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Resoconto Stenografico

XIX LEGISLATURA
Resoconto Sommario dell'Assemblea
Seduta n.500 di venerdì 27 giugno 2025
INDICE
(nominativi degli intervenuti in ordine alfabetico)

  • Missioni.
    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna sono complessivamente 85, come risulta dall'elenco consultabile presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta in corso (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

  • Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,06). (ore 10,06) (ore 10,06)
    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

    (Iniziative di competenza volte alla realizzazione di un sistema di trasporto pubblico locale efficiente in tutto il territorio nazionale e per il ripristino della linea direttissima anche per i treni regionali veloci, con particolare riferimento a Umbria, Toscana e Lazio - n. 2-00622)

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente Ascani e Casu n. 2-00622 (Vedi l'allegato A).

    Chiedo alla Presidente Ascani se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

    ANNA ASCANI

    ANNA ASCANI (PD-IDP). Grazie, Presidente. Sì, è necessario illustrare questa interpellanza perché va dato qualche elemento di contesto. Io naturalmente rappresento qui l'Umbria, una regione piccola che è posta al centro del nostro Paese, come chiunque abbia guardato una cartina geografica sa, e, nonostante questo posizionamento che potrebbe risultare felice, è completamente esclusa dalle direttrici principali e infrastrutturali di questo Paese. Da tempo abbiamo posto il problema. Certamente non è un problema che nasce in questa legislatura, con questa maggioranza, però, negli ultimi anni si è consolidata una tendenza ad espellere questa regione dal sistema Paese perché, nel tempo, invece che rafforzare quelle infrastrutture che esistevano e immaginare strumenti di inclusione per le cittadine e i cittadini della mia regione, si è fatto esattamente l'opposto.

    Ecco, trovo innanzitutto ridicolo che si utilizzi la scusa - fatemela dire così - del PNRR, nato per rafforzare esattamente quelle infrastrutture che servivano al trasporto pubblico locale e, quindi, per dare proprio alle regioni attualmente più in difficoltà un trasporto pubblico di qualità, che si utilizzino i lavori del PNRR per stabilizzare una situazione folle, ovvero quella secondo la quale i treni regionali, i regionali veloci e, in alcuni casi, anche gli Intercity, a partire dal termine di questi lavori, saranno tutti - tutti - indirizzati sulla linea lenta; il che significa che per fare un tratto abbastanza breve, da Terni a Roma, ci si impiegherà quasi due ore. Questo evidentemente scoraggia i cittadini ad utilizzare il trasporto pubblico locale, perché in due ore oggi andiamo sostanzialmente da Firenze a Milano, si attraversa il Paese dal Centro al Nord Italia. Immaginare che questo tempo serva, quando va bene - io sono un'utente di quei treni e so bene che i ritardi e le cancellazioni sono diventati un'altra abitudine abbastanza consolidata -, significa di fatto spostare tutto il trasporto su gomma, almeno quello di chi se lo può permettere; significa colpire i pendolari; significa colpire chi si sposta in particolare verso la capitale per lavoro, per studio o anche solo per una visita medica.
    Per quei danni che sono stati fatti nei mesi passati con lavori annunciati tardi e male, quei fine lavori che non sono stati rispettati, anche con riferimento al rapporto con i comitati dei pendolari, anche questo sostanzialmente ridicolo, per cui le informazioni venivano date in modo completamente incompleto e si lasciava che si acquistassero carte per i viaggi che poi venivano sistematicamente cancellati o magari sostituiti da un bus (chiunque abbia preso un bus sostitutivo tra Terni e Foligno negli ultimi mesi sa cosa significa affrontare l'inferno dello spostamento): io ho avuto modo di chiedere al Governo più volte cosa intenda fare.
    Oggi a chiederlo non sono più soltanto io: lo hanno fatto 31 sindaci, non soltanto umbri, ma anche toscani e del Lazio, perché questo problema del dirottamento sulla linea lenta riguarda anche quelle regioni e si estende al Centro Italia; il 1° luglio lo faranno gli assessori alle infrastrutture delle tre regioni coinvolte che, evidentemente, pur di colori politici diversi e ci tengo a sottolinearlo, si sentono pressati dai cittadini delle proprie regioni rispetto all'esigenza inderogabile di garantire loro il diritto alla mobilità.
    Quindi, gli unici che in questo momento non stanno avvertendo l'urgenza e la serietà del problema, purtroppo, sono i nostri rappresentanti al Governo.
    Allora, io oggi voglio chiedere al Governo se di fronte a questa mobilitazione, oltre al fatto che non so a quale numero di interpellanze e di interrogazioni siamo arrivati come Partito Democratico, abbia finalmente capito che c'è un problema, che questo problema va affrontato e che i vertici di FS e Trenitalia vanno richiamati alle proprie responsabilità. La prima responsabilità di quell'azienda non è fare utili attraverso i servizi che ai cittadini costano centinaia di euro, ma è garantire il diritto alla mobilità, altrimenti non ha alcun senso avere quel tipo di aziende in questo Paese. Lo dico così, lo dico in modo duro proprio perché io ho avuto modo di parlare con loro - spesso ho avuto rassicurazioni che sono state tradite - e penso che debba essere il Governo, direttamente, attraverso i suoi Ministeri, invece a pretendere delle risposte e ad evitare anche un'altra cosa, che aggiungo a chiosa. Quelle regioni hanno fatto degli investimenti: la mia regione ha investito 172 milioni di euro per comprare 12 treni che possano raggiungere la velocità di 200 chilometri orari, perché il problema sembrava essere che non si può utilizzare la direttissima con dei treni che vanno troppo lenti, altrimenti rallenterebbero le Frecce (quelle sì che fanno entrare soldi nelle casse di queste aziende; lo sappiamo benissimo colleghi, non nascondiamoci dietro un dito). Dunque, 172 milioni di euro dei contribuenti italiani e dell'Umbria che vengono utilizzati e che adesso rischiano di essere completamente buttati, perché, se non si ripristina la direttissima, quei treni, pensati per viaggiare lì, dovranno invece viaggiare sulla linea lenta. Io credo che si prefiguri anche una forma di danno erariale - lo dico qui e lo dico al Governo - perché penso che questo dovrebbe essere un altro dei problemi che il Governo deve porsi.
    Alla luce di questo quadro, io vorrei capire se il Ministero delle Infrastrutture e quello dell'Economia, dato che stiamo parlando anche di spese importanti, siano a conoscenza del problema e cosa intendano fare perché questo problema venga risolto.

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato, Maria Tripodi, ha facoltà di rispondere.

    MARIA TRIPODI

    MARIA TRIPODI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevole interrogante, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, fin dall'insediamento dell'attuale vertice politico, è impegnato in una costante sinergia con le amministrazioni territoriali nella realizzazione di una serie di misure per il potenziamento del trasporto pubblico locale volto, in particolare, a garantire il miglioramento della qualità del servizio per i cittadini. Innanzitutto, occorre precisare che il finanziamento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale già contribuisce per il 75 per cento alla copertura degli oneri sostenuti dalle regioni a statuto ordinario per i servizi di trasporto pubblico locale e ferroviario. Tale Fondo è stato progressivamente aumentato a partire dal 2022. Attualmente, la sua dotazione è pari a circa 5 miliardi di euro e lo stesso, in seguito ad incentivi progressivi, avrà nel 2026 una dotazione complessiva pari a 5.270.000.000.

