, entrato vivo in questura e uscito cadavere, e il commissario Luigi Calabresi, ucciso nel 1972. Il 12 dicembre 1969 fu i silenzi, il potere che non racconta le cose, i servizi segreti deviati, la strage di Stato, la pista neofascista per destabilizzare la democrazia. Fu il primo di tanti attentati di un terrorismo oscuro e fu anche la memoria che non è mai riuscita a essere condivisa, come testimoniano le due lapidi che ricordano Giuseppe Pinelli, davanti alla Banca nazionale dell'agricoltura.

    Piazza Fontana divise, contrappose, lacerò, ma Piazza Fontana fu anche altro. Fu il silenzio di 300.000 persone, tre giorni dopo, in Piazza Duomo, durante i funerali. Fu quel silenzio che disse, senza slogan e senza striscioni, quello che la città di Milano sentiva. Lo spiegò bene Pietro Nenni al sindaco socialista di Milano di allora, Aldo Aniasi: è questa gente qui oggi, in Piazza Duomo, che sta salvando la democrazia.
    Fu l'impulso dei partiti milanesi, guidati dal segretario del Partito Comunista di allora, Gianni Cervetti, che si riunirono nel Comitato antifascista per la difesa dell'ordine repubblicano: un presidio di vigilanza e di unità che dura ancora oggi, che si contrappose al terrorismo e che aiutò la città in quei duri anni del terrorismo.
    E, infine, Piazza Fontana fu un abbraccio, 40 anni dopo, il 9 maggio del 2009, al Quirinale, tra Gemma Calabresi e Licia Pinelli: perché non l'abbiamo fatto prima? Si dissero le due donne, sotto gli occhi di Giorgio Napolitano, a testimonianza di un Paese lacerato dal terrorismo, che però seppe ritrovare l'unità, seppe fare riconciliazione.
    Noi siamo questo Paese qui. Siamo il Paese delle verità taciute, nascoste, mancate, della lacerazione portata dal terrorismo e della contrapposizione tra ideologismi, degli strappi, dei tormenti, delle ombre dello Stato, della giustizia che arriva sempre troppo tardi e mai tutta intera. Ma siamo anche il silenzio di quei 300.000, i partiti che si riunirono in un comitato per difendere la Repubblica. Siamo anche quell'abbraccio. Lo siamo stati, possiamo tornare ad esserlo, anche oggi o, forse, soprattutto oggi (Applausi).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bordonali. Ne ha facoltà.

    SIMONA BORDONALI

    SIMONA BORDONALI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, l'anniversario della strage di Piazza Fontana lo sento in modo particolarmente profondo. Lo sento non solo come rappresentante delle istituzioni repubblicane, ma anche come bresciana, come cittadina di una comunità che sa cosa significhi vivere a lungo con una ferita aperta nel cuore della propria città. Milano, il 12 dicembre 1969, e Brescia, il 28 maggio 1974, sono unite da un filo doloroso e indelebile. Due piazze diverse, due momenti diversi, ma la stessa violenza eversiva, lo stesso tentativo di colpire la democrazia seminando paura tra i cittadini. Chi vive in una città che ha conosciuto una strage sa che nulla torna davvero come prima: i luoghi cambiano significato, la memoria diventa parte dell'identità collettiva, il silenzio delle piazze parla per anni. A Milano, con la strage di Piazza Fontana, 17 persone innocenti furono uccise e decine ferite.

    Fu l'inizio della stagione più buia della nostra Repubblica, l'avvio della strategia della tensione, un attacco diretto allo Stato democratico e alla fiducia dei cittadini nelle istituzioni. A Brescia, in Piazza della Loggia, 5 anni dopo quella stessa violenza colpì ancora: 8 morti, oltre 100 feriti; colpì cittadini che erano lì per difendere la democrazia, la libertà, i valori costituzionali; colpì una città intera, che, da allora, convive con una memoria dolorosa, ma anche con una profonda coscienza civile. Milano e Brescia condividono, dunque, non solo un lutto, ma anche la responsabilità della memoria, la responsabilità di ricordare che quelle stragi non furono fatalità, ma atti politici eversivi pensati per destabilizzare il Paese. E condividono anche la risposta, una risposta fatta di partecipazione, di richiesta ostinata di verità e giustizia, di difesa quotidiana della democrazia.
    Ricordare oggi Piazza Fontana significa riconoscere che la nostra Repubblica è stata messa alla prova duramente e non è caduta; che quelle piazze ferite sono diventate luoghi di impegno civile e di educazione alla memoria. Come bresciana, so che la memoria non è mai solo un esercizio del passato, è una responsabilità presente, e, come parlamentare, credo che quest'Aula abbia il dovere di rinnovare ogni volta l'impegno a custodire quella memoria e a trasformarla in azione politica in difesa dei valori costituzionali e in rifiuto netto di ogni forma di violenza e di odio, e che rigetti l'eversione, a partire dal percorso culturale e formativo dell'individuo. Per le vittime di Milano, per le vittime di Brescia e per tutte le vittime del terrorismo eversivo, perché non c'è democrazia senza memoria e non c'è memoria senza responsabilità (Applausi).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandro Battilocchio. Ne ha facoltà.

    ALESSANDRO BATTILOCCHIO

    ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI-PPE). Grazie, Presidente. La strage di Piazza Fontana è ormai considerata un evento periodizzante della storia d'Italia, perché è il primo devastante atto terroristico dal dopoguerra e perché, con il 12 dicembre 1969, inizia quella che fu denominata strategia della tensione, il lungo e triste periodo degli anni di piombo. Le vicende di quella terribile giornata e il grande numero di vittime, tra morti e feriti, sono stati ricordati dagli interventi precedenti.

    Per commemorare quella strage e le loro vittime ritengo opportuno sottolineare alcune peculiarità di quell'evento. Il primo riguarda l'iter giudiziario. Nel 2005, con la sentenza della Corte di cassazione, a 35 anni di distanza dalla strage, quell'iter si è chiuso non individuando alcun colpevole, dal momento che i condannati in primo grado furono assolti. La giustizia, e dunque lo Stato, all'incapacità di fare luce su un terribile atto terroristico aggiunsero una clamorosa beffa: i parenti delle vittime furono chiamati a pagare le spese processuali.
    Un'altra caratteristica peculiare in senso negativo della strage di Piazza Fontana è che quel barbaro atto terroristico produsse altre due tragedie: la prima riguarda la morte, mai chiarita, di Giuseppe Pinelli, militante anarchico, che fu la prima persona arrestata il giorno stesso della strage. Nonostante fosse del tutto estraneo alla vicenda, fu trattenuto e interrogato per diversi giorni nella questura di Milano, fino a quando non precipitò da una finestra. La seconda è la morte del commissario Calabresi.
    Anche in questo caso, come i fatti hanno accertato, Calabresi non era presente quando si verificò la morte di Pinelli, ma, a seguito di una dura campagna di stampa, quella morte fu imputata a lui, ponendo le basi che portarono, poi, all'omicidio del commissario. Piazza Fontana, come le stragi che seguirono in quegli anni, deve rappresentare un monito, anche a molti anni di distanza, e quel monito ci dice che la democrazia rappresenta un tesoro prezioso, che va difeso da ogni minaccia, non solo materiale, ma anche e soprattutto culturale.
    Per quanto riguarda le vittime di quella strage, la pietà umana nei loro confronti è doverosa, ma non è sufficiente, perché lo Stato non può accettare che, a 56 anni di distanza, se si sa che il gruppo di Ordine Nuovo fu l'ispiratore, ancora non si conoscano gli esecutori materiali di un'azione criminosa che fu anche e soprattutto un'azione di guerra contro lo Stato e contro la nostra democrazia (Applausi).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giulia Pastorella. Ne ha facoltà.

    GIULIA PASTORELLA

    GIULIA PASTORELLA (AZ-PER-RE). Signor Presidente, care colleghe e cari colleghi, il 12 dicembre 1969, nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in Piazza Fontana, a Milano, 17 persone persero la vita e 88 rimasero ferite in un attentato che colpì al cuore la nostra Repubblica. Fu un attacco feroce contro le istituzioni democratiche e contro la fiducia dei cittadini nello Stato. La verità processuale, maturata dopo decenni di indagini e altrettanti depistaggi, indica, però, come responsabili gli estremisti neofascisti di Ordine Nuovo.

    Sappiamo anche che altri ordigni furono collocati quello stesso pomeriggio, ordigni che avrebbero potuto moltiplicare morte e distruzione in un disegno volto a seminare tensione, terrore e a sovvertire l'ordine democratico del Paese. Oggi, in quest'Aula, ricordiamo le vittime di quella strage. Le ricordiamo per custodirne la memoria, per onorarne il dolore delle famiglie e per riconoscere che nessuno ha pagato fino in fondo sul piano giudiziario, e il Parlamento ha il dovere morale di tenere viva questa memoria. Ma ricordiamo Piazza Fontana anche come monito per il presente: la storia ci insegna che la democrazia non va data mai per scontata.
    Ancora oggi, nel mondo, attori ostili cercano di indebolire e sovvertire i nostri sistemi democratici, temendone i valori che essi rappresentano. È proprio di fronte a queste sfide che dobbiamo riaffermare con forza i valori che animano la nostra Repubblica: la libertà, l'uguaglianza davanti alla legge, lo Stato di diritto. Ricordare Piazza Fontana significa rinnovare l'impegno a difendere queste conquiste in tutte le sedi. Permettetemi, in conclusione, un pensiero personale alla mia città, Milano. Milano fu ferita profondamente quel 12 dicembre, 17 famiglie vennero colpite da un dolore irreparabile.
    Eppure, Milano seppe rialzarsi con la sobria testardaggine e lo spirito democratico e antifascista che la contraddistinguono. Milano non dimentichi i suoi cittadini e l'Italia non smetta mai di difendere, in Europa e nel mondo, i valori democratici, valori che donne e uomini continuano ancora oggi a proteggere, anche a costo della propria vita (Applausi).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luana Zanella. Ne ha facoltà.

    LUANA ZANELLA

    LUANA ZANELLA (AVS). Grazie, Presidente. Il 12 dicembre del 1969, alle ore 16,37, una bomba esplose all'interno del salone centrale della Banca dell'Agricoltura di Milano. Colpì uomini “vestiti di grigio e marrone”, disse il poeta Pasolini, dando così l'immagine di quella umanità innocente fatta di agricoltori, gente semplice, legata al sudore della terra. Tanti depistaggi non hanno impedito nel tempo di conoscere con certezza la matrice dell'infame atto: fu neofascista, organizzato grazie al contributo di Ordine Nuovo, una struttura nata dalle costole del Movimento Sociale Italiano.

    Molti dei suoi militanti, soldati, furono poi salvati dai nostri Servizi segreti, che dettero una mano decisiva anche per creare la famosa pista anarchica che portò in carcere, da innocente, Pietro Valpreda. Tutto questo è ormai storia, lo abbiamo sentito anche oggi pomeriggio. Quel giorno, altre quattro bombe vennero messe in altrettanti obiettivi tra Roma e Milano, causando altri feriti. L'operazione era stata preceduta dalla campagna di terrore sui treni.
    Manifestazioni erano già programmate per portare la violenza in piazza e costringere il Governo, presieduto da Mariano Rumor, ad indire lo stato di emergenza, rompendo le garanzie costituzionali. L'obiettivo era arrivare al golpe per chiudere la pagina della Repubblica costituzionale, democratica e antifascista. Un vecchio obiettivo di un largo fronte reazionario, sempre vivo e attivo, nel nostro Paese. I golpisti fallirono grazie alla fermezza del democristiano Rumor, che non cedette al ricatto e mantenne lo Stato di diritto e grazie a un enorme movimento di uomini e donne che sfilò silenzioso il giorno dei funerali delle vittime; un'immagine potente di un popolo democratico ferito, ma indomito e capace di rispondere con determinazione e coraggio ai tentativi eversivi e alla violenza stragista.
    La bomba di Piazza Fontana uccise 17 persone, ne ferì quasi 90. Una contabilità di morte alla quale dobbiamo aggiungere la diciottesima vittima, Pinelli, il ferroviere anarchico caduto, precipitato giù da una finestra della questura, dove era scattata la macchina del fango che accusava i rossi; senza che nessuno abbia mai potuto spiegare come fu possibile. A questo lungo elenco di nomi e di persone va il nostro commosso ricordo. Ai loro familiari una sentita gratitudine per aver tenuto viva la memoria di questi terribili momenti e avere incessantemente preteso la verità (Applausi di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maria Elena Boschi. Ne ha facoltà.