    Nell'evidenziare che le competenze normative e amministrative in materia di trasporto pubblico locale sono attribuite, a livello costituzionale, alle regioni e che quindi l'onere di cui sopra non può essere posto integralmente a carico del bilancio statale, si rappresenta che, in applicazione dell'articolo 27 del decreto- legge n. 50 del 2017, è in corso l'istruttoria del MIT e del Ministero dell'Economia. Ciò per individuare i livelli adeguati dei servizi uniformi su tutto il territorio nazionale, al fine di poter meglio determinare la qualità e la quantità dei servizi necessari ad assicurare un trasporto pubblico locale capillare e di qualità in grado di offrire, anche nelle aree interne e nelle periferie, un'alternativa credibile e funzionale all'uso del mezzo privato, con conseguente quantificazione delle risorse necessarie per garantirne la copertura.
    Occorre evidenziare, inoltre, che lo scorso mese di marzo, dopo mesi di trattative e un intenso lavoro da parte del Ministero per reperire le risorse necessarie, grazie anche al senso di responsabilità dimostrato dalle parti datoriali e sindacali, si è raggiunto l'accordo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro degli autoferrotranvieri, che coinvolge più di 110.000 lavoratori. Tale risultato è fondamentale per il sistema di efficientamento delle imprese del trasporto pubblico locale e quindi dei servizi che le stesse sono chiamate ad erogare quotidianamente.
    Il MIT è impegnato, inoltre, nel potenziamento del trasporto pubblico locale attraverso la destinazione di specifiche risorse volte al miglioramento della mobilità urbana. Sono, infatti, in corso investimenti pari a circa 18 miliardi di euro per il trasporto rapido di massa, mentre 5,7 miliardi di euro sono destinati al rinnovo della flotta degli autobus. Con riferimento agli investimenti della flotta regionale, le risorse disponibili sono pari a 3,2 miliardi di euro per l'acquisto di 478 treni di nuova generazione, che consentiranno una diminuzione significativa dell'età media dei convogli.
    Inoltre, è stata riservata grande attenzione anche agli aspetti legati alla sicurezza, con la riattivazione del tavolo previsto dal protocollo per promuovere la sicurezza del trasporto pubblico locale e regionale. Questo coinvolge Stato, regioni, associazioni datoriali e sindacati, assicurando un confronto costante e mirato sulle misure da adottare per garantire la sicurezza degli utenti e dei lavoratori del settore.
    Con specifico riferimento, invece, al quesito relativo al ripristino della circolazione ferroviaria lungo la linea direttissima Firenze-Roma, occorre preliminarmente segnalare che tale linea è interessata da interventi di upgrade tecnologico e infrastrutturale con l'adeguamento agli standard europei di interoperabilità in termini di segnalazione e distanziamento treni, nonché di rinnovo di tutti gli apparati di stazione e di alcuni tratti di binari. Il progetto, che interessa in particolar modo il nodo di Roma e la linea direttissima Firenze-Roma nel tratto Orte-Roma, ovvero i principali nodi nevralgici dell'intero sistema ferroviario nazionale, consentirà di migliorare le performance in termini di regolarità e puntualità dell'intera linea ferroviaria.
    Inevitabilmente, dunque, la programmazione di tali interventi - e qui vengo al quesito posto dall'onorevole interrogante - ha comportato ricadute sull'offerta commerciale dei servizi operati dalle imprese ferroviarie. I provvedimenti di riordino sono stati adottati dal Gruppo Ferrovie dello Stato sia su servizi erogati in regime di libero mercato (alta velocità) che soggetti ad obblighi di servizio pubblico (Intercity e regionali), puntando a garantire le corrispondenze e l'interscambio nei nodi principali.
    Il Gruppo Ferrovie dello Stato ha rappresentato che, in coordinamento con le regioni competenti per la programmazione del servizio, ha previsto un'offerta quotidiana di 53 treni regionali sulla tratta Orte- Roma. Nell'ottica di garantire una maggiore affidabilità e regolarità, sono stati adottati alcuni interventi migliorativi come l'ottimizzazione dell'instradamento, attraverso la riprogrammazione di 10 treni su linea lenta che consente maggiore fluidità e una riduzione della congestione sulla linea veloce, e la rimodulazione oraria di 6 treni che mantengono lo stesso percorso ma con orari aggiornati, pensati per rispondere alle esigenze dell'utenza.
    Con riguardo, poi, ai servizi di media e lunga percorrenza (gli Intercity), che rientrano nel contratto di servizio MIT/Trenitalia 2017-2026, 9 treni Intercity su 34 sono stati instradati su linea lenta, garantendo comunque la copertura dell'intera tratta e assicurando la continuità dei collegamenti a media e lunga percorrenza.
    Il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti è impegnato in un costante coordinamento con il Gruppo Ferrovie dello Stato, al fine di monitorare attentamente l'evoluzione della situazione. Sono attualmente in corso interlocuzioni anche con l'impresa ferroviaria, volte all'individuazione delle soluzioni più idonee per mitigare i disagi arrecati all'utenza.

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. La Presidente Ascani ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

    ANNA ASCANI

    ANNA ASCANI (PD-IDP). Come faccio a dirmi soddisfatta, Presidente? Io ho grande rispetto della Sottosegretaria Tripodi, però ci ha praticamente detto che il Ministero non ha fatto nulla, non farà nulla, forse non vuole fare nulla, non lo so.

    Allora, torno a spiegare qual è il problema, perché, nelle premesse che ha letto la Sottosegretaria, l'inquadramento c'era, ossia con il PNRR abbiamo finanziato un piano per il trasporto pubblico locale che doveva esattamente servire a fornire un'alternativa sostenibile all'uso del mezzo privato - ripeto quello che ho sentito dire dalla Sottosegretaria - e l'esito di questa spesa gigantesca che facciamo è che i cittadini delle regioni coinvolte saranno costretti ad utilizzare il mezzo privato, anche quelli che prima usavano i treni, treni che non erano nuovi, sicuramente, con un servizio assolutamente migliorabile (lo ripeto: parlo da utente frequente di treni regionali), ma, perlomeno, un treno per arrivare qui, ce l'avevano.
    Per loro l'esito di questa spesa - e sappiamo cosa ha significato il PNRR per l'Italia, cosa significherà anche in termini di esposizione del nostro Paese - sarà che non ci sarà neppure neanche quel treno; magari viaggeremo in poltrone un po' più comode, perché mi pare di capire che quei 3,2 miliardi che sono stati investiti servono per avere treni più belli, peccato che, per fare 100 chilometri, adesso dovremo impiegare due ore, se va bene!
    Ancora. Si dice che solo 9 intercity su 34 sono stati dirottati sulla linea lenta. Gli intercity non possono andare sulla linea lenta! Sono un servizio pensato per portare velocemente le persone da un posto ad un altro! In particolare, conosco i disagi dei cittadini di Orvieto, che sono pendolari verso la capitale, e che il pendolare lo potranno fare soltanto attraverso le loro automobili! Il PNRR era pensato per limitare anche i danni sull'ambiente, ma l'esito è che aumenteremo l'inquinamento, aumenteremo la necessità di usare l'automobile, perché come ci si va da Orvieto a Terni, se neppure l'intercity ti ci porta in un tempo dignitoso? Sto dicendo dignitoso, non veloce, perché oggettivamente, se da Bologna a Milano ci vado in un'ora, pretenderei che, dall'Umbria a Roma, ci si arrivasse in un tempo dignitoso, almeno dignitoso. Quello che voi invece ci state dicendo è che d'ora in poi, alla fine di questi lavori, ci vorranno due ore per fare 100 chilometri. Il prossimo passaggio, al prossimo investimento, ci verremo in carrozza, a Roma, noi umbri! Non lo so.
    Poi si parla di ricadute dei lavori. Le ricadute dei lavori sono esattamente questo: abbiamo fatto un investimento e, a mio avviso, si profila il danno erariale, perché quell'investimento aveva una funzione. Quindi, la qualità del servizio, dopo 3,2 miliardi di investimento, di cui 172 milioni investiti direttamente dalla mia regione, peggiorerà, il treno sarà meno utilizzato, perché ovviamente lo useranno solo quelli che saranno obbligati a farlo, se davvero per venire da Terni a Roma si devono impiegare due ore. Sarà quindi meno utilizzato e sarà di qualità peggiore.
    Poi la congestione. Avete detto che c'era un problema di congestione. Certo, il problema è che il trasporto pubblico locale non serve per far fare soldi alle aziende che viaggiano lì sopra con i servizi ad alta velocità. Io utilizzo l'alta velocità, sono contenta che ci sia un servizio di grande qualità, un servizio veloce, un servizio che unisce il nostro Paese, ma attenzione, perché il trasporto pubblico è un diritto di tutte e tutti, anche di quelli che non viaggiano sull'alta velocità. La congestione, quindi, non può essere pagata da quelle decine di migliaia di cittadini, che si spostano per lavoro, per studio o per necessità e, invece, questo accadrà con quello che avete fatto.
    Torno a chiedere al Governo che alzi la voce, che si faccia sentire, che dica che gli investimenti che come sistema Paese abbiamo fatto non possono avere ad esito un peggioramento della qualità della vita delle persone! È già successo troppe volte, ci sono già troppi miei concittadini che hanno perso colloqui di lavoro, visite mediche a causa di cancellazioni non annunciate, di lavori prolungati, di bus sostitutivi che non c'erano, di ritardi di ore e ore, lasciati in mezzo al nulla, passeggeri senza informazioni! Adesso basta! Adesso il Governo faccia il suo mestiere, si unisca alle regioni del centro Italia che stanno protestando e dia a quei cittadini le risposte che meritano.

    (Rinvio dell'interpellanza urgente Onori e Richetti - n. 2-00643)

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente Onori e Richetti n. 2-00643. Avverto che, in data odierna, su richiesta dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza è stato rinviato ad altra seduta.

    (Iniziative normative volte al ripristino della detrazione per i familiari residenti all'estero dei contribuenti stranieri - n. 2-00644)

    PRESIDENTE (MULE' Giorgio)

    PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Soumahoro e Schullian n. 2-00644 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Soumahoro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Si riserva di intervenire in sede di replica, quindi, poi avrà fino a 25 minuti per la sua replica.

    La Sottosegretaria di Stato, Maria Tripodi, ha facoltà di rispondere.