    MARIA ELENA BOSCHI

    MARIA ELENA BOSCHI (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Il 12 dicembre 1969 segna uno spartiacque nella storia del nostro Paese. La strage di Piazza Fontana portò via la vita, spezzò la vita barbaramente a 17 persone e rimasero ferite altre 88 persone. Come è stato ricordato, il bilancio delle vittime non fu più grave solo per casi fortuiti, perché rimase inesploso un altro ordigno a Milano e perché le esplosioni a Roma portarono a distruzione e, purtroppo, al ferimento di altre persone, ma, per fortuna, non aumentarono il bilancio delle vittime.

    Quella strage segna uno spartiacque, perché dà avvio alla stagione delle stragi che, per oltre dieci anni, colpirono duramente il nostro Paese fino alla strage di Bologna del 1980, perché inizia, con la strage di piazza Fontana, “la strategia della tensione”, come fu definita da The Observer il giorno successivo.
    I gruppi di estrema destra eversivi di Ordine Nuovo cercavano di sostituire con la paura, il terrore, una stagione nuova di partecipazione, di entusiasmo, di riforme che i cittadini chiedevano in un'Italia molto diversa da quella di oggi, in una democrazia ancora giovane e ancora fragile. Iniziò un periodo in cui si cercò di minare quelle fondamenta fragili della nostra democrazia e di puntare ad una svolta autoritaria anche, come è stato ricordato, con pezzi deviati dei servizi segreti del nostro Paese che collaborarono, attivamente, a quel piano e a quella strategia. Molti sperarono, all'indomani della strage di Piazza Fontana, in una reazione scomposta e comprensibile, magari delle famiglie, o in una reazione diversa della città di Milano e di gran parte dei cittadini italiani che avrebbero potuto portare, poi, a scelte autoritarie, rigide e alla sospensione dei diritti fondamentali. Questo non avvenne grazie non soltanto alla tenuta delle famiglie, ma anche alla risposta molto composta della città di Milano che partecipò ai funerali, qualche giorno dopo, in misura massiccia - oltre 300.000 cittadini davanti al Duomo di Milano -, ma senza cedere a reazioni che avrebbero assecondato i progetti di chi aveva voluto stroncare la vita di quelle persone.
    Sono iniziati processi tortuosi, con depistaggi durati per decenni, che non hanno portato ad una condanna processuale, ma all'accertamento dei responsabili di Ordine Nuovo, Freda e Ventura, sì. Non hanno ottenuto giustizia le famiglie delle vittime, non hanno ottenuto giustizia i feriti di quella strage.
    Ecco, credo che oggi non dobbiamo limitarci a ricordare quelle vittime o le persone che sono rimaste ferite, ma dobbiamo sostituire a quella condanna processuale, che è mancata, una condanna politica e una condanna storica, che però deve essere unanime da parte di tutti, perché, se oggi la nostra democrazia sicuramente è più forte, se la nostra Repubblica sicuramente oggi è più forte, abbiamo bisogno, però, di costruire anche un futuro comune più solido e più forte. Questo si può basare solo ed esclusivamente su una memoria autenticamente condivisa (Applausi).

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 17 con lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sulla vicenda Monte dei Paschi di Siena-Mediobanca.

  • Informativa urgente del Governo in relazione alla vicenda Monte dei Paschi di Siena-Mediobanca.
    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una informativa urgente del Governo in relazione alla vicenda Monte dei Paschi di Siena-Mediobanca.

    Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi - per 7 minuti ciascuno - e delle componenti politiche del gruppo Misto - per un tempo aggiuntivo - in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica.

    (Intervento del Ministro dell'Economia e delle finanze)

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'Economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti.

    GIANCARLO GIORGETTI

    GIANCARLO GIORGETTI, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente. La presente informativa è volta a fornire un quadro di insieme dell'intervento pubblico nella Banca Monte dei Paschi di Siena Spa dal salvataggio del 2016 ad oggi, evidenziando il ruolo svolto dal MEF nell'acquisizione e successiva dismissione della partecipazione di controllo, nonché i dati economico-finanziari dell'operazione che, anche grazie all'oculato lavoro del management, ha portato a un progressivo rafforzamento e alla valorizzazione della banca, il cui valore è passato da un minimo di 1,95 euro a operazione nel 2022 ai 5,52 euro a operazione nel novembre 2024, fino a superare a dicembre 2025 gli 8 euro. Ricordo in tale contesto di aver ribadito la piena fiducia nell'amministratore delegato, dottor Lovaglio, nominato dal precedente Governo, il quale ha gestito l'operazione di salvataggio e risanamento e che - ricordiamolo - ha percepito un compenso esponenzialmente inferiore rispetto a quello degli amministratori di banche di dimensioni comparabili.