    MARIA TRIPODI

    MARIA TRIPODI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Con il documento in esame, gli onorevoli interpellanti rilevano come, in base all'articolo 1, comma 11, della legge n. 207 del 2024, dal 2025, i contribuenti stranieri residenti in Italia non possano beneficiare delle detrazioni per i familiari fiscalmente a carico residenti all'estero. La norma, infatti, “disconosce ai contribuenti che non sono cittadini italiani, né cittadini comunitari o dello Spazio economico europeo, le detrazioni per i familiari a carico dei residenti all'estero”. Tale disconoscimento, a parere degli interpellanti, risulterebbe discriminatorio rispetto alla normativa europea, all'interpretazione della stessa resa dalla Corte di giustizia dell'Unione europea e dalla Corte di cassazione in casi analoghi. Al riguardo, sentiti i competenti uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.

    Giova, anzitutto, premettere che la normativa europea pone, in linea generale, un principio di parità di trattamento dei lavoratori che risiedono stabilmente e lavorano nel territorio dell'Unione europea, in base al quale i diritti riconosciuti ai lavoratori cittadini europei dovrebbero essere riconosciuti anche ai lavoratori cittadini di paesi extra UE. Le medesime disposizioni europee prevedono, altresì, per gli Stati membri la possibilità di derogare a tale principio generale in specifiche ipotesi e con riferimento a determinati settori.
    In particolare, la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di Paesi terzi che sono soggiornanti di lungo periodo stabilisce, all'articolo 11, paragrafo 1, che “il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda le agevolazioni fiscali”. Al paragrafo 2 del medesimo articolo 11, è inoltre stabilito che, per quanto riguarda le disposizioni del paragrafo precedente, “lo Stato membro interessato può limitare la parità di trattamento ai casi in cui il soggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui questi chiede la prestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel suo territorio”.
    Analoghi principi sono stabiliti dalla direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, relativa alla procedura per il rilascio di un permesso unico, che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro, e all'insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro. In particolare, all'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva, si prevede che “i lavoratori dei paesi terzi [...] beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne: [...] le agevolazioni fiscali, purché il lavoratore sia considerato come avente il domicilio fiscale nello Stato membro interessato”.
    Pertanto, con specifico riferimento alla materia fiscale, il diritto dell'Unione europea consente agli Stati membri di riconoscere le agevolazioni fiscali anche ai lavoratori extra UE, subordinandone la spettanza alla circostanza che i familiari dei lavoratori e per i quali si chiedono le agevolazioni risiedano nello Stato membro interessato.

    MARIA TRIPODI

    MARIA TRIPODI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Per quanto attiene, poi, ai profili convenzionali con i Paesi terzi evidenziati, si rileva che l'articolo 24 del modello OCSE di convenzione fiscale, per evitare le doppie imposizioni, ha la seguente formulazione, che è adottata dall'Italia nelle generalità degli accordi internazionali bilaterali di specie conclusi con Stati terzi. In particolare, l'articolo 24, come chiarito dal commentario del modello OCSE, si deve interpretare nel senso che l'espressione “si trovano nella stessa situazione” deve essere riferita ai contribuenti che si trovano, dal punto di vista dell'applicazione delle legislazioni e dei regolamenti fiscali generali, in circostanze sostanzialmente analoghe sia di diritto sia di fatto.

    L'espressione “in particolare con riguardo alla residenza” chiarisce che la residenza del contribuente è un elemento rilevante per determinare se i contribuenti si trovano nella stessa situazione.
    In altri termini, in base a quanto chiarito, il predetto paragrafo 1 del commentario dell'OCSE stabilisce il principio che ai fini dell'imposizione è vietata la discriminazione a motivo della nazionalità e che, a condizioni di reciprocità, i cittadini di uno Stato contraente (Stato terzo) non possono essere trattati in modo meno favorevole nell'altro Stato contraente, in questo caso l'Italia, rispetto ai nazionali di quest'ultimo Stato che si trovano nella medesima situazione, in particolare con riferimento alla residenza fiscale.
    Si osserva infine che, nel caso dell'applicazione delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni stipulate dall'Italia, basate sul modello OCSE, al fine degli eventuali controlli riguardanti la situazione dei contribuenti con riferimento ai familiari residenti all'estero, l'amministrazione finanziaria può, tra l'altro, ricorrere alle disposizioni sullo scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali, incluse nelle stesse convenzioni.
    Ciò detto con riferimento al quadro normativo europeo e ai profili convenzionali, per quanto riguarda la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 25 novembre del 2020, causa 302/19, menzionata dagli onorevoli interpellanti, si rileva che la controversia in questione, sorta tra l'INPS e un cittadino extra-UE, si è conclusa con un dispositivo sfavorevole all'amministrazione italiana sul principio che gli Stati membri non possono interpretare estensivamente le deroghe loro concesse in materia di sicurezza sociale escludendo dalla parità di trattamento i lavoratori extra-UE con familiari a carico residenti fuori dall'Unione europea.
    La causa verteva, quindi, sulla conformità della normativa italiana rispetto alle disposizioni europee in materia di sicurezza sociale, e non in materia di agevolazioni fiscali, nella quale, tecnicamente, rientrerebbe la disciplina delle detrazioni fiscali per familiari a carico di cui all'articolo 12, comma 2-bis, del Testo unico delle imposte sui redditi.
    Tanto premesso, è altresì da rilevare che nell'ambito del settore della sicurezza sociale rientrano le “prestazioni familiari”, definite dall'articolo 1 del regolamento (CE) del 2004, come “tutte le prestazioni in natura o in denaro destinate a compensare i carichi familiari, ad esclusione degli anticipi sugli assegni alimentari e degli assegni speciali di nascita o di adozione”. A tal proposito, è doveroso segnalare l'esistenza di una tendenza giurisprudenziale volta a estendere le regole in tema di sicurezza sociale a tutte le misure che possono essere considerate assistenziali da un punto di vista sostanziale, anche se diversamente qualificate dal legislatore nazionale.

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. Il deputato Soumahoro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Ha 25 minuti, prego.

    ABOUBAKAR SOUMAHORO

    ABOUBAKAR SOUMAHORO (MISTO). Grazie, Presidente. Ho ascoltato con molta attenzione la relazione della Sottosegretaria in merito all'oggetto dell'interpellanza, vale a dire il trattamento differenziato che attualmente è stato introdotto dall'ultima legge di bilancio. Quindi, le argomentazioni poste in essere da parte della Sottosegretaria mi trovano, Presidente, assolutamente insoddisfatto e qui vorrei motivarne le ragioni. Vorrei condividere, a tal riguardo, le testimonianze di tre persone che vivono, vale a dire risiedono fiscalmente, nel nostro Paese e lavorano nel nostro Paese.

    Queste tre persone mi hanno raccontato, Presidente, le loro condizioni in relazione al tema delle detrazioni fiscali per familiari a carico.
    La prima testimonianza è di Francesco. Francesco è un lavoratore italiano, risiede fiscalmente nel nostro Paese, vale a dire lavora e paga le tasse in Italia; Francesco è riuscito ad usufruire delle detrazioni fiscali per familiari a carico. E ricordo, a tal motivo, che Francesco ha un figlio, Carlo, che è tuttora a suo carico, ma Carlo non vive in Italia, cioè risiede fuori dall'Italia. Nonostante tutto ciò, giustamente Francesco è riuscito ad usufruire delle detrazioni fiscali.
    La seconda testimonianza, Presidente, è di Camila. Camila è una cittadina spagnola, che vive, lavora e risiede fiscalmente nel nostro Paese, in Italia. Camila, a sua volta, è riuscita ad usufruire delle detrazioni fiscali per familiari a carico. Aggiungo che Camila è la mamma di Valentina: Valentina è sua figlia, che è a suo carico, ma Valentina non risiede in Italia, vive fuori.
    La terza testimonianza è di Aisha. Aisha è cittadina senegalese, vive nel nostro Paese, risiede fiscalmente, cioè lavora e paga le tasse in Italia. Aisha non è riuscita ad usufruire delle detrazioni fiscali per familiari a carico. Eppure, Aisha ha una figlia di nome Sara, che è tutt'ora a suo carico. Sara, come il figlio di Francesco, come la figlia di Camila, non risiede in Italia.
    Allora, mi sono chiesto, dopo aver raccolto le loro testimonianze, Presidente: ho cercato di capire le ragioni di questo trattamento differenziato tra, da una parte, Francesco e Camila, che sono riusciti ad usufruire delle detrazioni fiscali per familiare a carico e, dall'altra parte, Aisha, che non è riuscita ad usufruirne. E sottolineo, dopo aver ascoltato l'intervento, la risposta della Sottosegretaria, che sia Francesco, Camila che Aisha vivono tutti e tre in Italia, lavorano tutti e tre in Italia, pagano le tasse tutti e tre in Italia, vale a dire che sono fiscalmente residenti tutti e tre nel nostro Paese.
    E, a tal riguardo, verrebbe da dire: è giusto che Francesco e Camila abbiano avuto la possibilità di usufruire delle detrazioni fiscali, ma è altrettanto ingiusto che ad Aisha, pur avendo le stesse condizioni di Francesco e di Camila - cioè lavora nel nostro Paese, paga le tasse nel nostro Paese, vive nel nostro Paese, risiede fiscalmente nel nostro Paese -, venga tolta, negata questa possibilità. Il motivo è che la legge di bilancio, l'ultima legge di bilancio, ha introdotto questo criterio, soltanto riservato ai contribuenti stranieri residenti nel nostro Paese, di non poter più beneficiare delle detrazioni per familiari fiscalmente a carico residenti all'estero. Ma Aisha, come Khadija, come Oksana, come Lucia, come Rossana pagano le tasse come Francesco, vivono nel nostro Paese come Francesco e Camila.
    Nonostante tutto ciò, si vedono discriminati. Non ci sono altre frasi: si vedono discriminati, si vedono discriminati! E a tal motivo, cosa prevede la direttiva europea? Ho ascoltato prima la Sottosegretaria, ma la direttiva europea è molto chiara, è limpida, è trasparente, è lineare al riguardo.
    Cosa dice? La normativa europea garantisce ai cittadini extra UE, titolari di permesso di lungo periodo (cioè, direttiva 2003/109/CE) e di permesso di soggiorno unico di lavoro (direttiva 2011/98/UE) la parità di trattamento con i cittadini italiani nelle agevolazioni fiscali, come le detrazioni per familiari a carico. Quindi, il trattamento differenziale in questo caso, tuttavia, è discriminatorio. Questa è la direttiva europea e aggiungo, inoltre, che la Corte di giustizia europea, con sentenza n. 303/2019, ha riconosciuto che uno Stato membro non può rifiutare o ridurre un beneficio di una prestazione di sicurezza sociale al soggiornante di lungo periodo o ai titolari di un permesso unico di lavoro per i motivi che i suoi familiari o taluni di essi risiedono non nel territorio - cioè non risiedono in Italia - bensì in un altro Paese.
    Inoltre, la Corte europea di giustizia ha riconosciuto che la diversità di trattamento prevista dalla normativa italiana è in contrasto sia con la direttiva 2003/109, che riguarda i soggiornanti di lungo periodo, sia con la direttiva 2011/98, che riguarda i titolari di un permesso unico per lavoro. Entrambe le direttive, Presidente - riconosce la Corte -, mirano a creare le condizioni uniformi minime nell'Unione europea per riconoscere che i cittadini dei Paesi terzi contribuiscano all'economia dell'Unione europea con il loro lavoro e con i loro versamenti contributivi di imposte e a fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra cittadini di uno Stato membro e cittadini di Paesi terzi derivante dall'eventuale sfruttamento di questi ultimi e non consentono, pertanto, trattamenti differenziati.
    Questi sono gli elementi, Presidente, che ho voluto porre all'attenzione della Sottosegretaria. La Sottosegretaria sa benissimo - ha citato il caso della sicurezza sociale - che il nostro Paese, l'Italia, è stato deferito davanti alla Corte europea di giustizia e anche in quel caso per un motivo legato alla violazione del principio di non discriminazione. Anche in quest'altro caso si trattava, anche lì, di cittadini, di famiglie che vivono nel nostro Paese e si vedono esclusi dalla possibilità di accedere all'assegno unico.
    Tradotto, Presidente, siamo di fronte a una situazione di discriminazione palese. L'Italia è un Paese fondatore dell'Unione europea, l'Italia è uno dei Paesi pilastro - il nostro Paese - dell'Unione europea: la centralità del nostro Paese, l'autorevolezza del nostro Paese, la grandeur del nostro Paese è qui messa in gioco e in discussione. È messa in discussione per una scelta politica, che, da una parte, se dovessimo parlare dell'assegno unico, è una scelta politica discriminatoria sbagliata, che mette in gioco l'autorevolezza del nostro Paese, che mette in gioco la tutela del nostro Paese agli occhi non soltanto dei cittadini esclusi, ma agli occhi dei nostri partner a livello internazionale. Dall'altra parte, parliamo di una discriminazione palese se parliamo del tema delle detrazioni fiscali, anche in questo caso, per il trattamento differenziato che il Governo ha introdotto, e non lo dico soltanto io.
    Qui ho una lettera, Presidente, dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, l'ASGI, che ha proprio rivolto una lettera all'Agenzia delle entrate, mettendo in evidenza la palese situazione di trattamento differenziato. Qui vado a leggere alcune righe: “Si delinea così un vero e proprio sistema differenziato, per cui i cittadini italiani ed europei con familiari all'estero a carico potranno fruire delle detrazioni, mentre le persone con cittadinanza extra no”. Sottosegretaria, se questa non è discriminazione, cosa vogliamo dire? Sottosegretaria, se questo non è un trattamento differenziato, cosa dobbiamo dire? Qui parliamo di autorevoli giuristi che mettono in evidenza la palese discriminazione che è stata messa in atto da parte del Governo attraverso l'ultima legge di bilancio.
    Per concludere, Presidente, faccio un appello. Mi rivolgo, attraverso questo appello, alle famiglie che pagano le tasse in Italia, che lavorano nel nostro Paese, che vivono nel nostro Paese, che si vedono oggi discriminate e colpite nella loro dignità, colpite da parte di un Paese, come il nostro, che le ha accolte, che concorrono a costruire il PIL, il prodotto interno lordo del nostro Paese e, in parte, concorrono anche a pagare le nostre pensioni. Perché escluderle? Perché trattarle così? Perché discriminarle? Per quale motivo? Il motivo non c'è. Non è motivato dal punto di vista della direttiva europea, non è motivato dal punto di vista della prassi europea. Qui siamo di fronte a una scelta politica - non si sa per quale motivo e per quale ragione - per cui si è deciso di colpire una parte della cittadinanza, di lavoratrici e lavoratori che pagano le tasse nel nostro Paese, che si svegliano presto la mattina, come Francesco, come Camila, che vanno nelle fabbriche, lavorano prendendosi cura delle famiglie, colf e badanti, lavorano nei servizi, nei ristoranti, zappano la terra, consegnano il cibo e sono nei vari settori del nostro tessuto economico e lavorativo. Stesse tasse pagate, ma trattamento differenziato quando si tratta di detrazioni fiscali.
    Faccio questo ultimo appello al Governo: non fatelo semplicemente perché proviene da una voce che non fa parte del Governo o della maggioranza. In gioco non c'è qui destra o sinistra, in gioco non c'è qui bandiera politica: in gioco c'è la dignità delle persone, in gioco c'è l'autorevolezza del nostro Paese, in gioco c'è la tutela, l'immagine dell'Italia agli occhi dei nostri partner europei. Abbiamo ratificato delle direttive europee e, puntualmente, le stiamo violando, discriminando delle persone. Porterà qualche voto probabilmente, ma a rimetterci sarà sempre l'Italia.

    (Chiarimenti in ordine al coinvolgimento di alcune casse previdenziali in recenti operazioni di acquisto di pacchetti azionari di istituti bancari - n. 2-00645)

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Barzotti ed altri n. 2-00645 (Vedi l'allegato A).

    Chiedo al deputato Ferrara se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

    ANTONIO FERRARA

    ANTONIO FERRARA (M5S). No, mi riservo di intervenire in sede di replica.

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. Si riserva di intervenire in sede di replica. Allora, la Sottosegretaria di Stato, Maria Tripodi, ha facoltà di rispondere.

    MARIA TRIPODI

    MARIA TRIPODI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente, grazie agli onorevoli interroganti. In via preliminare, va evidenziato come la progressiva rilevanza delle attività di ricorso al mercato, mobiliare e immobiliare, da parte degli enti privati che gestiscono la previdenza obbligatoria ai sensi dei decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, abbia reso necessaria l'adozione di interventi di carattere normativo e amministrativo finalizzati all'organizzazione, razionalizzazione e potenziamento della relativa attività di vigilanza statale.