    Il MEF è entrato nel capitale di Monte dei Paschi allo scopo di rilanciare la banca in una fase di grave difficoltà, sia economica sia sotto il profilo del capitale regolamentare richiesto, evitando pertanto potenziali effetti negativi per i risparmiatori e per l'intero sistema finanziario, essendo Monte dei Paschi considerata quale banca a rilevanza sistemica.
    La ricapitalizzazione del 2022, che è stata sottoscritta sia dal MEF che dal mercato in misura proporzionale, in coerenza con la regola del pari passu richiesta dall'Europa, ha rappresentato il punto di svolta nel percorso di rilancio, consentendo l'avvio del nuovo piano industriale che ha garantito il ritorno alla redditività e a una forte creazione di valore.
    Con le successive cessioni delle azioni effettuate in ottemperanza agli impegni assunti nei confronti della Commissione europea di perdita del controllo, allo stesso tempo ha realizzato introiti complessivi pari a circa 2,6 miliardi, a fronte di un investimento nel 2022 appunto di 1,6 miliardi, mantenendo una quota di partecipazione residua attualmente valorizzabile, alle attuali quotazioni di mercato di circa 1,2 miliardi. La ricostruzione analitica dei vari passaggi procedimentali, dall'acquisizione alla vendita, effettuata sulla base della documentazione elaborata dal competente dipartimento del Ministero e trasmessa agli organi di vigilanza e alla Commissione europea, consente di dimostrare come gli stessi siano il portato degli specifici obblighi assunti a livello europeo, con l'obiettivo di realizzare la perdita di controllo da parte dello Stato, ma al contempo garantire un asset strategico per il risparmio e pertanto per la sicurezza economica nazionale.
    Ricordo, infatti, che fin dal dicembre 2022, avevo garantito l'impegno del Governo ad uscire in modo ordinato dalla banca, preservandone il valore e il ruolo di sostegno ai territori e alle imprese, così come a settembre del 2023 ribadivo che Monte dei Paschi di Siena può diventare una leva per costruire un polo forte bancario, il cosiddetto terzo polo, che assicurasse una significativa presenza territoriale anche nel Centro-Sud. Una delle opzioni per il mercato era l'integrazione con Banco BPM, di cui si discuteva fin dal 2021, ma, come tutti sanno, tale operazione è stata preclusa da fattori sopravvenuti. Il management ha pertanto optato per l'OPS su Mediobanca, operazione autonomamente deliberata e sulla quale, come azionista, abbiamo preso atto delle scelte della società e del loro razionale. Tutte le doverose interlocuzioni, che ho avuto con gli esponenti del sistema istituzionale e creditizio, sono state sempre orientate a rappresentare l'opportunità di realizzare assetti idonei a garantire un futuro stabile all'istituto, senza alcun tipo di ingerenza o pressione nei confronti degli attori o dei titolari di diritti di voto.
    Tale opportunità si poneva, sul piano più generale, in piena coerenza con la convinzione della necessità di rafforzare il sistema bancario nazionale e l'idoneità dei suoi assetti all'esercizio della strategica funzione creditizia per l'economia italiana e, in particolare, per le peculiarità del suo sistema produttivo. È un indirizzo che, come noto, ho sempre ribadito in ogni occasione di confronto sul sistema finanziario, in primis in sede parlamentare.
    Tra febbraio e luglio 2016, la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa è stata sottoposta allo stress test condotto dall'Autorità bancaria europea, in cooperazione con la Banca centrale europea e alle autorità di vigilanza nazionali, finalizzato a valutare la resilienza delle banche dell'Unione europea e la loro capitalizzazione in condizioni critiche. Ad esito dello stress test è emerso che, nell'ipotesi di scenario avverso, Monte dei Paschi avrebbe mostrato un significativo peggioramento della situazione patrimoniale. Alla luce di tali risultati, la Banca centrale europea ha richiesto l'adozione di misure correttive per ristabilire un capitale regolamentare adeguato, quantificato in 8,8 miliardi, che la Banca ha tentato di ripristinare richiedendo un intervento di ricapitalizzazione agli investitori. Tuttavia, come è noto, l'aumento di capitale richiesto non ha raccolto l'adesione del mercato.
    Di fronte al rischio di un dissesto con potenziali effetti sistemici, il 23 dicembre 2016 il Governo ha adottato il decreto-legge n. 237, recante “Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio”, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2017, n. 15, che ha specificatamente disciplinato l'istituto della ricapitalizzazione precauzionale, previsto dalla normativa unionale quale misura che può essere adottata per evitare o rimediare a una grave perturbazione dell'economia di uno Stato membro e preservarne la stabilità finanziaria.
    Con tale intervento, lo Stato ha perseguito l'obiettivo principale di proteggere i risparmiatori e garantire la continuità operativa dell'istituto, evitando che le difficoltà ipotetiche della banca, quali quelle che sono emerse dallo stress test, si traducessero in difficoltà effettive, con conseguenze per l'intermediario stesso e per la complessiva stabilità del sistema finanziario.
    L'intervento pubblico complessivo dell'epoca è stato pari a 5,4 miliardi - di cui 3,9 destinati all'aumento di capitale della banca e 1,5 riservati al ristoro degli investitori al dettaglio coinvolti nel burden sharing - e ha comportato l'incremento della partecipazione del Ministero dell'Economia e delle finanze a circa il 68 per cento del capitale della banca.
    Come previsto dalla normativa comunitaria, la ricapitalizzazione precauzionale ha richiesto la redazione di un piano di ristrutturazione da attuare nell'arco del periodo 2017-2021 e l'assunzione di una lista di commitment da parte dello Stato italiano, anche per conto di Banca Monte dei Paschi di Siena, nei confronti della Direzione concorrenza della Commissione europea. Il piano includeva, tra l'altro, la riduzione dell'enorme stock di crediti deteriorati, la razionalizzazione dei costi delle filiali e un rafforzamento dei sistemi di controllo interno e di governance. Tra gli impegni più rilevanti, si ricorda quello relativo alla dismissione da parte dello Stato della partecipazione in Monte dei Paschi al di sotto della soglia del 20 per cento, e comunque in misura tale da perderne il controllo, entro la conclusione del periodo di ristrutturazione del piano, vale a dire entro la fine del 2021, poi prorogato, come vedremo, al 2024.
    Per quanto attiene agli impegni assunti nei confronti della Commissione europea con riferimento alla dismissione della partecipazione acquisita dal Ministero, la disciplina dell'alienazione è stata oggetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 ottobre 2020, adottato dal Governo Conte. Tra le modalità con cui dare attuazione a tale obiettivo, il DPCM ha specificatamente individuato l'ipotesi di una operazione straordinaria di aggregazione. Pertanto, sin dall'autunno del 2020 il Ministero e Banca Monte dei Paschi di Siena si sono attivamente impegnati nella ricerca di un partner bancario con standing primario, successivamente individuato in UniCredit con cui, nel luglio 2021, sono state avviate e condotte interlocuzioni in esclusiva al fine di verificare la fattibilità dell'operazione di alienazione della partecipazione detenuta dal MEF.
    Com'è noto, l'operazione con UniCredit non ha avuto esito favorevole a causa principalmente della divergenza sull'onere che lo Stato avrebbe dovuto accollarsi per rendere l'acquisizione accettabile.
    Il fallimento della trattativa, improvviso e inaspettato per il Governo Draghi, ha fatto emergere per il MEF l'esigenza di: richiedere alla Commissione europea una proroga del termine per la perdita del controllo oltre il 2021; individuare piani alternativi di rafforzamento patrimoniale della banca, resa necessaria dalle perdite cumulate, che avevano ulteriormente ridotto il capitale regolamentare; infine, di finanziare l'attuazione del piano industriale 2022-2026.
    Nell'autunno del 2022 Monte dei Paschi di Siena ha pertanto lanciato un aumento di capitale da 2,5 miliardi, sottoscritto per ulteriori 1,6 miliardi dal MEF (oltre a quelli precedentemente ricordati) e per 900 milioni dal mercato, nel rispetto del principio del pari passu per assicurare la conformità dell'operazione alla normativa in materia di aiuti di Stato.
    Successivamente alla realizzazione dell'aumento di capitale, è stato possibile realizzare il piano di rilancio, che ha visto incrementare sensibilmente la redditività della banca e migliorare notevolmente la propria solidità patrimoniale. Conseguentemente, il valore del titolo si è progressivamente incrementato da un minimo di 1,95 euro per azione ad ottobre 2022 sino ai 5,52 euro per azione in occasione dell'ultima cessione di novembre 2024, per giungere - come ho ricordato prima - a una quotazione attuale superiore agli 8 euro. Tale circostanza ha consentito al MEF di realizzare le operazioni di cessione del controllo in un contesto di valore crescente del titolo, beneficiando di proventi da dismissione crescenti. Com'è noto, gli introiti sono andati a riduzione del debito, come previsto dalla normativa vigente.
    Come accennato, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 ottobre 2020 ha autorizzato, all'esito dell'operazione di scissione del compenso di crediti deteriorati, la dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero in Monte dei Paschi di Siena, da effettuarsi in una o più fasi, mediante modalità e tecniche di vendita in uso sui mercati, nello specifico attraverso il ricorso singolo o congiunto a un'offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia e/o a investitori istituzionali italiani o internazionali, ad una trattativa diretta da realizzare attraverso procedure competitive trasparenti e non discriminatorie, e ad una o più operazioni straordinarie, ivi inclusa un'operazione di fusione.
    In conformità a quanto prescritto nel DPCM, il Ministero ha realizzato nel biennio 2023-2024 le seguenti tre operazioni: il 20 novembre 2023, il MEF ha proceduto alla cessione della prima tranche per 314.922.429 azioni ordinarie, pari al 25 per cento del capitale sociale di Banca Monte dei Paschi di Siena, attraverso un backstopped accelerated book building, cosiddetta ABB (d'ora in poi chiamata ABB) riservato ad investitori istituzionali italiani ed esteri. A fronte della domanda raccolta, pari a cinque volte l'ammontare iniziale, l'offerta è stata incrementata dal 20 al 25 per cento del capitale sociale. Il corrispettivo per azione è stato pari a euro 2,92, per un controvalore complessivo pari a circa 920 milioni di euro. Il corrispettivo incorpora uno sconto pari al 4,9 per cento rispetto al prezzo di chiusura delle contrattazioni. La partecipazione detenuta dal MEF in Monte dei Paschi si è quindi ridotta in questa circostanza dal 64,23 per cento al 39,23 per cento del capitale sociale.
    Il 26 marzo 2024, il MEF ha ceduto 157.461.216 azioni ordinarie, corrispondenti al 12,5 per cento del capitale sociale, attraverso un altro ABB riservato a investitori istituzionali italiani ed esteri. La domanda raccolta è stata pari a oltre tre volte l'ammontare iniziale. Il corrispettivo per azione è stato pari a euro 4,15, per un controvalore complessivo pari a 653 milioni di euro. Il corrispettivo ha incorporato uno sconto pari al 2,49 per cento rispetto al prezzo di chiusura delle contrattazioni, pari a euro 4,256. Con questa seconda tranche, la partecipazione detenuta dal MEF in Monte dei Paschi si è ridotta dal 39,23 al 26,73 circa del capitale sociale.
    Il 13 novembre del 2024 è stata perfezionata la cessione di 188.975.176 azioni ordinarie, pari al 15 per cento del capitale sociale, attraverso un altro ABB riservato a investitori istituzionali italiani ed esteri. A fronte della domanda raccolta, pari a oltre il doppio dell'ammontare iniziale, e alla presenza di un premio del 5 per cento rispetto al prezzo di chiusura del mercato alla data dell'operazione pari a euro 5,516, l'offerta è stata incrementata - che è un'opzione prevista nell'affidamento bookrunner - dal 7 al 15 per cento del capitale sociale. Il corrispettivo per azione è stato pari a 5,792 per un controvalore complessivo pari a circa 1,1 miliardi di euro. La partecipazione detenuta dal MEF in Monte dei Paschi si è ridotta dal 26,7 all'11,7 per cento circa del capitale sociale, ottemperando agli obblighi assunti nei confronti della Commissione europea di ridurre la partecipazione a una quota inferiore al 20 per cento. Ricorderete che la data limite era quella del dicembre 2024.
    Nel dettaglio, l'operazione del 13 novembre 2024, come da prassi, si è svolta in due fasi: la prima, riguardante la nomina del bookrunner; la seconda, a mercato chiuso, attraverso l'annuncio al pubblico e al mercato dell'avvio dell'offerta. A seguito dell'annuncio, si è avviata la fase centrale, ossia l'attività di raccolta degli ordini trasmessi dagli investitori istituzionali. L'iter procedimentale è stato dettagliatamente ricostruito dal Dipartimento dell'economia in occasione delle interlocuzioni con la Commissione europea, che ha richiesto chiarimenti sulla procedura seguita.
    In particolare, è stato comunicato alla Commissione che la cessione delle azioni MPS, tramite ABB del 13 novembre 2024, è stata supportata dagli Advisor finanziari, Jefferies GmbH e UBS Europe SE e dall'Advisor legale, Clifford Chance.
    Operativamente, per il tramite dell'Advisor legale Clifford Chance, è stato trasmesso alle banche invitate a partecipare alla procedura di selezione del bookrunner il confidentiality agreement propedeutico alla ricezione della cosiddetta invitation to tender, contenente tutti i termini e le condizioni dell'ABB. In particolare, detto confidentiality agreement è stato trasmesso a Banca Akros Spa, Bank of America Securities Europe SA, Citigroup Global Markets Europe AG ("Citi"), Jefferies e UBS.
    Successivamente, è stato loro trasmesso l'invitation to tender a seguito del quale sono pervenute le seguenti comunicazioni: Citi ha comunicato di non essere interessata a partecipare alla selezione; Banca Akros ha indicato un back stop price finale, ossia un prezzo fisso minimo di acquisto, di euro 5,513 per azione, e dunque uno sconto pari allo 0,05% del prezzo di chiusura delle azioni di Monte dei Paschi di Siena al 13 novembre 2024; il back stop price indicato dagli altri 3 soggetti era inferiore.
    Alla chiusura delle operazioni di borsa e ricevute le risposte dei candidati bookrunner, il MEF ha nominato Banca Akros quale bookrunner dell'ABB in ragione del fatto che l'offerta garantiva le migliori condizioni per la dismissione delle quote permettendo un maggior introito per le casse dello Stato.
    A borsa chiusa, il MEF ha diffuso il comunicato stampa avente a oggetto l'avvio dell'offerta agli investitori istituzionali delle azioni Banca Monte dei Paschi di Siena recante l'indicazione di Banca Akros in qualità di bookrunner, lo stesso è stato pubblicato sul sito internet del MEF. Contestualmente, Banca Akros ha dato comunicazione agli investitori istituzionali dell'avvio dell'ABB, ripresa dalle principali agenzie specializzate italiane e internazionali, tra cui Bloomberg e AGI.
    L'acquisizione degli ordini dagli investitori è stata quindi gestita direttamente da Banca Akros e il MEF non ha conosciuto, prima della presentazione del book (ossia del documento finale sulle offerte), né il numero degli investitori individuati da Banca Akros, né la modalità di selezione.
    All'esito del bookbuilding, Banca Akros ha illustrato al MEF la composizione del book e le caratteristiche degli ordini raccolti. A fronte di ordini raccolti per oltre due volte il book e un premio di oltre il 5 per cento rispetto al prezzo di chiusura del titolo Monte dei Paschi, il MEF, su proposta del bookrunner, ha deciso di esercitare, similarmente a quanto fatto nei precedenti ABB, la facoltà di incremento dell'offerta e, accogliendo la proposta di Banca Akros, di assegnare le azioni oggetto dell'offerta agli investitori istituzionali che in sede di bookbuilding avevano trasmesso ordini con il prezzo di acquisto più alto.
    Successivamente, il bookrunner ha terminato le attività di bookbuilding, dandone comunicazione agli investitori istituzionali. Parallelamente, il MEF ha diffuso il relativo comunicato stampa con i risultati dell'offerta e l'indicazione del prezzo finale di euro 5,792 per azione. A seguito della predetta procedura, come specificato anche dalla Consob, sono state acquistate, direttamente o per tramite di soggetti incaricati, le seguenti quote: Delfin 3,5 per cento, Caltagirone 3,6 per cento, Anima 3 per cento e BPM 5 per cento. Da sottolineare che, secondo quanto comunicato dal bookrunner, anche pubblicamente, nessun investitore che ha presentato offerte in seno alla procedura è stato escluso.
    Concludendo la fase di uscita dal controllo della banca, il Ministero ha ottemperato agli impegni assunti nei confronti della Commissione europea e, in tale ottica, le stesse dimissioni di 5 dei componenti del CdA, tratti dalla lista MEF, rappresentano un comportamento coerente con i suddetti obblighi di perdita del controllo.
    Va sottolineato che nessuna delle offerte ha determinato l'acquisto di una partecipazione di controllo, ipotesi nella quale il premio da pagare sarebbe dovuto essere ben maggiore ed adeguato alla acquisizione di una posizione di controllo. Esulano ovviamente dalla procedura e dalle competenze del MEF eventuali successive acquisizioni di azioni autonomamente effettuate sul mercato di parte di singoli soggetti.
    Mi preme, inoltre, evidenziare un elemento assai importante sulla legittimità della procedura: la stessa Commissione europea, con nota del 21 ottobre 2025, a seguito di una approfondita istruttoria attivata sulla base di un esposto di Mediobanca, ha concluso nel senso che la procedura di dismissione è stata aperta, trasparente e competitiva. Successivamente, la partecipazione del MEF si è ulteriormente ridotta al 4,86 per cento per effetto dell'aumento di capitale effettuato da Monte dei Paschi di Siena per supportare l'Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio sulla totalità delle azioni di Mediobanca Banca di Credito Finanziario Spa, lanciata a gennaio del 2025.
    Questa operazione, al pari dell'offerta pubblica di scambio lanciata da Mediobanca su Banca Generali, è stata oggetto di notifica da parte della società ai sensi della normativa sul golden power, ma la decisione del Governo italiano, adottata su proposta del MEF, è stata in entrambi i casi di non esercitare i poteri speciali, non ravvisandosi rischi per la sicurezza economica nazionale. In relazione all'offerta di scambio lanciata dal Monte dei Paschi, va precisato che la stessa, realizzata senza alcun esborso di risorse pubbliche, è avvenuta allorché il MEF aveva dismesso la partecipazione di controllo, e pertanto quando la banca era ormai liberata da vincoli più significativi imposti dalla Commissione, in primis il divieto di effettuare nuove acquisizioni.
    Si è trattato di operazione deliberata dal CdA, peraltro all'unanimità, coerente con le finalità di garantire un polo bancario di rilevante struttura, in relazione alla quale il MEF, per la struttura dell'operazione, ha potuto prendere atto dell'intervenuta valorizzazione dell'asset e dell'assenza di oneri a carico della finanza pubblica, votando favorevolmente, nell'assemblea degli azionisti del 17 aprile, alla proposta di aumento del capitale sociale, da liberare mediante conferimento in natura, a servizio dell'OPS, approvata da ben oltre l'80 per cento degli aventi diritto, operazione che ha poi visto un'altissima adesione da parte dei soci di Mediobanca (le adesioni totali all'Offerta hanno raggiunto la quota dell'86,3 per cento del capitale sociale di Mediobanca).
    Concludo: per quanto riguarda il futuro della residua quota del MEF - come detto pari al 4,86 per cento di un controvalore ovviamente variabile, ma ben superiore al miliardo -, ogni determinazione dovrà essere adottata non già in una logica di mera cassa, ma in un'ottica strategica, vista la rilevanza del risparmio per la tutela della sicurezza economica nazionale. Resta inteso che il MEF, in coerenza con gli impegni assunti a livello europeo, non presenterà comunque alcuna lista in occasione del rinnovo del consiglio di amministrazione. Grazie per la vostra attenzione (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier, Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE e Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare).