    I predetti enti, nell'ambito dell'autonomia gestionale, organizzativa e contabile loro riconosciuta, devono assicurare, in virtù della peculiare funzione di garanti delle prestazioni ex articolo 38 della Costituzione, il rispetto dell'equilibrio finanziario, strumentale all'assolvimento di tale funzione, privilegiando nella gestione del proprio patrimonio gli strumenti con basso grado di rischio, aventi un profilo temporale e finanziario commisurato alla struttura delle passività e perseguendo l'ottimizzazione tra rischio-rendimento del portafoglio nel suo complesso, attraverso la scelta degli strumenti migliori per qualità, liquidabilità, rendimento e livello di rischio.
    L'esercizio della vigilanza ministeriale, con particolare riferimento all'attività di investimento del patrimonio mobiliare e immobiliare degli enti previdenziali privati, si sostanzia in primis nella formulazione, d'intesa con il Ministero dell'Economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 3 del citato decreto legislativo n. 509 del 1994, di motivati rilievi sui bilanci preventivi e consuntivi, sulle note di variazione al bilancio di previsione e sui criteri di individuazione e di ripartizione del rischio nella scelta degli investimenti, così come indicati in ogni bilancio preventivo.
    Relativamente alla componente immobiliare, in particolare, sono state introdotte misure di controllo finalizzate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica. Tale norma richiede la preventiva autorizzazione, da parte delle amministrazioni vigilanti, di appositi piani triennali, contenenti le operazioni di acquisto e vendita immobiliare.
    L'attività di vigilanza è stata ulteriormente implementata per effetto delle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011, con l'attribuzione alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) del controllo sulla gestione degli investimenti finanziari dei predetti enti e sui relativi assetti patrimoniali e contabili, riconoscendo a tale Commissione, che già esercita queste competenze sulle forme pensionistiche complementari, anche i necessari poteri di ispezione.
    La COVIP svolge la propria funzione di controllo attraverso l'attribuzione di un potere di ispezione e richiesta degli atti e documenti reputati necessari alle verifiche, nonché mediante ulteriori approfondimenti su specifici ambiti di operatività finanziaria inerenti ai singoli enti, anche sulla base delle richieste formulate dai Ministeri.
    L'attività di analisi svolta sui referti annuali redatti dalla COVIP, posti in relazione ai contenuti dei bilanci contabili, quali elementi di valutazione ai fini della formulazione dei rilievi di cui all'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 509 del 1994, può condurre all'invio ai singoli enti di una nota. Tale documento può contenere, oltre alle valutazioni ministeriali, le criticità evidenziate dalla COVIP e l'invito all'adozione di eventuali azioni correttive per il loro superamento, con particolare riferimento alla revisione della regolamentazione interna, con l'invito ad adottare iniziative finalizzate a razionalizzare e coordinare i documenti previsti in materia di investimenti, ivi compresa la regolamentazione del conflitto di interessi.
    In tale contesto normativo, va ricordato che la legge di bilancio per il 2023, all'articolo 14 del citato decreto legislativo n. 509 del 1994, ha previsto che il Ministero dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e sentita la COVIP, emani un decreto per la definizione di norme di indirizzo in materia di investimento delle risorse finanziarie degli enti di diritto privato che gestiscono la previdenza obbligatoria, di conflitti di interessi e di banca depositaria, di informazione nei confronti degli iscritti nonché sugli obblighi relativamente alla governance degli investimenti e alla gestione del rischio.
    Fatta questa doverosa premessa, per quanto riguarda il coinvolgimento di taluni enti di previdenza, quali Enasarco, Enpam e Cassa forense, nelle recenti operazioni di acquisto di pacchetti azionari di importanti istituti bancari, riferito nell'interpellanza, occorre far presente che gli investimenti azionari in questione rientrano nell'ambito delle azioni poste in essere per l'implementazione della politica di investimento, adottata dai suddetti tre enti, la quale è rappresentata da una asset allocation strategica caratterizzata anche da una quota di investimenti azionari.
    Per quanto riguarda la componente domestica di tali investimenti, è utile ricordare come la composizione per settori di attività economica dell'indice della Borsa italiana sia connotata da una prevalente incidenza del settore finanziario, comprensivo anche delle banche.
    Va, tuttavia, segnalato che la normativa in materia di controllo esercitato sugli investimenti effettuati dagli enti privati di previdenza obbligatoria non contempla la possibilità di adottare iniziative di carattere regolatorio al fine di integrare la disciplina normativa e secondaria, né la possibilità di adottare interventi sanzionatori di comportamenti gestionali inadeguati, salvo le estreme previsioni della nomina di un commissario nell'ambito degli enti stessi, tesi a favorire una sana e prudente gestione e a censurare eventuali comportamenti ritenuti non conformi.
    Anche l'azione ispettiva attribuita alla COVIP, nell'ambito dell'attività di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio, non prevede la comminazione di sanzioni, e ciò in maniera asistemica anche rispetto all'attività che la stessa COVIP svolge presso i Fondi pensione. Da ultimo, preme sottolineare che, con riferimento alle operazioni finanziarie realizzate dagli enti in parola che superino soglie significative o che comportino il diritto di voto in assemblee strategiche di società quotate, le Casse di previdenza, al pari di tutti i soggetti che compiono operazioni di tal tipo, sono sottoposte alle disposizioni del decreto legislativo n. 58 del 1998 (testo unico dell'intermediazione finanziaria), in particolare nell'articolo 120, in materia di obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti, ai sensi del quale i soggetti che partecipano in una società con azioni quotate in misura superiore alle soglie previste - differenziate a seconda che si tratti di emittenti o “emittenti PMI”- sono tenuti all'obbligo di comunicazione alla Consob.
    Concludo, Presidente, ricordando che la disciplina del testo unico dell'intermediazione finanziaria prevede, inoltre, che le variazioni delle partecipazioni detenute siano oggetto di un'apposita comunicazione alla Consob: al raggiungimento di soglie particolarmente elevate, il detentore è tenuto a comunicare alla medesima autorità gli obiettivi che sta perseguendo in merito alla partecipazione.

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. Il deputato Ferrara ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Barzotti e altri n. 2-00645, di cui è cofirmatario, per 25 minuti.

    ANTONIO FERRARA

    ANTONIO FERRARA (M5S). Signor Presidente, onorevoli, Sottosegretario, in realtà, purtroppo, non sono per niente soddisfatto della risposta. Praticamente, abbiamo sentito tante leggi, nella fase iniziale della esposizione. Il discorso di tutte queste leggi, poi, va contro quello che è stato detto a seguire.