    (Interventi)

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

    Ha chiesto di parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.

    MAURIZIO LUPI

    MAURIZIO LUPI (NM(N-C-U-I)M-CP). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro dell'Economia, il nostro gruppo la ringrazia per la sua esposizione puntuale e meticolosa, e mai come in questo momento, rispetto a tutto quello che si è ascoltato e si è sentito, era necessaria una relazione puntuale e meticolosa, dove i numeri non sono noiosi, ma, come diceva un grande scrittore, sono testardi. La realtà è sempre testarda, e i passaggi che lei ha fatto e che ha offerto al Parlamento ci danno un quadro oggettivo, su cui poca interpretazione potrebbe essere fatta.

    Abbiamo letto accuse, controaccuse, eccetera. La sua ricostruzione ci porta ad un una serie di considerazioni, che sono molto puntuali e che dicono quale strategia il pubblico, il Governo, lo Stato dovrebbe seguire in un settore così importante e così delicato. La prima considerazione generale - mi permetto di farla perché è stato un suo passaggio importante e tanta discussione su questo è avvenuta in queste settimane, in questi mesi, sul ruolo e sulla funzione delle banche, sulla considerazione che la maggioranza di centrodestra ha sul ruolo delle banche e sui contributi che si sono chiesti - è che tutta l'operazione che lei ha descritto e le azioni fatte in questi anni hanno dimostrato come non solo per il Governo o la maggioranza di centrodestra, ma, credo, per tutti noi, il ruolo delle banche sia un ruolo fondamentale.
    È fondamentale per la sicurezza economica del Paese, uso ovviamente il suo linguaggio. È fondamentale per il sistema produttivo del Paese e consolidare un sistema bancario nella libertà del mercato e nelle funzioni strategiche che noi dobbiamo svolgere è il ruolo primario che dobbiamo fare. Da questo punto di vista confermiamo anche noi, ma credo che abbiamo condiviso tutti l'intervista poi fatta su Il Sole 24 Ore dall'amministratore delegato della più grande banca di questo Paese. È vero, le banche sono fondamentali per la tenuta dei conti pubblici, sono fondamentali per la tenuta economica di questo Paese, sono uno strumento importante al servizio dell'economia reale e, in tanti casi, hanno dato un contributo altrettanto importante, anche in questo ultimo periodo, per le strategie di sviluppo e di crescita, perché l'obiettivo è poi lo sviluppo della crescita.
    Prima osservazione, così evitiamo tutti gli equivoci di chi crede che le banche siano dei Dracula che succhiano o, invece, siano sante. Le banche sono fondamentali. Seconda considerazione, mi sembra che lei ha citato la Commissione europea nella ricostruzione. Qualche settimana fa, addirittura qualche comunicato stampa da parte di gruppi dell'opposizione, oppure commentatori e opinionisti, avevano accusato il Ministro Giorgetti nell'operazione Mediobanca-Monte dei Paschi di avere esercitato chissà quale ruolo a fronte dell'indagine della procura della Repubblica.
    Mi sembra che, indipendentemente dalle opinioni, dopo il parere del 21 ottobre del 2025 della Commissione europea e ancora di più, dopo sei mesi - sei mesi - di procedure da parte della Consob, si sia stabilito che, in modo netto - leggo - e senza fronzoli che nel caso MPS-Mediobanca non esiste alcun concerto. Non sussiste alcun concerto! Ci sono condizioni ottimali e corrette che si sono seguite.
    Ultima considerazione, che è quella ovviamente più politica. In questi casi io credo che maggioranza e opposizione dovrebbero dire: il Governo su questo tema, il Ministro dell'Economia, nella sua politica economica, ha seguito l'interesse pubblico nazionale. Poi possiamo anche dire: io avrei fatto, svilupperei in una maniera diversa le risorse come sono venute. Basta fare la somma dei numeri che lei ha fatto e che cos'era Monte dei Paschi solo 6 anni fa, e che cos'è oggi come realtà, anche sul tema delle aggregazioni.
    Allora, qual è l'unica colpa che si può addebitare a lei e al Governo? È quella di avere rilanciato una banca? Se è una colpa, noi la ringraziamo per avere rilanciato una banca. È quella di avere reso stabile il quadro economico e la sicurezza economica di questo Paese? Se è una colpa, noi la ringraziamo per questa colpa. Quando si vuole rafforzare il sistema bancario e si dice che al proposito si ha una condotta, questo è stato il paradosso, come si fa ad accusare il Ministro Giorgetti e il Ministero dell'Economia di irregolarità o di chissà che cosa quando tutta la politica economica di questi 3 anni è stata condotta sulla serietà e sul rigore dei conti pubblici?
    Anzi, questa era un'accusa al contrario che era rivolta a questa maggioranza e al Ministro Giorgetti. Troppa cautela, troppa serietà. La priorità è uscire dalla procedura di infrazione. Chi ha vissuto, come me, da Ministro, cosa vuol dire fare un bilancio sotto procedura di infrazione sa quanto è importante uscire dalla procedura di infrazione. Ma non per il Governo o per una forza politica. Per le famiglie, per le imprese, per il sistema economico di questo Paese. Questo è il punto. È una colpa questa?
    Avere dato stabilità, avere uno spread di poco sopra i 60 punti, avere ottenuto il riconoscimento dalle agenzie di rating, che a volte, a seconda se siamo all'opposizione o in maggioranza, sono brave o sono cattive, avere permesso di poter pagare meno il nostro debito pubblico chi avvantaggia?
    Ecco, io credo che questa sia la considerazione che, dal nostro punto di vista, dobbiamo fare. C'è tutta poi la riflessione di sviluppo: come il sistema economico bancario deve essere sempre più al servizio dell'economia reale; come si possono costruire forti poli bancari per competere nello scenario europeo e altrettanto tutelare le presenze territoriali, che sono altrettanto fondamentali; come pensare - e concludo - ad un sistema bancario che guardi al cittadino non semplicemente come un algoritmo, ma per la storia che rappresenta.
    Ma questo è tutto un altro film ed è tutta un'altra discussione che appartiene legittimamente al confronto politico e alle visioni politiche. Grazie ancora per questa informazione puntuale, continui così da parte di Noi Moderati e, credo, di tutto il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Noi Moderati (Noi con l'Italia, Coraggio Italia, UDC e Italia al Centro)-MAIE-Centro Popolare, Fratelli d'Italia, Lega-Salvini Premier e Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Osnato. Ne ha facoltà.

    MARCO OSNATO

    MARCO OSNATO (FDI). Grazie, Presidente. Grazie anche al signor Ministro per questa informativa, che era stata molto richiesta, era molto attesa. A parole, nei fatti non mi sembra che abbia raccolto un'attenzione così maggioritaria all'interno della nostra Aula. Però io la ringrazio, perché ha ragione il collega Lupi.

    Ha ragione nel dire che, comunque, è sempre importante evidenziare la realtà anche se, in una realtà evidente - mi scusi il gioco di parole -, è sempre importante mettere bene al centro i numeri, che sono difficilmente smentiti. E mi permetterò, in questo breve intervento, di raccontare anche perché siamo qui a parlare di Monte dei Paschi di Siena e perché lei, come i suoi predecessori, ha avuto un ruolo sul Monte dei Paschi di Siena.
    Monte dei Paschi di Siena è una banca, la più antica d'Italia - dice qualcuno addirittura del mondo, non lo scopro io -, che, incredibilmente, però, era sull'orlo del fallimento o, forse, peggio: non l'ha detto Marco Osnato, lo dice la Banca centrale europea a seguito degli stress test che lei ricordava. E non devo ricordare a nessuno che questa banca era in quella situazione anche e, soprattutto, per una cattiva gestione derivante anche da ingerenze - usiamo un larghissimo eufemismo - di un partito politico che, nella città di Siena allora, non adesso, aveva evidentemente un ruolo importante, che in Toscana aveva, e ha ancora adesso, un ruolo importante e che, per molti anni, ha anche governato questa Nazione. Sarà un caso, ma, evidentemente, devo anche ricordare come nel collegio uninominale di quella città, nella scorsa legislatura, venne eletto il Ministro che precedette il Ministro Giorgetti (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
    Allora, voglio dire questo: se siamo qui è perché abbiamo dovuto risanare una banca. C'era un famoso detto “abbiamo una banca”, noi possiamo dire “abbiamo risanato una banca” (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Una banca che è partita nel 2022 con una azione che valeva 1,95 euro; oggi l'azione - ci dice il Ministro - vale 8 euro. Ci sarà, forse, un motivo in questo. E lo dico perché, se ho capito bene dalla sua relazione, signor Ministro, questo valore, alla fine, dopo questo lungo lavoro, non è solo di quest'ultimo Governo, ma principalmente di quest'ultimo Governo. Ricordo anche quando molti insistevano per far uscire lo Stato dall'azionariato del Monte dei Paschi a quote e a valori sicuramente molto inferiori. Ebbene, oggi possiamo dire che, partendo dai 2,6 miliardi di euro di introiti e dal residuo di 1,2 miliardi di oggi, forse abbiamo restituito agli italiani qualcosa che avevano perso perché qualcun altro si era dimenticato di vedere quello che succedeva (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
    Allora, a noi cosa interessa? Capire se il Ministero dell'Economia e delle finanze, ora e prima, ha fatto le cose per bene. E credo che, particolarmente negli ultimi anni, le cose sono state fatte per bene. Lo ha raccontato il Ministro, ma non, ovviamente, per difendere sé stesso, per difendere l'operato di un'azione di Governo e delle strutture del Ministero, che hanno resistito anche a pressioni, a indicazioni, ad articoli di giornali particolarmente cruenti. Ed oggi, se il tema deve essere questo, sappiamo anche dalla procura di Milano che il MEF non è oggetto di accertamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), non è considerato un elemento in un ipotetico reato oppure illecito finanziario.
    Sappiamo dalle parole del nostro Ministro che la Commissione europea ha evidentemente certificato che il lavoro fatto dal Ministero è quello di una gara che è stata trasparente e aperta e, quindi, anche su questo, credo che i dubbi non ci siano. Dai giornali abbiamo saputo che anche la Consob - non smentito questo - ha evidenziato la regolarità delle procedure. Quindi, credo che, per quello che riguarda questa informativa e quest'Aula, possiamo essere abbastanza sereni (Commenti della deputata Serracchiani). Abbiamo anche saputo che la Commissione europea ha tolto il vincolo su nuove acquisizioni rispetto alla situazione pregressa del Monte dei Paschi. Quindi, anche su questo, non c'è una questione.
    E, allora, probabilmente credo, ma mi sbaglierò, che si vuole mescolare una questione riguardante l'azione del Ministero dell'Economia e delle finanze con quanto, dai giornali e anche da un'inchiesta giudiziaria, succede posteriormente a questo, e si vuole evidenziare, probabilmente, un ruolo di qualcuno. Io non lo so. A me, che non sono un grande esperto, lo dichiaro, il termine “concerto” fa anche un po' sorridere, perché nel concerto uno si immagina una cosa bella, in cui tutti insieme cercano di identificare una melodia e suonarla assieme; oggi assume un ruolo negativo perché, evidentemente, qualcuno ritiene che ci siano stati accordi non particolarmente trasparenti. Non lo so, sceglierà la procura se andare avanti nell'indagine, se chiedere un rinvio a giudizio, il giudice dell'udienza preliminare deciderà se assecondare questa richiesta eventuale di rinvio a giudizio, ed eventualmente, alla fine, ci sarà un giudice che deciderà se c'è stato qualcosa. Intanto noi sappiamo che le cose sono andate in questo modo.
    Vado a conclusione, Presidente, dicendo che, evidentemente, in questo concerto c'erano molti che volevano scrivere lo spartito, c'erano molti che volevano utilizzare i propri strumenti; evidentemente, qualcuno si è sentito talmente solista da andare anche ad esplicitare questa sua insofferenza. Quindi io credo che tutto stia nell'ordine delle cose e a noi, in quest'Aula, rispetto al Ministero dell'Economia e delle Finanze e al Governo, ci interessa solo che abbiamo restituito i soldi agli italiani che qualcuno aveva fatto perdere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Merola. Ne ha facoltà.

    VIRGINIO MEROLA

    VIRGINIO MEROLA (PD-IDP). La ringrazio, signor Presidente. Vedete, non è accettabile l'informativa del Ministro che abbiamo appena ascoltato. Noi abbiamo chiesto - lo ripeto - informazioni sulla vicenda MPS-Mediobanca e di quest'ultima abbiamo sentito molto poco, non fosse altro per le differenti finalità delle due banche che ci sono state finora. Quindi, secondo anche questa informativa, anche se non esplicitamente, tutto sarebbe corretto e quello che appare non corrisponderebbe alla realtà dei fatti. Noi riteniamo che quello che avete fatto e state continuando a fare sia un intervento a favore di interessi di parte e cordate che vi interessa sostenere.

    Questa è la verità, proprio quella che appare in superficie, non c'è bisogno di dietrologie. Potete, dunque, nascondervi sotto una correttezza formale, ma questa presunta correttezza è sotto inchiesta della magistratura, è sotto una procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Al di là di questo, vedremo quali saranno i risultati di queste inchieste. Noi riteniamo che sia chiara la finalità con cui avete agito e il modo con cui avete interferito nel mercato con questa vicenda.
    Sulla cessione della partecipazione pubblica, ci è stato detto che la procedura accelerata risponderebbe a esigenze di efficienza e di tutela del valore. Resta, però, un dato politico al quale non avete risposto: una quota rilevante è stata collocata in un arco temporale estremamente ristretto, con la scelta di concentrare l'assegnazione su pochi soggetti già presenti nell'azionariato, che hanno agito senza comunicazione preventiva, come previsto dalla legge vigente. È una scelta che si discosta, secondo noi, in modo evidente da precedenti operazioni analoghe e che incide sugli equilibri complessivi del sistema, non solo sull'esito di una singola transazione.
    Dunque, noi continuiamo a pensare che la Consob vi abbia seguito malamente su questo, dichiarando che il cosiddetto concerto - ripeto, non dichiarato preventivamente da quattro azionisti - era giustificabile perché si trattava di una cordata conosciuta che agiva da tempo. Debole difesa, molto debole, che testimonia solo di mancati e dovuti controlli, di incompetenza desiderosa di nuovi incarichi, magari in Mediobanca. Non c'è stato solo un concerto, vedete, ma un Governo che ha assecondato e voluto quello che possiamo chiamare un “concerto delle coincidenze”, se volete, quasi una sinfonia, seppure stonata. Avete cominciato, infatti, con un andante piano, contatti informali, incontri avvenuti per qualcuno, poi negati da altri, oltre a quelli istituzionali. Nella seconda parte siamo andati a un andante con moto, un uso del golden power, lo strumento speciale per difendere gli interessi nazionali, per ostacolare le operazioni di mercato di UniCredit.
    Ma quale interesse nazionale motiva un intervento su una banca nazionale attraverso il golden power? Il vostro interesse di parte, per riequilibrare territorialmente a favore di altre banche e azionisti il mercato, cosa che non ha nulla a che fare con l'interesse nazionale, ma con miopi visioni localistiche. Dunque noi siamo, invece, per un uso del golden power come è stato voluto da ultimo dal Governo Draghi, cioè per contrastare interferenze extraeuropee che potrebbero compromettere il mercato europeo e la libera concorrenza. Noi siamo per un mercato bancario dei capitali unico in Europa, per dare maggiori opportunità ai risparmiatori di investire i loro risparmi, come sappiamo oggi fermi in modo ingente sui conti correnti o peggio in contante e siamo per eliminare gli ostacoli alla libera competizione tra gli attori sul mercato.
    Invece, voi continuate a seminare ostacoli e, infatti, la terza parte della vostra sinfonia stonata un allegro finale. State proponendo nella riforma del testo unico della finanza testi che - guarda un po' ancora la coincidenza - indeboliscono la disciplina dell'azione di concerto e introducono disparità nuove tra imprese e società presenti sul mercato, creando in prospettiva un sistema di deroghe per società di futura quotazione e piccole e medie imprese.
    In conclusione, voglio confermare quanto detto mesi fa dall'onorevole Tabacci e dalla nostra segretaria Schlein di recente. È stato subito chiaro che, invece di fare gli arbitri, avete giocato la partita per interessi di parte a danno dell'autentico interesse nazionale. Per questo abbiamo sostenuto anche la richiesta di un'indagine conoscitiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

    GIULIO CENTEMERO

    GIULIO CENTEMERO (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ringrazio il Ministro per l'informativa puntuale e documentata. Ci tengo solo a commentare, prima di iniziare il mio intervento, che, a mio avviso, il collega del PD, che è un amico, si è sbagliato rispetto alla Commissione europea, che invece si è espressa in maniera favorevole rispetto all'operato del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e Fratelli d'Italia). Oggi non stiamo discutendo semplicemente di una singola operazione finanziaria, ma di una questione più ampia: il ruolo dello Stato nel sistema bancario, il rapporto tra interesse pubblico e mercato e la tutela del risparmio, che la nostra Costituzione affida in modo esplicito alla Repubblica. Monte dei Paschi di Siena non è una banca qualunque. È stata negli anni un problema sistemico che rischiava di produrre effetti gravi non solo per i risparmiatori, ma per l'intero sistema finanziario nazionale.

    Lo Stato è intervenuto quando il mercato non era più in grado di farlo, evitando un dissesto che avrebbe avuto conseguenze ben più costose per i cittadini. Ma c'è un punto che va chiarito con forza: il successo dell'operazione MPS è stato non solo entrare nel capitale, ma anche e soprattutto saperne uscire e saperne uscire bene (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
    La vera svolta non è stata soltanto la ricapitalizzazione precauzionale nel 2016; la vera svolta di fatto è stata l'aumento del capitale nel 2022, sottoscritto dal MEF, in pari passo - come ricordava il Ministro - con il mercato, su richiesta della tanto famigerata Commissione europea. Lì lo Stato ha fatto una scelta chiara: non un intervento assistenziale, ma un investimento industriale. E i numeri parlano da soli: il titolo MPS è passato da meno di 2 euro nel 2022 a oltre 8 euro nel 2025. Le dismissioni hanno generato circa 2,6 miliardi di euro di incassi. Non c'è stata alcuna svendita e lo dicono i numeri.
    La procedura di accelerated bookbuilding (ABB) è uno strumento standard internazionale che usano tutti i Tesori del mondo per questo tipo di operazione. Il prezzo è stato a premio e non a sconto e la cosa è inusitata e la domanda superiore all'offerta; questo testimonia che l'obiettivo del Tesoro è stato massimizzare l'incasso per lo Stato, per il pubblico quindi.
    In queste settimane, il dibattito pubblico si è, però, acceso anche per la pubblicazione di alcune intercettazioni, che è un po' un vizio tutto italiano. Ma come ci ha insegnato Umberto Eco, tra il rumore e la notizia c'è una differenza sostanziale. Qui il rumore ha fatto audience, la notizia sta nei fatti. Consiglio a tutti per Natale di mettere sotto l'albero l'ultimo romanzo del grande Umberto Eco, “Numero zero”, che è il suo settimo romanzo ed è molto, molto interessante.
    Le Autorità di vigilanza hanno escluso l'esistenza di un concerto, anche di una sinfonia a dire il vero, scusate la battuta (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
    Il MEF non è oggetto di indagine e questo è nei fatti. Andando a concludere, il caso MPS dimostra una cosa: che lo Stato può intervenire quando serve ed uscire senza distruggere valore, come invece è avvenuto in passato in molti salvataggi bancari. Questo è l'interesse pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pittalis. Ne ha facoltà.

    PIETRO PITTALIS

    PIETRO PITTALIS (FI-PPE). Grazie, Presidente. Ringrazio, a nome del gruppo di Forza Italia, il Ministro Giancarlo Giorgetti per la sua chiara e puntuale informativa, avendo illustrato al Parlamento i passaggi salienti dell'operazione economico-finanziaria che ha portato il MEF a cedere più della metà delle sue partecipazioni al Monte Paschi di Siena.

    Tutti ricordiamo - penso che lo ricordino bene gli amici del Partito Democratico - gli anni in cui Monte dei Paschi di Siena registrava perdite miliardarie, indagini giudiziarie, salvataggi pubblici e ripetute capitalizzazioni. Lo Stato è dovuto intervenire più volte, diventando azionista di maggioranza, per preservare e garantire la sopravvivenza dell'istituto. Siamo d'accordo che, forse, un'indagine conoscitiva anche per accertare le responsabilità non solo gestionali e di natura amministrativa, ma anche politiche, forse sarebbe davvero il caso.
    Negli ultimi anni, grazie ad un rigoroso piano di ristrutturazione, Monte dei Paschi di Siena ha finalmente iniziato a risalire la china, tornando ad essere, come ricordava il Ministro Giorgetti, competitivo e tornando soprattutto a creare utili. L'offerta pubblica di acquisto e scambio su Mediobanca rappresenta evidentemente il naturale coronamento di questa fase di rilancio, alla quale dobbiamo tutti ricordare che ha risposto l'unico giudice o l'unico arbitro, che è il mercato, e ha risposto positivamente.
    Riteniamo, dunque, che si siano create le condizioni perché questo nuovo polo, che rappresenta il terzo gruppo italiano del credito, possa diventare un riferimento stabile per imprese, famiglie e per grandi operazioni di mercato.
    Monte dei Paschi di Siena è dunque tornato oggi a far parlare di sé per motivi positivi e non certo per le difficoltà in cui stava rischiando di affogare fino a pochi anni fa. E allora, mi chiedo e, soprattutto, chiedo alle opposizioni qual è il senso della richiesta di informativa urgente al Ministro dell'Economia? Perché è stata avviata un'inchiesta giudiziaria? Perché sono stati, come di consueto, del tutto illegittimamente diffusi stralci di intercettazioni? Non spetta alla politica, certo, esprimere giudizi sulle inchieste, anche se trovo quantomeno singolare che certa magistratura assuma iniziative oggi che il Monte dei Paschi di Siena è stato rilanciato, mentre è rimasta inerme nel corso degli anni in cui la banca era diventata un luogo di sprechi e di furti.
    Mi pare che, ancora una volta, in barba ai principi cardini della nostra civiltà giuridica, le opposizioni tentino di utilizzare un'indagine della procura di Milano, che non vede coinvolto il Ministro Giorgetti, che non vede coinvolto il MEF e che non vede coinvolto il Governo, per sollevare un polverone fine a sé stesso, forse con l'obiettivo di far dimenticare agli italiani i famosi capitani coraggiosi o il senso proprio di quella espressione rimasta celebre “abbiamo una banca” o il dissesto del Monte dei Paschi salvato, come detto, con miliardi pubblici.
    Cari colleghi dell'opposizione, sono tutte fotografie che non appartengono al nostro album di famiglia. Ed allora, quali sono i fatti di cui discutiamo oggi? C'è un'indagine della procura di Milano che, come detto, non vede coinvolto nessuno del Governo che, peraltro, ha agito sempre nel rispetto delle regole e della prassi, posto che la procedura accelerata, con la quale nel novembre del 2024 il MEF diede l'incarico di cedere il 15 per cento delle sue azioni Monte dei Paschi di Siena, ha rispettato pienamente la normativa vigente in materia di dismissioni. Dunque la legge è stata pienamente rispettata e “i se e i ma”, che dovrebbero rimanere fuori da ricostruzioni fantasiose, che anche oggi ho sentito dai banchi della opposizione, valgono zero. Se non c'è stato illecito e il Governo ha rispettato le regole, mi chiedo di cosa dobbiamo parlare oggi. Avrei capito se l'esito dell'operazione, dal punto di vista finanziario, fosse stata fallimentare, se la partecipazione pubblica in Monte dei Paschi fosse stata svenduta, creando uno spreco di risorse pubbliche e di soldi dei cittadini italiani, non giustificato dalle logiche di mercato. Ecco, di tutto questo non solo non c'è traccia, ma possiamo affermare che la cessione delle azioni del MEF è stata molto remunerativa per le finanze pubbliche, più del doppio di quanto preventivato in partenza.
    Dunque, è un'operazione che Forza Italia valuta più che positivamente, non solo dal punto di vista finanziario, ma anche politico, dal momento che il nostro partito, come ha ricordato anche recentemente il segretario nazionale Antonio Tajani, è da sempre fautore del vecchio motto “Meno Stato, più mercato” e perché proprio il tema delle privatizzazioni è stato più volte riproposto, con forza, da Forza Italia.
    L'Italia ha bisogno di soggetti e - sottolineo - di soggetti nazionali, più grandi e più forti, che nascano da logiche di mercato, con la consapevolezza che si dovrà privatizzare la quota ancora pubblica dell'istituto senese. Concludo ribadendo il sostegno di Forza Italia e la massima fiducia nel Ministro Giorgetti, del quale valutiamo positivamente l'operato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente-PPE).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alifano. Ne ha facoltà.