    Quindi, da una parte, si dice che ci sono leggi in cui c'è vigilanza statale, rispetto finanziario, rischio di rendimento, criteri di individuazione dei rischi, verifica dei saldi strutturali, vigilanza fondi pensioni, il COVIP che controlla e ispeziona, adozione di azioni corrette e conflitti di interesse; tutta questa parte legislativa va in conflitto con quanto detto, invece, per quanto riguarda le Casse in questione. Quindi, c'è un controllo, ma non è regolamentato, si mette, nel caso, un commissario, il COVIP che controlla, ma non fa sanzioni, e le soglie ci sono: 58 e 98, però, in questo caso non ci sono. Quindi, la disciplina prevede le comunicazioni con la Consob in relazione alle soglie e ai movimenti di soldi che ci sono. Adesso, la domanda vera è: ma attorno a Monte dei Paschi di Siena, le operazioni, risposte, omissioni non possono essere liquidate come una routine finanziaria? Questa, invece, è un'opera di politica finanziaria, un risiko bancario, dove i soldi pubblici diventano pedine e la politica con la “P” maiuscola restituisce un'ombra, se non un mausoleo di trasparenza e di etica.
    Il Ministro Giorgetti ha ripetuto più volte, anche davanti al Copasir, che l'operazione del 15 per cento di MPS è stata condotta con assoluta correttezza. Peccato che esistano indagini aperte, a Milano e in Europa, proprio per le modalità, tempistiche e l'esclusione di investitori prestigiosi come UniCredit, BlackRock, Norges Bank e altri.
    Quindi, la Commissione ha ufficialmente annunciato di voler approfondire, perché gli attori esclusi hanno formalmente lamentato limitazioni. Allora, mi chiedo: ma quando l'indagine è aperta, la correttezza assoluta diventa una scusa per azzerare le critiche oppure è la versione soft del tipo: “abbiamo fatto un pasticcio, ma ve lo spiegheremo tra qualche mese”? Abbiamo sentito tanto parlare di golden power. Lo Stato può intervenire per proteggere la sicurezza nazionale, non lasciare tutto al mercato. Peccato che, quando si tratta dell'OPA di UniCredit su Banco BPM, il golden power è stato attivato. Quando è venuto il turno di MPS su Mediobanca nulla da segnalare, nessun intervento.
    Quindi, Sottosegretario, il telecomando funziona con intermittenza o solo quando c'è da inchiodare i cattivi esterni, non i nostri? Chi decide se un'operazione è strategica o no? Pare che lo decidano faccendieri, amici, lobby e non certo un criterio di trasparenza. La BCE ha dato l'ok: nulla di fatto, nulla di scandaloso. Ma nessun tetto minimo - come dice in precedenza il suo intervento - che ci deve essere, nessun divieto di presidio azionario successivo, nessun margine politico concedibile. Insomma, autorizzazioni a norma, ma senza ostacoli. Va bene, è il business. Ma è accettabile che una banca strategica come MPS, con lo Stato ancora socio, conti meno di un operatore privato? Il mercato dice: sì! Un mercato nella testa dei padroni. Il Tesoro, e quindi il MEF, giura che il management decide in autonomia. Certo, grazie. Solo che con l'11 per cento del pacchetto ancora del Tesoro, se il management fosse completamente autonomo, chi ha deciso i tempi, i numeri e le condizioni del collocamento del 18 aprile? Se MPS fa utili e valorizza le casse dello Stato, perché le indagini? Perché i magistrati a Milano?
    Ci sono due opzioni: o siete talmente scarsi da non sapere quello che fanno i vostri azionisti, oppure siete spudoratamente convenienti e servili. Giorgetti ha poi sottolineato che sono operazioni di carta: nessuno ha messo dei soldi reali. Eccolo là, la finanza metafisica. Mi immagino le carte, quelle di Totò o di Alice nel paese delle meraviglie: carta, non denaro reale.
    In realtà sono i lavoratori, i pensionati e i cittadini che stanno cedendo potere d'acquisto, diritti e fiducia perché il valore di quelle carte non è astratto, ma ha riflessi in pensioni, prestiti, mutui. Non possiamo tacere su un nodo cruciale: Enasarco, ENPAM e Cassa forense, Casse che dovrebbero proteggere il risparmio, ora si ritrovano azionisti servili e usano i soldi dei cittadini come collaterale per una manovra speculativa. Non parliamo di poche briciole: si stima che le coperture legate a MPS siano nell'ordine di 20 miliardi di euro provenienti dai contributi tracciati dei cittadini. Tranquilli! La finanza lo chiama leverage, noi lo chiamiamo rischio, rischio sulle pensioni con la scusa della stabilità.
    Ci è stato detto che la decisione delle Casse si basa su una valutazione di mercato, ovvero prezzo di acquisto e valore di borsa dei titoli. Questo approccio però è inaccettabile. In realtà esclude completamente una valutazione strutturata rischio-rendimento, in violazione dei fondamentali obblighi di trasparenza, prudenza e neutralità che dovrebbero guidare queste Casse. Non si tratta di investimenti passivi del portafoglio, ma posizionamenti volti a influenzare scelte strategiche di banche quotate. ENPAM non ha comprato qualche azione utile, ha acquistato quote significative in Mediobanca. Enasarco e Cassa forense hanno preso posizioni analoghe per il Banco BPM. Qui non c'è neutralità, ma l'intervento strategico con l'obiettivo di pilotare decisioni aziendali in evidente contrasto con lo spirito delle norme di riferimento.
    Stiamo assistendo a qualcosa di diverso e molto preoccupante: le Casse si comportano come holding di investimento, non come presidi previdenziali. Il MEF non ha risposto a nessuna delle nostre domande puntuali, nessun dettaglio sui pacchetti azionari acquistati, nessuna motivazione trasparente. Eppure, queste Casse sono state già coinvolte in operazioni opache e ad alto rischio nel passato. Il risultato? Un blocco di potere economico, politico e mediatico con in testa le famiglie di Caltagirone e Del Vecchio appoggiate da azioni bancarie provenienti da risparmi previdenziali. Così diventa realtà lo scenario MPS: conquista Mediobanca, favorito dal sistema che il Governo dirige dietro le quinte. Una manovra che non ha nulla a che fare con l'economia reale, ma ha solo mire di potere e accreditamento personale presso club elitari.
    La copertura di 20 miliardi di euro, derivanti da contributi obbligatori degli iscritti, è stata messa a rischio in questa operazione. È un gioco a leve, leverage, dice la finanza; scommessa spericolata, diciamo noi. E cosa succede se la bolla scoppia? Chi tutela le pensioni future?
    Il Governo è complice: dalle Commissioni ministeriali alle stanze di Palazzo, nulla è avvenuto per caso. Il Governo Meloni non è spettatore neutrale, è complice di questo piano di potere: da una parte, slogan per difendere l'operazione come “normale manovra di mercato”, e, dall'altra, strumentale del golden power contro Unicredit e il silenzio su MPS (doppio standard evidente).
    Non si possono difendere queste operazioni con qualche comparsata in Aula. Basta retorica! Chiediamo un'indagine conoscitiva urgente e un ciclo di audizioni, non solo su MPS e Mediobanca, ma su tutte le operazioni bancarie rientrate nel risiko, su cui pendono due interrogazioni parlamentari rimaste senza risposta, 54 alla Consob e un'inchiesta aperta dalla procura di Milano.
    Questa non è economia, è brama di potere. Questo non può passare inosservato. Non è un'economia che rispetta i cittadini, è la brama di potere di una Presidenza del Consiglio che cerca consenso nei circoli e negli ambienti delle élite, anche a costo di distruggere la fiducia nel sistema bancario nazionale. Chiediamo un'indagine conoscitiva urgente in VI Commissione (Finanze) con audizioni pubbliche. Chiediamo chiarimenti su parametri di rischio, soglie economiche e modalità operative adottate dalle Casse; la messa in sicurezza dei 20 miliardi finora utilizzati, con vincoli, tetti e revisione preventiva; dichiarazioni vincolanti dal Governo, il golden power va sempre in coerenza con logiche e interesse nazionale, non va usato a favore dei potenti privati; verifica dell'interferenza dell'Esecutivo nella scalata e possibili sanzioni se emerge un disegno politico dietro a queste operazioni finanziarie.
    Opacità e magistratura: lo Stato che indaga sé stesso. Ma la cosa grottesca arriva ora: mentre il MEF canta l'opera della trasparenza, la magistratura, la procura di Milano - e procura europea - è impegnata in indagini sul conflitto d'interessi: esclusioni ingiustificate, modus operandi poco limpidi. Pensateci, lo Stato afferma che è tutto corretto e lineare e la magistratura va a cercare nei faldoni. È come dire: “non ho rubato niente”. E noi dovremmo credere alla parola altrui?
    In conclusione, questo non è un Governo del fare, ma un Governo del fare per gli amici. Un Governo che usa il golden power se gli conviene, non per proteggere lo Stato ma per proteggere gli amici. Difende un operato come se fosse un'opera di fantasisti, perché a chi indaga risponde: “siamo tranquilli”. E attende risposte dalla magistratura, come se fosse in vacanze estive: “poi vediamo”. E distribuisce poi poltrone e pacchetti azionari come se fossero caramelle dopo la messa. Allora, ve lo dico con chiarezza: Governo del fare, ma per chi? Per gli amici o per i cittadini? Il rischio non è che vincano i pezzi piccoli, il rischio è che chi investe perda la fiducia.
    Non vogliamo parole, vogliamo fatti; non vogliamo un sobrio tecnicismo, vogliamo responsabilità politica e salvaguardia dei cittadini. Altrimenti questo sarà ricordato come il Governo del fare… favoritismi (Applausi della deputata D'Orso).

    (Iniziative di competenza volte a garantire l'accessibilità, in termini di costi e posti disponibili, dei centri estivi durante il periodo di chiusura dell'anno scolastico - n. 2-00646)

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente D'Orso ed altri n. 2-00646 (Vedi l'allegato A).

    Chiedo alla deputata D'Orso se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

    VALENTINA D'ORSO

    VALENTINA D'ORSO (M5S). Sì, grazie, Presidente. Ci tengo ad illustrare l'interpellanza perché vorrei provare a fare oggi una sorta di bagno di realtà in quest'Aula.