    ENRICA ALIFANO

    ENRICA ALIFANO (M5S). Grazie, Presidente. Ringrazio anche il Ministro, al quale però devo fare un appunto. Ministro, lei è venuto qui in Aula, ma non ha risposto alle domande che le opposizioni le rivolgevano. Lei ha impiegato molto del suo tempo per rammentarci la storia di lacrime e sangue di MPS, lacrime e sangue versate dai cittadini italiani, dalle tasche degli italiani, dagli iscritti alle casse di previdenza.

    Siamo noi che abbiamo risanato MPS, non il Governo, prima cosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Poi si è dilungato sull'elogio dei titoli di MPS per non turbare i mercati. Va bene, d'accordo, ma non risponde a quello che noi le abbiamo chiesto; è stato estremamente vago. Non ha risposto sul fatto che, attualmente, c'è un procedimento penale in corso - ce l'hanno ricordato i colleghi che mi hanno preceduto, in primis il collega Osnato - per aggiotaggio e per ostacolo alla vigilanza. Non ci ha risposto sul ruolo di Banca Akros, un piccolo istituto che non aveva avuto incarichi precedenti dello stesso tipo e che si ritrova ad essere intermediario unico per il collocamento delle azioni di MPS. Lei non ci ha risposto: è stato anche su questo estremamente vago. Una scelta, tra l'altro, quantomeno sospetta, visto che Banca Akros è una merchant bank di Banco BPM, quindi, quantomeno, si profilava un conflitto di interessi. “Una procedura con 4 stranezze, 4 invitati e 4 identici prezzi in 9 minuti”: così titolava un editoriale del Corriere della Sera. Gli invitati chi erano? Caltagirone, Delfin, Banco BPM e Anima, affetti, a quanto pare, da telepatia, visto che offrirono lo stesso prezzo in 9 minuti, un premio sul valore di MPS, lo stesso. Quindi, se non c'era concerto in questa ipotesi, non so dove si può ascoltare una musica simile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)… E non ci ha risposto nemmeno sul ruolo delle casse di previdenza coinvolte nell'acquisto di azioni di Mediobanca, senza una delibera formale dei consigli di amministrazione e utilizzando intermediari che hanno sede in Paesi che non collaborano con le autorità di vigilanza: altra stranezza, ma lei non ci risponde nemmeno su questo.
    Ma non ci ha risposto nemmeno sul ruolo che ha avuto il Governo nell'opporre il golden power sulla vicenda UniCredit. E qui è vero; qui invece c'è un intervento della Commissione europea, visto che paventava un grave pregiudizio per gli interessi essenziali dello Stato. Quali sono non si è capito; forse c'era solo l'interesse di bloccarne alcuni per favorirne altri, anche perché poi la Consob - e adesso parliamo della Consob - in aprile aveva approvato il Documento di offerta relativo; penso che lei lo ricorderà benissimo; l'offerta di scambio volontaria sulla totalità delle azioni di Banco BPM. Ecco, c'è stato l'esercizio, da parte del Governo, del golden power però, anche su questo, Ministro, lei non ci ha detto praticamente nulla.
    E veniamo alla conclusione di questa vicenda. Qual è? È che i concertisti di cui si parlava prima, e dunque MPS, ha lanciato poi un'offerta pubblica di scambio su Mediobanca e l'ha conquistata. L'ha conquistata, certo, la posta più appetibile, lo sappiamo tutti, è Generali che detiene una cassaforte importante: sono i risparmi dei cittadini italiani. Ora, si è sentito tanto, ho ascoltato il collega Pittalis: è il mercato che deve fare le sue regole, la politica forse se ne deve tener fuori. Eh no, caro collega. Attraverso di lei, Presidente, io vorrei rispondere proprio al collega Pittalis. Qui parliamo di democrazia economica - democrazia economica! - collega, perché l'esercizio del credito è un'attività che è funzionale proprio alla democrazia economica; è un'attività funzionale a questi elementi fondamentali che costituiscono i principi portanti del nostro vivere; è un'attività di rilievo pubblico, un'attività che deve essere funzionale, collega, alla raccolta del risparmio, ma non solo a quello: alla crescita economica, al lavoro. Non può essere funzionale agli interessi di pochi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle); deve essere indirizzata al bene pubblico. E come può essere indirizzata al bene pubblico, se si concentra in poche mani, quando l'erogazione del credito viene concentrata in poche e fidate mani? Ebbene, c'è un dubbio sicuramente, anche perché rappresenta un vulnus allo stesso principio democratico, Presidente.
    Voglio solo rammentare uno degli attori di questa vicenda, Caltagirone. Ebbene, il gruppo Caltagirone detiene Il Messaggero, Il Mattino, Il Gazzettino, Il Corriere Adriatico, Il Nuovo Quotidiano di Puglia e finanche Leggo (Il deputato Osnato: “Comprerà anche il Fatto Quotidiano!”): è una specie di Citizen Kane. Qui il vulnus non è solo al principio della democrazia economica; è proprio allo Stato democratico, e la democrazia, ce l'ha dimostrato la storia, è un regime …

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Concluda.

    ENRICA ALIFANO

    ENRICA ALIFANO (M5S). … si, Presidente, affetto da precarietà. Ne abbiamo parlato prima quando abbiamo ricordato la strage di Piazza Fontana. Io voglio concludere con queste parole di Karl Popper: “Le istituzioni sono come le fortezze: resistono se è buona la guarnigione”. Ebbene, la guarnigione, Presidente, mi preme doverlo dire, è proprio fiacca (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), se non complice di chi vuole minare la fortezza della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benzoni. Ne ha facoltà.

    FABRIZIO BENZONI

    FABRIZIO BENZONI (AZ-PER-RE). Grazie, Presidente. Tre premesse prima di entrare nel merito. La prima: il Monte dei Paschi è stato risanato, negli ultimi anni, in un percorso che l'ha portato a essere quello che era e, quindi, un ringraziamento va ai Governi che, in questi anni, hanno messo mani al Monte dei Paschi e l'hanno così riportato. Peraltro, il Ministro Giorgetti era membro di tutti quei Governi che, ultimamente, abbiamo visto: quindi, un merito assoluto.

    La seconda, il percorso di consolidamento delle banche italiane è un percorso che ci chiede la BCE e, quindi, è in linea con un percorso di solidità che ci viene chiesto e che va in quella direzione.
    La terza, siamo in Parlamento e non in tribunale. Abbiamo massima fiducia nella BCE, nella Consob, in Bankitalia e nella magistratura che faranno il loro lavoro e interverranno laddove ci sono dei principi che non sono rispettati.
    Il tema è, invece, un tema politico che c'è, che è evidente e che lei non ha toccato. Infatti, bisogna capire se, in questo percorso di consolidamento bancario, vogliamo attuare un principio di mercato o anche un principio che abbia una logica di governance politica e se le regole devono essere quelle di garantire il risparmio degli italiani, la concorrenza, la competitività del mercato o quelle di garantire un controllo del sistema bancario italiano. Cioè, la domanda vera è: il Governo è arbitro o giocatore?
    Perché, vede, lei non ha citato l'unica cosa che, forse, in questa partita fa un po' la differenza, ossia l'applicazione della golden power su un'altra operazione, che è quella di UniCredit su Banco BPM. Perché questo incide. Non solo perché ha condotto a non portare a casa quell'operazione, legittimamente prescelta, di chi si è tirato indietro, perché sta portando un'infrazione europea su quella procedura e perché ha portato anche alcuni giudizi; ma perché, proprio quel soggetto, salvato dalla golden power è poi uno dei soggetti protagonisti di questa operazione.
    Rispetto a quella vendita che viene data a un soggetto controllato proprio da Banco BPM, che vende le azioni a quattro soggetti, di cui uno è Banco BPM e il secondo è Anima Holding - che era tra l'altro sotto passivity rule, perché oggetto di un'OPA sempre di Banco BPM - è evidente che questo, che non rappresenta nulla di illegittimo e nulla di inopportuno, perché rappresenta quello che la legge permette, è tutto influenzato dall'applicazione della golden power iniziale del Governo. Perché quella golden power ha portato a questo processo, che è il dato finale.
    Chiudo con due cose. Parlate spesso di extraprofitti delle banche, ne parlano molti membri di questa rispettabile maggioranza. L'extraprofitto c'è dove manca la concorrenza. È evidente che la concentrazione degli stessi soggetti in tutto il sistema bancario, in un sistema di risiko - che più che risiko è un sistema di gomitoli e di controllo incrociato - non favorisce quella concorrenza che non dovremmo colpire andando a tassare gli extraprofitti, che non si sa neanche cosa sono, ma colpire invece la concorrenza reale in un mercato bancario che oggi non lo rappresenta. Perché la tutela va in due condizioni: uno, garantire ai nostri risparmiatori la tutela del loro risparmio, e questa è la garanzia principale; la seconda, è garantire anche al nostro sistema produttivo banche che possano permettersi di investire su di loro e di crescere insieme a loro.
    La terza è che il consolidamento e la solidità delle banche deve però garantire il mantenimento dei servizi essenziali, quelli territoriali, ed oggi troppo spesso questo consolidamento vede solo tagli di personale, tagli di filiali e svantaggi, soprattutto per quelle aree interne che stanno perdendo sportelli, servizi e presidi per i cittadini.
    In questo, il Governo ha giocato, purtroppo, a nostro avviso, un ruolo anche politico e tutto parte dall'applicazione della prima golden power che è quella che contestiamo (Applausi Azione-Popolari Europeisti Riformatori-Renew Europe).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

    FILIBERTO ZARATTI

    FILIBERTO ZARATTI (AVS). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, lei ci ha raccontato, con precisione, il salvataggio di MPS: le siamo grati di questo, ma con un po' di sforzo anche su Internet, molti dei dati che lei ci ha fornito li avremmo tranquillamente raccolti. Salvataggio che ha visto impegnati molti Governi, ma ricordo che il salvataggio vero lo hanno pagato i cittadini e le cittadine italiane e, a risanamento avvenuto, ci si domanda se l'operazione MPS-Mediobanca sia nell'interesse del Paese o invece, piuttosto, di una parte di esso.

    Caro Ministro, lei gode di fama di uomo equilibrato e intelligente e noi pensiamo davvero che sia così, ma questi suoi pregi non sono bastati a renderla immune dal vizio capitale di questa destra di Governo, ossia quello di mettere le mani in quelle cose in cui non le dovrebbe mettere. Questo è quello che è accaduto nel caso di Mediobanca-MPS.
    Siamo naturalmente molto preoccupati di tutta questa vicenda che vede protagonisti colossi finanziari che non dovrebbero essere preda delle incursioni affaristiche e soprattutto dovrebbero essere lontani dalle sfere di influenza politica. Un buon Governo dovrebbe fare questo.
    Un buon Governo dovrebbe, forse, fare in questo caso quello che dice il collega Pittalis, ossia meno Stato e più mercato. Voi fate esattamente il contrario.
    La magistratura ha aperto un'inchiesta. Lasciamo ai giudici, ovviamente, la valutazione penale di tutto quello che è accaduto fin dall'inizio di questa storia, cioè la cessione del 15 per cento delle azioni governative del Monte dei Paschi di Siena ad un prezzo che molti esperti nei giornali specializzati hanno definito non solo vantaggioso, ma addirittura di favore. Lei, Ministro, ha affermato che con gli acquirenti, Caltagirone e Del Vecchio, non vi è stata alcuna interlocuzione prima dell'acquisizione, affermazione però smentita davanti alla Consob dagli stessi acquirenti.
    Dal punto di vista politico, secondo noi, è gravissima questa ingerenza del Governo nelle questioni bancarie. Non è mai accaduto prima. Del resto, sia la cessione del 15 per cento sia le modifiche al testo unico della finanza sull'utilizzo del golden power e sulla soglia dell'OPA pubblica lasciano pochi dubbi circa la volontà del Governo di entrare in questa vicenda.
    Si è parlato di gara pilotata, noi non lo sappiamo. La magistratura farà luce, ma resta aperto il dubbio sul ruolo del Governo circa la sua volontà di favorire cordate politicamente amiche. Si cerca di favorire la costituzione di veri e propri imperi finanziari e un'enorme concentrazione di potere politicamente vicina all'attuale maggioranza.
    Tutto ciò sarebbe fuori non solo da ogni Stato democratico, ma, come dicevamo prima, anche contro le leggi della libera concorrenza. Per non parlare dell'impatto che potrebbe avere accentrare la concentrazione dell'informazione, perché questa questione davvero può cambiare la natura della nostra democrazia.
    Poi, nel grande affare c'è spazio per tutti. Che dire del ruolo dei Benetton? I Benetton, azionisti del 2 per cento di Mediobanca, hanno improvvisamente mollato il management di Mediobanca e sono transitati dall'altra parte, facilitando l'OPAS tanto cara alla destra italiana. Sembrerebbe che in cambio ha avuto rassicurazione che la proposta del raddoppio dell'aeroporto di Fiumicino che sventrerebbe la riserva del litorale, proposta più volte e bocciata dal Ministero dell'Ambiente, avrebbe avuto finalmente, forse, una più favorevole accoglienza. Un affare per i Benetton di oltre 9 miliardi.
    Signori della maggioranza, che dai banchi del Parlamento avete inveito contro i poteri forti, che dite ora? State zitti? Siete tutti contenti? Ecco, capisco che sedere sui banchi dei Ministri e della maggioranza cambia la prospettiva delle cose, ma da questo punto di vista, forse, il Paese si aspettava da voi qualche altra cosa.
    La conclusione di questa partita, che voi avete messo in moto, tragica per il Paese e non per gli affaristi, è che è appena stato realizzato un enorme polo bancario grazie ai soldi privati di Gaetano Caltagirone e degli eredi Del Vecchio. In pratica, questa destra iperliberista e sovranista si è dimostrata soprattutto servile nei confronti dei più potenti, i quali hanno partecipato a un'operazione pubblica con la copertura del Governo.
    La scalata a Mediobanca e alle Assicurazioni Generali, forse il vero obiettivo di Caltagirone, è finita inevitabilmente nelle aule del tribunale di Milano, dove gli investigatori stanno cercando le tracce di un patto occulto che avrebbe consentito questa brutale operazione.
    Quando si è appresa la notizia, il Vicepremier Salvini si affrettò a dire che si trattava di un'inchiesta fasulla. In un Paese allergico alle regole e ai controlli la sua dichiarazione non stupisce ormai neanche più di tanto.
    Voi volete separare le carriere dei magistrati, che peraltro sono già separate, mentre il Paese si chiede cosa separi voi dal credito bancario, perché questo ormai è il grande tema che si pone in una democrazia.

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Barba. Ne ha facoltà.

    MAURO DEL BARBA

    MAURO DEL BARBA (IV-C-RE). Grazie, Presidente. Onorevole Ministro, l'informativa di oggi tocca un tema cruciale, che è quello del rapporto tra lo Stato, il mercato e il sistema bancario, ma, più in generale, quello della credibilità delle regole in un settore tanto sensibile per il Paese. E noi vi partecipiamo con questo intento, non certo polemico, ma volto a chiarire i criteri, i confini e le conseguenze dell'azione pubblica in un settore dove l'incertezza regolatoria produce danni immediati e conseguenze di lungo periodo. Lo abbiamo detto, lo hanno detto tutti gli intervenuti: non è in discussione se lo Stato possa intervenire nel settore bancario.

    Più Governi hanno partecipato a questo salvataggio di MPS e oggi dovremmo rallegrarci almeno di avere raggiunto l'obiettivo di avere risanato un istituto finanziario ed evitato una crisi sistemica, piuttosto che - lo dico all'amico e collega, onorevole Osnato - cercare di politicizzare la vicenda, risalendo a presunte (Commenti del deputato Osnato)…Ecco, io credo che, invece, anche nell'interesse della giornata odierna, dovremmo verificare se sia stato massimizzato il vantaggio per i contribuenti. Siamo tutti felici che qualcosa restituiamo.
    Ricordiamo che abbiamo speso molto di più di quello che restituiamo e qualcuno potrebbe dire: si poteva fare dopo o prima. Ministro, le presenterò uno zio che mi diceva: fammi indovino e ti farò ricco. Quindi non pretendo nemmeno che lei potesse avere la bacchetta magica da questo punto di vista; lo dico, ancora con amicizia, al collega onorevole Osnato. Soprattutto, si tratta di badare all'obiettivo: si è risanato il sistema finanziario? Ecco, noi crediamo che, per quanto concerne le operazioni che coinvolgono MPS e successivamente Mediobanca, in quest'Aula si debba tenere una sana prudenza istituzionale.
    Non è compito del Parlamento e men che meno del Governo entrare nel merito di singoli assetti proprietari. Dal nostro punto di vista, però, bisogna analizzare che ci sia stata una posizione di neutralità, evitare di essere percepiti come soggetti che orientano il mercato e chiarire qual è stato l'orizzonte dell'intervento governativo.
    Abbiamo ascoltato nella sua informativa quali elementi hanno informato l'azione del Governo e da questo punto di vista voglio dire anche all'onorevole Pittalis, per suo tramite, Presidente, che da questo banco noi siamo sempre rimasti garantisti, quindi diamo il bentornato a Forza Italia su posizioni garantiste, che, per quanto ci riguarda, ci vedono convintamente fermi anche in questa occasione.
    Però, Ministro, proprio le sue asserite ragioni di neutralità, che lei ha reclamato nel suo intervento - me lo lasci dire, finanche in maniera eccessiva, cioè siamo in Parlamento, vogliamo affrontare gli aspetti politici della vicenda e non certo quelli giudiziari, lo ripeto -, ci portano a riflettere di come l'utilizzo del golden power nel contesto che lei ha richiamato sulla vicenda UniCredit-BPM sia stato un utilizzo quantomeno spropositato e sicuramente inedito, e che proprio questo utilizzo possa gettare un'ombra anche sulla vicenda che lei ha voluto illuminare.
    È su questo utilizzo che noi riteniamo si debba fare maggiore chiarezza nell'interesse del sistema finanziario italiano, perché il golden power nasce per tutelare la sicurezza nazionale, le infrastrutture critiche, interessi strategici oggettivi, e utilizzarlo in un'operazione di mercato tra due grandi banche italiane, entrambe vigilate, sistemiche, operanti nello stesso ordinamento, ci sembra che ponga delle problematiche molto serie.
    Queste sì avremmo voluto chiarire e approfondire, anche in relazione alla vicenda sulla quale lei ci ha intrattenuto, perché introduce un elemento di discrezionalità politica in un settore che vive di regole, genera incertezza regolatoria, segnala agli investitori che anche operazioni interne al sistema nazionale possono essere bloccate senza criteri chiaramente codificati o che lei avrebbe potuto chiaramente codificare, come noi auspicavamo prima di questa informativa.
    Le conseguenze potenziali di questo utilizzo, dal nostro punto di vista avventato, come dicevo, possono disincentivare gli investitori, aumentare il premio di rischio percepito, trasformare in uno strumento eccezionale un mezzo ordinario di intervento o cagionarci, come nel caso di specie, un avvio di procedura di infrazione, con le conseguenze che valuteremo. Ministro - e vado a chiudere, Presidente -, avremmo voluto conoscere le risposte a delle domande che allora le lascio in quanto tali: per quale motivo il Governo ha ritenuto di intervenire con prescrizioni di natura prudenziale in un ambito che era già coperto dalla BCE? Quelle stesse prescrizioni avrebbe potuto porle il regolatore.
    Quale minaccia effettiva e sufficientemente grave a un interesse fondamentale della società ha giustificato l'intervento? Semplicemente questi sono gli aspetti che vorremmo sentire approfonditi proprio per chiarire e sgombrare il campo da ogni equivoco. La linea che emerge molto forte è questa: il problema non è solo se il Governo avesse titolo a intervenire, ma se l'intervento sia stato compatibile con il diritto europeo, con le competenze delle autorità tecniche e con la credibilità del mercato italiano.
    Concludo, Presidente. Il problema non è l'intervento pubblico in sé, ma è l'assenza di una strategia o comunque di una strategia esplicitata. Quando questi elementi mancano, signor Ministro, il rischio è che le decisioni vengano lette, a torto o a ragione, come arbitrarie (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva-il Centro-Renew Europe).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

    BENEDETTO DELLA VEDOVA

    BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Grazie, Presidente. Signor Ministro Giorgetti, lei è al centro della più importante, potente operazione di riassetto, risistemazione del potere finanziario in Italia e ci ha detto che non se ne è accorto. Cioè non si è accorto di tutto quello che è accaduto, in cui lei, il MEF, Meloni, il Governo avete avuto un ruolo da protagonista. Traduciamolo per il poco tempo: lei non si è accorto che c'era in ballo la scalata a Generali. Ci ha fatto un compitino, per metà parlando di cose - potremmo citare i Monti bond - come la nazionalizzazione prima e il risanamento di MPS - bene, stappiamo lo champagne -, per metà un compito burocratico.

    Davvero, Ministro Giorgetti, in quello che c'è in ballo, lei ci sta dicendo che l'uso del golden power per salvare la sicurezza nazionale, mentre UniCredit faceva una OPS banale su Banco BPM, lei lo ha fatto per ragioni tecniche? O ci sta dicendo che questa operazione, affidata a Banca Akros, che grida vendetta da tutti i punti di vista, l'ha fatta perché costava meno? Cioè prima UBS, Bank of America, e poi Banca Akros perché costava meno? E ha fatto un'operazione in 5 minuti e ci sta dicendo che è un caso, che lei non se ne è accorto o non lo sapeva prima?
    Non se ne è accorto che sono passate di mano azioni da Banca Akros, di proprietà di BPM, a BPM e solo ad altri quattro soci? Lei ci ha detto anche: in altri casi è stato fatto l'upside, cioè avete aumentato le azioni in vendita. Su tre ABB, in uno non lo avete fatto, in uno siete passati dal 20 al 25 per cento con il mercato e nell'ultimo siete passati dal 7 al 15 per cento, più che raddoppiando, in 5 minuti, solo a quattro soci. Lei non si è accorto? Chi è, “Alice nel paese delle meraviglie”? Avrei preferito che lei fosse venuto qui a rivendicare quello che ha fatto, a dire: noi pensavamo che Generali dovesse passare di mano.
    Magari così ci spiegava perché, per quali ragioni profonde, questi soci erano quelli che andavano bene. Voi avete fatto gli arbitri e i giocatori. Non venga qui a dire che non si è accorto di niente. A me non interessa...