    Allora, facciamo uno sforzo: proviamo ad immedesimarci, quindi a metterci nei panni di una tipica famiglia italiana, con genitori che lavorano e con uno o due bambini, ad esempio. E magari sono coppie che non hanno più genitori, parenti che possano dare una mano nella gestione familiare, magari perché - come accade a tante coppie della mia terra (io sono siciliana, sono di Palermo) - sono state costrette per cercare lavoro a volar su al Nord, a Milano, quindi in Lombardia, in Piemonte, in Emilia-Romagna.
    Ecco, mettiamoci nei panni di queste famiglie e mettiamoci nei panni di queste famiglie che, approssimandosi il mese di giugno, cominciano probabilmente ad entrare un po' in affanno, un po' in ansia, perché sanno che devono fare i conti con una riorganizzazione familiare, quindi della vita familiare, perché l'ordinaria routine familiare verrà sconvolta da un accadimento che poi è un accadimento altrettanto ordinario, ossia la chiusura delle scuole, dell'anno scolastico. In quel momento si pone il tema di riorganizzare soprattutto il tempo da far trascorrere ai bambini o ai ragazzi, insomma ai preadolescenti, ad esempio.
    C'è una soluzione che è stata negli ultimi anni in qualche modo indicata, quella dei centri estivi. I centri estivi sono una soluzione indispensabile per questo tipo di famiglie, che sono veramente tante, soltanto che ci sono due modalità di gestione dei centri estivi. Ci sono dei centri estivi potremmo dire pubblici, che poi, però - dovremmo spiegarlo meglio - sono in realtà sostenuti da risorse pubbliche, e quindi si sobbarcano in tutto, ma più spesso soltanto in parte, i costi. E poi ci sono, invece, quelli più diffusi capillarmente nel territorio, che sono centri estivi afferenti a strutture private, che scaricano quindi completamente i costi, che ora vedremo sono diventati ormai proibitivi, sulle famiglie, quindi sulla loro utenza.
    Ma mi vorrei soffermare, innanzitutto, anche sui centri comunali, sui centri estivi comunali o comunque sostenuti da risorse pubbliche. Ebbene, lo stanziamento previsto dal Governo per il 2025, è conclamato, è insufficiente. Le risorse messe in campo per questo genere di finalità sono insufficienti. Lo dicono le associazioni dei genitori, ma lo dicono anche le famiglie stesse, coloro che ci scrivono, coloro che ci contattano per segnalare il problema; segnalare il problema che queste risorse hanno fatto mettere in campo posti limitatissimi. Quindi ci sono pochi posti rispetto alla domanda che c'è.
    E vi dico di più: di solito questi centri estivi pubblici sono giustamente e correttamente destinati con priorità alle fasce più deboli della popolazione, a coloro che hanno un ISEE al di sotto dei 10.000 euro, perché quella è la soglia per le varie prestazioni sociali. Ora, non siamo stati, non siete stati anzi - perché noi non abbiamo alcuna responsabilità in questo, perché le ultime leggi di bilancio sono tutte targate Governo Meloni - neanche in grado di prevedere neppure il fabbisogno per quella platea. Lo comprendo che avete fatto galoppare la povertà praticamente in questi anni, perché parliamo di oltre 5,5 milioni, quasi 6 milioni di famiglie in povertà assoluta.
    Quindi sarebbero quella platea cui prioritariamente, giustamente, sono dedicate le attività dei centri estivi comunali. Ma, pur sapendo questo dato e sapendo che questo dato è conseguenza di scelte di questa maggioranza, non siete stati neanche in grado di mettere in campo risorse sufficienti a coprire quel tipo di fabbisogno, perché non ci sono i posti per tutti coloro che hanno i requisiti per quel tipo di struttura. Questo per parlare dei centri gestiti dai comuni, e, tra l'altro, vi rimetto, vi restituisco anche una criticità che porto, e questa volta è la voce, potremmo dire, dei comuni. C'è anche una tardività nello svolgimento di tutte le procedure relative all'erogazione di questi finanziamenti verso i comuni, che poi sono quelli che diventano interlocutori con gli enti del Terzo settore che devono andare poi, materialmente, a svolgere il cosiddetto “tempo d'estate”.
    Perché dico tardività? Perché non vi sarà sfuggito che l'elenco definitivo dei comuni beneficiari dell'assegnazione di queste risorse è stato pubblicato il 17 giugno dal Dipartimento per le politiche della famiglia. Ora, il 17 giugno già siamo un po' avanti rispetto all'organizzazione che uno si deve dare, non solo l'organizzazione delle famiglie, ma anche l'organizzazione dei comuni, perché, da quel momento in poi, i comuni sono messi nella possibilità, e solo da quel momento, di poter fare i bandi.
    Quelli di cui parlo sono, prevalentemente, quasi tutti comuni che non sono in grado di anticipare quelle risorse per questo tipo di finalità, perché voi avete anche fatto dei tagli ai comuni, e quindi dei tagli delle risorse ai comuni, per cui i comuni in pancia non hanno risorse da poter approntare per questa finalità, perché hanno chiaramente altri impegni di spesa. E quindi cosa succede? Succede che ancora noi siamo con molti comuni con bandi aperti. E oggi quanto ne abbiamo? Siamo a fine giugno, ce lo possiamo dire, e quindi già abbiamo perso quasi un mese senza dare risposte alle famiglie, peraltro solamente a quella platea di famiglie che ho detto prima.
    Non solo, vi dico di più. Se uno va a leggere, non è che c'è stato ancora il vero e proprio trasferimento di quelle risorse nei confronti dei comuni. C'è l'impegno, che siamo tutti certi che verrà rispettato da parte del Governo, di trasferire le risorse ai comuni assegnatari. Però cosa succede? Che i comuni, che sono quasi tutti, che non hanno possibilità di anticipare agli enti del Terzo settore quelle risorse, sono costretti, per esempio - perché ho un esempio in mano - a dire: “Il presente avviso non impegna il comune nei confronti dei soggetti proponenti” - proponenti la manifestazione d'interesse, cioè gli enti del Terzo settore - “considerato che l'importo previsto per la realizzazione dei centri estivi è subordinato all'effettiva assegnazione ed erogazione delle somme da parte del Ministero competente”.
    Quindi, noi abbiamo questo scenario. Ora, che appetibilità può avere per un ente del Terzo settore un bando in cui si è costretti a dire questa cosa? Se gli enti del Terzo settore hanno le forze per sostenere fino a dicembre, perché poi la prospettiva è che il pagamento vero e proprio possa arrivare a dicembre. Ci sono enti del Terzo settore che - non so quali però, vorrei anche una rassicurazione su questo - hanno forse la capacità, la disponibilità di risorse per anticipare tutto questo; quindi fare a proprie spese, perché di questo si tratta, il tempo d'estate per il mese di giugno, per il mese di luglio, per il mese di agosto.
    Ma ci sono enti del Terzo settore - e, ripeto, torno a parlare ad esempio della mia terra, insomma io sono siciliana, quello è - che possono avere difficoltà ad imbarcarsi nella gestione, se uno è serio, di attività che poi sono sempre attività delicate, perché noi parliamo di attività non solo ricreative, ma anche educative. Parliamo di attività che devono vedere la presenza necessaria di educatori socio-pedagogici, di pedagogisti, quindi anche di personale qualificato che debba essere messo in campo dai vari enti del Terzo settore che si propongono per questo genere di iniziative e di attività. E questo è come funzionano i centri estivi comunali e le criticità.
    Ma abbiamo tutto un altro scenario apocalittico, permettetemi di dirmi, che sono i centri e le strutture private. Apocalittico perché? Nulla quaestio per la qualità, chiaramente, delle strutture private, ma i costi sono inaccessibili per la maggior parte delle famiglie italiane, perché noi parliamo del fatto che, ad esempio, abbiamo che per una famiglia l'estate può costare oltre 3.000 euro, tariffe che oscillano tra i 150 e i 250 euro a settimana per bambino, fino a toccare 350 euro nelle metropoli.
    Vi faccio un esempio, torno a dire di nuovo, nella mia città, che poi mi fa specie: in un mese una retta mensile tocca i 550 euro. E allora noi abbiamo famiglie che si chiedono, perché quello praticamente è: pago la rata del mutuo nel mese di luglio o pago la retta per il centro estivo? Pago l'affitto, il canone d'affitto nel mese di luglio, nel mese di agosto, o arretro e pago la retta dei centri estivi? E vi dico di più: prendo l'intero stipendio e pago una babysitter, cioè per far godere praticamente del tempo con mia figlia o mio figlio alla babysitter al posto mio?
    Questo è il dilemma della maggior parte delle donne in questo momento nel Paese: il paradosso, il corto circuito di prendere il proprio stipendio mensile ed andarlo a devolvere, praticamente per intero, ad un altro soggetto per passare il tempo con il proprio figlio, la propria figlia. Ed è - guardate - un bel paradosso che alimenta anche - lo voglio dire, perché lo sento dire e perché ho il polso della situazione - sensi di colpa che, oggi come oggi, non dovrebbero esistere nelle donne che lavorano, non dovrebbero proprio esistere.
    Concludo. Ho veramente profonda stima per tutti, per papà e per mamme che in questo periodo diventano per me funamboli. Vedo quest'immagine, Sottosegretaria, vediamo se la condivide con me: li vedo in equilibrio su una corda, e se mettono il piede in fallo per una minima distrazione o non si fanno bene i conti in tasca sono destinati a cadere, sono destinati a volare giù da quella corda, perché la coperta è corta anche nel bilancio familiare, signora Sottosegretaria, non soltanto in altri bilanci, anche e soprattutto nei bilanci di una famiglia media italiana, che o paga il mutuo o paga la retta del campo estivo, o paga il canone di locazione o paga la retta del campo estivo. Questo è.
    Allora, veramente con il cuore in mano, perché non rappresento me stessa - non sono neanche mamma, quindi, ho raccolto tutte le testimonianze che ci sono pervenute con e-mail, ma anche le testimonianze di chi ho intorno, perché comunque una cosa la faccio: mi guardo attorno, chiedo, mi informo, osservo -, chiedo, non per me personalmente, ma, a maggior ragione, per tutte quelle donne che ci hanno scritto e segnalato questa cosa: cosa intende fare, ma in modo urgente, il Governo per far fronte a tutto questo? Che risposta vogliamo dare a queste famiglie?

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato, Maria Tripodi, ha facoltà di rispondere.

    MARIA TRIPODI

    MARIA TRIPODI, Sottosegretaria di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente, e grazie anche all'onorevole interrogante, perché questo quesito consente al Governo di ricordare il grande impegno profuso in maniera costante non solo a sostegno delle famiglie, della conciliazione vita-lavoro, del benessere dei bambini e dei ragazzi, ma anche, nello specifico, per mettere a disposizione dei minori occasioni formative e ricreative nel periodo estivo, aiutando, allo stesso tempo, i genitori che lavorano a organizzarsi nel periodo di interruzione dell'attività scolastica ordinaria.

    Questo Governo, in particolare attraverso il Ministro per la Famiglia, ha stanziato con continuità ogni anno la somma di 60 milioni di euro, a fronte dei 58 erogati dall'esecutivo precedente che vedeva nella compagine di maggioranza il gruppo di appartenenza dell'onorevole interrogante; non lo dico, Presidente, per polemica politica, ma per amor di verità.
    I fondi vengono erogati ai comuni che ne fanno esplicita richiesta, seguendo un criterio di proporzionalità basato sulla popolazione minorenne presente sul loro territorio, ovvero la fascia di età compresa tra 0 e 17 anni. E, come avveniva con il Governo precedente, in ossequio al principio di sussidiarietà, è attribuita alle amministrazioni comunali la prerogativa esclusiva di individuare e definire autonomamente i criteri specifici di organizzazione dei servizi e di impiego e ripartizione delle risorse.
    È evidente, infatti, che ciascun contesto locale presenta peculiarità e differenti esigenze, che possono variare molto a seconda di parametri, come l'ampiezza del comune, la distribuzione della popolazione, la conformazione del territorio, le caratteristiche orografiche, la maggiore o minore vicinanza ad altri centri.
    Le opportunità offerte ai minori e alle loro famiglie per il periodo estivo non si esauriscono, tuttavia, con il finanziamento ai comuni - che ho precedentemente citato - per l'attivazione dei centri, il quale - mi fa piacere sottolinearlo - è stato accompagnato dall'esplicita soddisfazione dell'ANCI. Il Ministero dell'Istruzione e del merito, infatti, ha stanziato 400 milioni per il “Piano estate”, per finanziare progetti e attività formative nelle fasi di sospensione estiva degli anni scolastici 2023-2024 e 2024-2025.
    Il relativo avviso è rivolto a tutte le istituzioni scolastiche statali e paritarie non commerciali del primo e del secondo ciclo di istruzione, per progetti di rafforzamento e potenziamento delle competenze, comprese quelle digitali, nonché per l'inclusione di studenti con fragilità e per attività sportive, teatrali e, più in generale, iniziative che favoriscano l'aggregazione, l'inclusione, la socialità, l'accoglienza e la vita di gruppo e che consentano l'apertura delle scuole anche oltre l'orario scolastico.
    Le attività possono essere realizzate dalle scuole singolarmente o anche in rete tra di loro. Da un monitoraggio svolto è emerso che sono stati attivati oltre 36.000 moduli e coinvolti quasi 700.000 studenti. Inoltre, per garantire la massima partecipazione delle scuole, il Ministero ha stanziato ulteriori 150 milioni di euro per l'adesione degli istituti che non avevano partecipato al precedente bando o che vogliono potenziare le attività già programmate nel periodo estivo. Al riguardo, è stato pubblicato un avviso rivolto alle studentesse e agli studenti delle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione iscritti agli anni scolastici 2024-2025 e 2025-2026.
    A ulteriore conferma della grande attenzione del Governo non solo per l'offerta di attività a disposizione dei minori e delle famiglie, ma anche per la loro sostenibilità economica - più volte richiamata nell'interrogazione da parte dell'onorevole interrogante -, ricordiamo, infine, che è stato aumentato anche il rimborso per le rette dei nidi, fino a renderlo superiore alla media nazionale calcolata dall'INPS.

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. La deputata D'Orso ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza. Ha dieci minuti, onorevole.

    VALENTINA D'ORSO

    VALENTINA D'ORSO (M5S). Grazie, Presidente. No, non sono soddisfatta per un motivo semplice. Anch'io, per amore di verità, vorrei dare numeri un po' diversi rispetto a quelli che ho sentito dalla Sottosegretaria, perché ho davanti l'articolo 63 del decreto-legge n. 73 del 25 maggio 2021, ad esempio, dove si parla proprio del Fondo per le politiche della famiglia destinato al finanziamento delle iniziative dei comuni da attuare nel periodo 1° giugno-31 dicembre 2021 - all'epoca anche in collaborazione con enti pubblici e privati - di potenziamento dei centri estivi e, per questo, per le finalità di cui ai commi precedenti, il Fondo è incrementato di 135 milioni di euro per l'anno 2021.

    Ma c'è di più: nel decreto Rilancio del 2020, con cui si è istituita questa quota di riserva del Fondo per le politiche della famiglia esclusivamente destinato al potenziamento dei centri estivi, si mettevano 150 milioni di euro. Quindi non ho compreso esattamente da dove la Sottosegretaria abbia ricavato i 58 milioni di euro, cioè faccio fatica - attenzione - a leggere i numeri, perché stiamo parlando di quella quota di risorse destinate esattamente a questo, a valere sul Fondo per le politiche della famiglia, quindi non altre quote, magari dello stesso fondo però destinate ad altro. Ripeto, ho una pezza d'appoggio qua ed eventualmente la fornisco; questo è un po' per fare anche alcune precisazioni, un'operazione di maggiore accortezza e verità.
    Il punto è questo, però; dobbiamo tenere in considerazione tutto uno scenario che si sta, purtroppo, delineando, ossia che le famiglie sono costrette a fare i conti con un'inflazione galoppante e con salari più bassi d'Europa, perché questo è; sono costrette a fare i conti, soprattutto le donne, con la difficoltà di mantenere un'occupazione o con la difficoltà di cercare, trovare e mantenere una occupazione proprio in quel periodo che corrisponde all'età in cui si hanno figli, si hanno carichi - potremmo dire - di cura rispetto alla vita familiare. Infatti, c'è un rapporto del CNEL e dell'Istat che ci racconta proprio questo: l'occupazione femminile è al palo proprio per le donne tra i 25 e i 34 anni.
    Perché sto facendo un ragionamento più ampio e più complessivo? Perché credo che le risposte debbano essere di natura strutturale, di natura generale e di contesto per aiutare le famiglie.
    Le risposte, quindi, dovrebbero essere, lo diciamo sempre: l'adeguamento di tutto quello che si va a prevedere, ad erogare nei confronti delle famiglie, e, quindi, l'adeguamento rispetto ai tassi di inflazione; altrimenti avremmo costi che aumenterebbero e il potere di acquisto delle famiglie non aumenterebbe in misura corrispondente. E, soprattutto, dovremmo fare un ragionamento sulla necessità, anche in questo caso, di un salario minimo legale; dovremmo fare un ragionamento sul congedo parentale più esteso, ma soprattutto paritario tra padre e madre, perché solo così si ripartirebbero gli adempimenti, i compiti di cura. Dovremmo fare i conti con tutto questo, con le priorità che un Governo e un Paese si devono dare, perché le risorse che ci sono devono essere spese bene, devono essere spese per le priorità dei nostri cittadini e delle nostre cittadine.
    Quella che ho ascoltato è una risposta che faccio fatica ad incassare, perché, in realtà, la verità è un'altra. La verità è che noi, nelle prossime leggi di bilancio, avremo difficoltà enormi nel finanziare il welfare di questo Paese. E avremo delle difficoltà perché la Presidente Meloni ha sottoscritto il Patto di stabilità e crescita per i prossimi sette anni, che ci impone impegni e vincoli a tagliare 13 miliardi di euro all'anno. E da dove li taglieremo? Da dove li taglieremo se non dal welfare? Perché quello è, lo sappiamo! Poi la chicca che si è consumata ieri, cioè il disastro più totale, che è quello di avere messo nero su bianco, di aver sottoscritto un impegno del 5 per cento in spese militari, che, secondo i calcoli che hanno fatto studi indipendenti, vuole dire 450 miliardi di euro, spalmati in dieci anni - per carità -, ma 450 miliardi di euro sono 15 leggi di bilancio tutte insieme! Questo mi preoccupa: mi preoccupa che il Paese praticamente sta crollando, che praticamente state ammazzando il welfare, che oggi parliamo e ci arrabattiamo sui centri estivi, ma domani i centri estivi scompariranno dalla faccia della terra perché non ci sarà modo di mettere in campo proprio nulla. Ditemi voi questi 450 miliardi di euro, da qui al 2035, dove li dovete trovare? Ripeto: dove li dovete trovare? Raccontiamo ai cittadini le cose per bene, raccontiamo che la previsione è il disastro totale, facciamo un'operazione di verità in quest'Aula (Applausi del deputato Ferrara).

    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

  • Ordine del giorno della prossima seduta.
    PRESIDENTE (ASCANI Anna)

    PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

    Lunedì 30 giugno 2025 - Ore 11,30:
    1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
    S. 1485 - Conversione in legge del decreto-legge 12 maggio 2025, n. 68, recante differimento del termine di cui all'articolo 21, comma 2, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, in materia di responsabilità erariale (Approvato dal Senato). (C. 2461)
    Relatori: IEZZI, per la I Commissione; PULCIANI, per la II Commissione.

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