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Concluda.

    BENEDETTO DELLA VEDOVA

    BENEDETTO DELLA VEDOVA (MISTO-+EUROPA). Concludo. Non voglio nemmeno discutere di quello che ha fatto la Consob, e ho detto tutto. Concludo, signor Presidente.

    Io ho mandato una missiva - e ringrazio per la risposta gentile - al presidente Osnato e a lei, perché si avvii un'indagine conoscitiva nella Commissione finanze su quello che è accaduto, in modo che i deputati possano anche sentire qualcuno, non solo le veline del MEF. Mi auguro, a maggior ragione dopo questa informativa e i suoi esiti, che i due Presidenti diano via libera all'indagine conoscitiva. Forse avremo modo di capire un po' meglio, perché non siamo “Alice nel paese delle meraviglie”.

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente.

    Ne approfitto per fare gli auguri a chi è ancora in Aula, a chi ha lavorato e a chi lavora qui con noi, a voi e alle vostre famiglie, di buon Natale. Grazie a tutti (Applausi).

  • Sui lavori dell'Assemblea.
    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Avverto che con lettera in data 18 dicembre, il presidente della Commissione giustizia ha manifestato l'esigenza, sulla quale hanno convenuto i rappresentanti dei gruppi della Commissione medesima, di rinviare al prossimo calendario l'esame in Assemblea della proposta di legge n. 632, in materia di pubblicità delle sentenze di assoluzione o proscioglimento, attualmente previsto a partire dalla seduta di martedì 30 dicembre.

    Secondo le intese intercorse tra i gruppi, tale provvedimento non sarà pertanto iscritto all'ordine del giorno della seduta di martedì 30 dicembre.
    Avverto altresì che, a seguito dei contatti intercorsi con la Rai, di cui si è dato conto ai gruppi, nella giornata di martedì 30 dicembre le dichiarazioni di voto finale sul disegno di legge di bilancio dei rappresentanti dei gruppi parlamentari e delle componenti del gruppo Misto, per le quali sarà disposta la ripresa televisiva diretta, avranno inizio alle ore 11 anziché alle ore 12 e che, conseguentemente, la votazione finale avrà luogo entro le ore 13 anziché entro le ore 14.

  • Organizzazione dei tempi di esame del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028.
    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Avverto che, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna, sarà pubblicata l'organizzazione dei tempi per l'esame del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028 (Vedi l'allegato A).

  • Interventi di fine seduta.
    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.

    Ha chiesto di parlare l'onorevole Care'. Ne ha facoltà.

    NICOLA CARE'

    NICOLA CARE' (PD-IDP). Grazie, Presidente. Intervengo per esprimere, a nome mio e del gruppo che rappresento, una ferma ed inequivocabile condanna per il grave atto di violenza avvenuto a Sydney sulla spiaggia di Bondi beach (Applausi).

    Si è trattato di un gesto vile e inaccettabile che ha colpito civili inermi in un luogo simbolo di quotidianità e di convivenza, provocando dolore, sgomento e una profonda ferita non solo nella comunità australiana, ma nell'intera comunità internazionale.
    Di fronte a fatti di questa natura, non possono esserci ambiguità, né silenzi. Ogni forma di violenza, di odio e di fanatismo va respinta con assoluta determinazione, perché mina alle fondamenta i valori della democrazia, della libertà e del rispetto della vita umana.
    Desidero esprimere la più sincera solidarietà alla comunità ebraica di Sydney colpita da questo atto, a tutte le persone coinvolte e alle loro famiglie. La comunità ebraica in Australia, come in Italia e nel mondo, deve sapere di non essere sola. La lotta contro l'antisemitismo e contro ogni forma di odio è un dovere morale e politico che interpella le istituzioni democratiche senza distinzioni.
    Sidney è inoltre una città profondamente legata al nostro Paese, sede di una storica e numerosa comunità italiana.
    Per questo, quanto è accaduto ci riguarda direttamente e rafforza la responsabilità dello Stato italiano nel garantire attenzione, vicinanza e tutela ai nostri connazionali all'estero.
    Signor Presidente, con fermezza voglio condannare la violenza ed esprimere solidarietà a tutte le vittime e alle comunità colpite e difendere i valori della convivenza e della dignità umana. Questo, secondo me, è il dovere delle istituzioni, è un dovere che questo Parlamento deve assolvere con chiarezza, responsabilità e coerenza. E lo dico con la responsabilità delle istituzioni - e concludo -, ma anche con l'emozione di chi parla di un Paese che lo ha accolto, di una città che lo ha visto diventare un uomo, di una comunità che è la sua gente. A loro va oggi il mio pensiero, il mio rispetto e la mia vicinanza (Applausi).

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

    ANTONIO BALDELLI

    ANTONIO BALDELLI (FDI). Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, da settimane la trasmissione Fuori dal coro sta mostrando immagini che nel 2025 non dovrebbero esistere. Parliamo di veri e propri blitz, agenti costretti da provvedimenti giudiziari a intervenire in tenuta antisommossa, Vigili del fuoco costretti a sfondare porte delle abitazioni private, non per catturare pericolosi latitanti, ma per sottrarre i bambini alle loro famiglie.

    Immagini agghiaccianti, immagini che fanno male al cuore, immagini, signor Presidente, che fanno male anche alle nostre istituzioni. Bambini portati via di peso, in pigiama, senza scarpe, con urla che entrano dentro come lame, “la mia mamma è bravissima, non mi ha mai fatto del male”. Tutti i bambini vogliono tornare dalle mamme e intanto madri ammanettate, nonni in ginocchio piangenti. E sia chiaro: non stiamo parlando di maltrattamenti, non stiamo parlando di ambienti violenti o degradati. In alcuni casi, parliamo solamente di semplici conflitti genitoriali, che richiederebbero solamente cura, attenzione, magari mediazione, non manette.
    In uno di questi casi, un bambino di 9 anni è finito in pronto soccorso per trauma da separazione. E, allora, signor Presidente, un anno dopo, mentre quel trauma perdurava, al bambino è stato diagnosticato un tumore al cervello. È stato operato d'urgenza e alla mamma è stato impedito di vedere suo figlio. E allora lo chiedo in quest'Aula: le persone incaricate di questi casi sono all'altezza di gestirli? È intervenuto persino il Garante per la infanzia, chiedendo verifiche. E, se la nostra Costituzione garantisce i diritti inalienabili, allora di questi casi dobbiamo occuparci anche in questa sede. Per questo, signor Presidente, presenterò una interrogazione parlamentare.

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cherchi. Ne ha facoltà.

    SUSANNA CHERCHI

    SUSANNA CHERCHI (M5S). Grazie, Presidente. Il lupo non è un nemico, non sbrana, deve vivere e nutrire i suoi cuccioli, quindi caccia per sopravvivere. È un animale intelligente, sociale, simbolo della natura, vive in branco con legami di cooperazione e di effetto che durano tutta la vita. Maschio e femmina formano coppie stabili; il branco si prende cura dei cuccioli e anche degli individui più anziani, a differenza di noi umani. La loro struttura sociale è perfetta: si muovono in fila indiana per non disperdere energie. Nel mezzo della fila ci sono gli individui fragili; l'esemplare più forte è alla fine della fila per controllare che tutto vada bene. Gli anziani vengono alimentati dai più giovani e sono molto rispettati per via della loro esperienza, soprattutto per le rotte più utili da seguire, magari facessimo anche noi come loro.

    Attenzione alle fake che purtroppo sento ripetere anche in Aula. Gruppi organizzati cercano di eradicare il lupo, fomentando odio verso questo animale, usando false notizie trovate su Internet e numeri inventati. Non mi è ancora chiaro l'interesse economico. La verità è che molte predazioni attribuite al lupo sono causate da cani vaganti, abbandonati in gran parte in montagna da cacciatori senza scrupoli, in quanto animali vecchi e inutili.
    In 150 anni non si registrano persone uccise dai lupi. Al contrario, si registrano persone, a centinaia, vittime umane causate dall'uomo durante l'attività venatoria. Il lupo mantiene l'equilibrio degli ecosistemi, limita la diffusione di animali malati. È una specie fondamentale per la biodiversità. Non si può massacrare - come si vorrebbe fare - un animale come questo. Difenderlo significa difendere la biodiversità.

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Concluda.

    SUSANNA CHERCHI

    SUSANNA CHERCHI (M5S). Giù le mani dai lupi! Basta menzogne su di loro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.

    LIA QUARTAPELLE PROCOPIO

    LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD-IDP). Grazie, Presidente. Vorrei denunciare quanto successo martedì mattina in via Quarti, nel quartiere Giambellino, a Milano. Intere famiglie, anziani malati, anziani e persone malate si sono ritrovate improvvisamente senza luce e senza gas a causa di uno sgombero. Hanno detto che si trattava di un'operazione fatta per la sicurezza, per il contrasto delle occupazioni abusive. Beninteso: il problema delle occupazioni abusive delle case è un problema molto serio, ma fatto così non ha alcun senso. Io vorrei chiedere a quest'Aula, e l'ho fatto anche chiedendolo in un'interrogazione che sarà depositata a breve: chi è che si sente più sicuro se un bambino di cinque anni resta senza casa improvvisamente insieme alla sua mamma?

    Se una signora malata di tumore non può più proseguire nelle cure oncologiche perché i dispositivi medici non possono funzionare senza l'elettricità? Non è in questo modo che si devono fare gli sgomberi. Ci sono delle soluzioni, devono essere coinvolti i servizi sociali. Noi chiediamo perché la Polizia ha agito in questo modo, senza attivare il protocollo attivo con il comune, lasciando queste persone, che hanno problemi reali, da un momento all'altro senza casa. È una cosa che è fatta fuori da qualsiasi legalità, con un atteggiamento violento e arbitrario, che è totalmente inaccettabile.

    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Auriemma. Ne ha facoltà.

    CARMELA AURIEMMA

    CARMELA AURIEMMA (M5S). Grazie, Presidente. Ieri, il tribunale di Roma ha annullato il provvedimento del Garante della privacy che andava a sanzionare la trasmissione Report, in particolare la trasmissione del 26 ottobre 2020. Il provvedimento stigmatizzava la trasmissione per aver reso pubbliche delle mail dell'avvocato Mascetti Andrea, un avvocato collegato al suo partito, Presidente, il partito della Lega. Ancora una volta il Collegio, presieduto da Stanzione, dimostra chiaramente che un'Autorità indipendente, che dovrebbe garantire, che ha delle funzioni statutarie, in realtà utilizza dei provvedimenti sanzionatori quasi come una clava nei confronti di giornali, di trasmissioni come Report, che sono state riconosciute dal tribunale come giornalismo d'inchiesta.

    La sentenza è particolare perché traccia un solco importante, che va al di là del caso specifico. Il giornalismo d'inchiesta è tutelato dall'articolo 21 della Costituzione perché ha una funzione pubblica. Il Garante della privacy non può utilizzare come scorciatoia la privacy per limitare il diritto dei cittadini ad essere informati. Pertanto, il provvedimento è completamente illegittimo. Ora ci domandiamo: le spese, la condanna alle spese, che sono intorno ai 10.000 euro, non verranno di certo pagate dal Collegio che ha emesso un provvedimento illegittimo, ma verranno pagate dai cittadini italiani. Quindi, oltre al danno, anche la beffa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  • Ordine del giorno della prossima seduta.
    PRESIDENTE (FONTANA Lorenzo)

    PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

    Domenica 28 dicembre 2025 - Ore 16:
    (ore 16, con votazioni non prima delle ore 19)
    1. Discussione del disegno di legge:
    S. 1689 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028 (ove trasmesso dal Senato).

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